14: segreto di due segreto di Dio, segreto di tre segreto di tutti

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Per la prima volta in quattro anni di servizio, Mintha si svegliò, ricordò che era mercoledì e non ebbe alcuna voglia di andare alla riunione del club.

Era la prima volta, in assoluto: anche nei momenti più bui, quando gli scherzi erano all'ordine del giorno e la sua pazienza ai minimi storici, Mint aveva trovato dentro di sé la forza di gestire il suo piccolo ma prezioso club. In quel momento invece, con gli occhi aperti a fissare il soffitto verde della sua camera, avrebbe voluto semplicemente tornare a dormire e dimenticare ogni impegno.

Erano stati giorni molto pesanti quelli appena trascorsi: non aveva fatto altro che pensare al cadavere nello spogliatoio delle cheerleader e a un certo punto aveva avuto la sensazione che tutti fossero in grado di leggerle nella mente e capire ciò che era successo. La persona che puntualmente rendeva verosimile quel pensiero era Vic: il suo sguardo sospettoso e guardingo non la abbandonava mai, rendendola nervosa e perennemente in allarme.

Mint lo conosceva a sufficienza per essere certa che avesse annusato la puzza – mai termine fu più azzeccato – del suo segreto e che non avrebbe mollato l'osso per nessun motivo al mondo.

Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto fare. Era passata quasi una settimana dal fattaccio, compresi i giorni del fine settimana. Non aveva cercato nessuna informazione in internet, per paura di dar future prove alla polizia, ma la biologia di base e una sana dose di serie tv crime erano più che sufficienti per ricordarle che un corpo morto, prima o poi, avrebbe iniziato a decomporsi. Chissà in quanto tempo l'avrebbe fatto? Non aveva abbastanza conoscenze per prevedere come l'umidità e lo schifo del bagno delle cheerleader avrebbero influenzato la marcescenza di quel corpo, ma le previsioni non erano per niente positive.

Alzarsi e andare a scuola erano stati passi lenti e dolorosi, anche se Bolek le aveva lasciato dei pancake ancora caldi e una tazza di tè già pronta. Ancora più dolorosamente si era trascinata lungo la giornata, fino al pomeriggio, sempre con lo sguardo sospettoso del migliore amico puntato sulla schiena e le orecchie ben ritte, come se fossero pronte a captare il minaccioso suono delle sirene della polizia.

Mintha sapeva di essere seduta su una mina antiuomo già attivata. Non aveva dubbi che prima o poi sarebbe esplosa: gli unici due interrogativi erano il quando e il come sarebbe successo.

"Hai preparato il Power Point per oggi?".

La voce di Vic, con quella particolare e sotterranea vena polemica, fece breccia tra le immagini di mine che scoppiavano e manette che si chiudevano con sinistri scricchiolii ai suoi polsi. Mintha alzò gli occhi dal suo pranzo – non era andata meglio del solito, a vedere che pasta aveva nel vassoio – e incrociò gli occhi a mandorla del suo amico. Si strinse rapidamente nelle spalle, riempiendosi la bocca con una nuova forchettata di penne scotte e scondite.

"Sì".

"Quando?".

"Ieri sera".

"Quante slide?".

Erano quattro slide di cui non aveva minimamente curato la forma, ma Mint decise che poteva esagerare per il bene della quiete comune. "Dieci".

"Sono poche".

"Se vuoi possiamo...".

"Non capisco perché tu non ti stia impegnando come al solito" la zittì Vic. "Forse mi hai davvero scambiato per uno degli scimmioni che gigioneggiano per la scuola, come se davvero non fossi in grado di capire che ti passa per la testa".

Mint pregò che dal suo viso non si comprendesse quanto fosse sul punto di rimettere la colazione e quel poco pranzo che aveva ingollato a fatica. Accennò un sorriso e mormorò: "Sono sempre più preoccupata".

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