Capitolo 6

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Mikasa era seduta sul divano con davanti il cellulare e il bigliettino con il numero di Arima.

-Io non dico che non ti devi mescolare con gli esseri umani, sarebbe meglio se lo facessi! Però devi stare attenta, sarebbe un peccato se un mio dipendente morisse!-

Prese il telefono decisa a registrare come minimo quel numero. Eseguì l'operazione con le mani che le sudavano e aveva il dito vicino alla cornetta verde per avviare la chiamata. -Magari è a lavoro- disse al silenzio. -Ma cosa mi costa fare un semplice squillo?- Indugiò qualche altro secondo e poi premette quel dannato pulsante portandosi il telefono all'orecchio. Uno, due squilli, con l'aumentare di questi aumentava anche l'ansia di Mikasa. -Ecco, forse era meglio se...- -Pronto?- La ragazza arrossì e balbetto qualcosa, poi, dopo un bel respiro, disse: -Ehm, ciao! Sono Mikasa, quella imbranata che...- -...che fa un ottimo caffè.- la interruppe lui. La viola già si immaginava il suo sorrisetto divertito e arrossì ancora toccandosi le guance bollenti con le mani gelide. -Ecco...- cominciò, ma non sapeva cosa dire. Per fortuna lui gli venne in aiuto: -Possiamo prenderci un caffè insieme uno di questi giorni. Quand'è che non lavori?- Mikasa annuì al nulla e si incoraggiò mentalmente: -Certo! Ehm, domani lavoro solo la sera, quindi...- Lui rispose: -Perfetto. Che ne dici dell'ora di pranzo?- -Perfetto!- Sentì un verso tipo una piccola risata trattenuta e gli venne da sorridere mentre ascoltava il saluto di Arima: -Allora a domani.- -A domani, Arima-san!- disse e chiuse la chiamata. Si portò il telefono al petto sorridendo come un ebete, ma era felice. Era questa la felicità? Sentirsi come se si camminasse a dieci metri da terra, come se tutto il brutto della vita fosse sparito, sentirsi felici?
Si alzò e si mise una tuta blu per andare a correre. Come al solito trovò Koori fuori casa sua che guardava scandalizzato un ragazzo che, in maniera abbastanza spudorata, ci stava provando con lui. Mikasa annusò l'aria, c'era odore di ghoul. Forse il ragazzo vicino a Koori... -Koori-senpai, attento!- urlò scendendo velocemente i gradini. Il ghoul sorrise malefico e mostrò i suoi malefici occhi da ghoul. Mikasa era pronta a mostrare la sua vera natura pur di difendere Koori, ma si fermò appena vide il suo amico assestare un bel calcio dove non batte il sole al ghoul, cacciare un coltello in acciaio quinque e conficcarlo prima in un occhio e poi nella bocca aperta tagliando la lingua, la quale cadde silenziosamente a terra. Infine lo sgozzò lasciando cadere a terra quel corpo ormai senza vita. -Peccato, era un bel ragazzo- sbuffò. Mikasa aveva gli occhi sgranati: sapeva che Koori era un investigatore, ma si era mosso con una rapidità a precisione davvero impressionanti! Non aveva paura, finché la sua copertura reggeva non c'erano problemi, ma doveva ammettere che Koori era un pericolo ambulante per i ghoul. -Scusa- disse Koori abbassando lo sguardo. Mikasa scosse la testa: -Tranquillo, sono più che felice che tu stia bene! Vuoi darti una pulita dentro?- Lui era tutto sporco di sangue, così annuì e seguì la ragazza all'interno dell'appartamento di quest'ultima.
Mikasa indicò il bagno a Koori e si mise in cucina a preparare due caffè. Ripensò a com'era pronta a buttare all'aria tutto pur di difendere Koori, ma la domanda che la tormentava era: poi, scoperta la verità, lui l'avrebbe uccisa? Koori ce l'aveva a morte con i ghoul perché essi continuavano a strappargli via persone che considerava compagni, ma sarebbe stato disposto ad aprire un po' la mente ad un altro tipo di ghoul? I ghoul non erano tutti uguali e Mikasa era convinta che nel profondo Koori lo sapesse, ma non voleva accettarlo. Chissà se anche lui si chiedeva se quello faceva era giusto!?
-Scusa...- Si girò e vide Koori con uno sguardo malinconico, come se stesse pensando al passato. Aveva ancora un po' di sangue sul viso e Mikasa si avvicinò a lui pulendoglielo con un fazzoletto di stoffa nero dai ricami bianchi, cimelio della sua famiglia. -Andando in bagno, dalla porta aperta della tua stanza, ho visto una foto. Non voglio sembrare un ficcanaso, ma quella nello foto eri tu da piccola?- chiese Koori. Lei annuì e mise giù il fazzoletto: -Sì, con il mio cane. Si chiamava...- -...Caspar- la interruppe lui. Lei allo guardò incredula: -Come fai a saperlo?- Koori fece qualche passo indietro e rivolse il suo sguardo malinconico alla finestra della piccola cucina: -Mikasa Hijima è come ti fai chiamare adesso?- La ragazza non capiva, lo guardava interrogativa e lui si spiegò: -Io da piccolo giocavo con una certa Miyuki Ashino. Lei aveva un cane, Caspar, ci giocavamo spesso. Lei era l'unica bambina che non mi prendeva in giro per il fatto che ero ricco. Le volevo un gran bene! Ma poi, quando avevo nove anni e lei sette, lei sparì e mia madre mi disse che era un ghoul.- Mikasa fece qualche passo indietro, non l'aveva riconosciuto, ma adesso le sembrava di avere davanti di nuovo quel bambino con i capelli neri a caschetto e gli occhi sempre lucidi, era un piagnucolone! Si girò e prese una foto che teneva tra le posate: lei e quel bambino vicino ad un albero in un parco, sul tronco di quel ciliegio avevano inciso i loro nomi con un cuore a separarli, "Miyuki Ashino" e "Koori Ui". -Koori-senpai- sussurrò. Si girò vedendo l'altro guardarla tra l'incredulo e la paura. Gli porse la foto che lui prese con mani tremanti, pure Mikasa non era tranquilla e cominciarono a fischiarle le orecchie. -Adesso, mi ucciderai?- chiese. Una lacrima solitaria le solcò la guancia, almeno sarebbe stato un suo amico ad ucciderla e forse avrebbe rivisto Rize e suo padre nell'aldilà. Koori, quando erano piccoli, era stato l'unico che le rimase accanto dopo la morte misteriosa del padre e la scomparsa della madre.
-No.- Alzò la testa di scatto e vide Koori sorriderle con gli occhi lucidi: -Anche se è il mio lavoro, non posso ucciderti e nemmeno denunciarti! Starei malissimo se tu morissi, del resto siamo amici!- Mikasa l'abbracciò e sentì calore quando le braccia di lui la circondarono, era felice di aver ritrovato un amico e almeno con lui non avrebbe dovuto portare avanti la farsa dell'essere umana.

Si allenarono come da programma chiacchierando allegramente, non c'erano tensioni né preoccupazioni, solo loro due che correvano con il vento tra i capelli. Bella la spensieratezza e Mikasa, o Miyuki, se ne stava godendo ogni singolo istante. Corsero finché non videro il tramonto e, come sempre, Koori l'accompagnò fino al portone di casa. -Grazie, Koori-senpai!- Lui le sorrise: -Grazie a te, Miyuki-chan!- Si sorrisero e si diedero appuntamento alla domenica successiva. Mikasa era felice, felice grazie a Koori e anche grazie al più o meno appuntamento con Arima. Si sarebbe mescolata prima con gli esseri umani se avesse saputo che era così bello! Andò in camera sua e mise in una cornice la foto sua e di Koori che ne occupava metà, l'altra metà la occupò con una foto scattata a loro in una delle tante e bellissime domeniche di allenamento e divertimento. Posizionò la cornice vicino alle altre: lei e Caspar, lei e Rize, lei e Koori. Sorrise, poteva lasciare a loro un posto nel suo cuore fino alla fine dei suoi giorni, erano stati molto importanti per lei. Questo significava affezionarsi? Questo significava avere dei bei ricordi? Non male come cosa, vivere era davvero bello!

All it's fine||Kishou ArimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora