Capitolo 1 - Prima parte

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Orono, Maine – Una decina di anni dopo – 20 ottobre

Un forte clangore metallico fa fermare gli uomini che mi hanno trascinata qui e mi tengono schiacciata a terra.

Quello che mi tiene ferme le mani mi libera dalla sua presa e si alza. L'altro, seduto sopra le mie gambe, si limita a girare la testa.

Ho la vista annebbiata a causa delle lacrime e il corpo rigido per la paura. Sbatto più volte le palpebre e volto piano il viso nella direzione da cui è provenuto il rumore.

Riesco a distinguere una sagoma scura che si staglia contro la luce fioca del lampione alle sue spalle.

«In due contro una donna?» Grida e capisco che è un uomo. «Siete davvero così vigliacchi?»

Sento un barlume di speranza farsi strada dentro di me.

«Allora, stronzi? Non rispondete?» Urla ancora con voce profonda e roca.

Tiene in mano una sbarra di metallo che sbatte contro un cassonetto dei rifiuti, producendo lo stesso rumore metallico di prima.

«Vattene, coglione!» Ringhia il tipo in piedi. «Noi siamo in due!»

La sagoma avanza piano nella nostra direzione, sollevando l'asta di metallo.

«Sì, avevo intuito che vi piace giocare sporco, ma anche noi siamo in due, non vi preoccupate!» Nonostante il cappuccio della felpa tirato sulla testa impedisca di vederne il viso, dal tono di voce percepisco un sogghigno.

«Ti insegneremo noi a non rompere le palle!» Urla di rimando il tizio che è ancora sopra di me, alzandosi.

Io resto a terra, immobile, cercando di non fiatare per non attirare di nuovo la loro attenzione.

L'uomo, che spero sia qui per salvarmi, è vestito di nero e viene avanti tenendo la sbarra da un'estremità, sbattendola ripetutamente sul palmo della mano libera. Si muove in maniera lenta e fluida, sinuoso come un grosso felino che ha puntato la sua preda.

«Siete ancora in tempo per andarvene», dice, con voce calma ma decisa.

«Ti piacerebbe vero, stronzo?» Il più alto si lascia sfuggire una risata di scherno poi gli va incontro scrocchiando le dita, col suo compare al seguito.

«Naa. Volevo solo darvi la possibilità di non farvi fracassare le gambe. Ho proprio voglia di divertirmi un po'».

Sono ormai a un paio di metri di distanza l'uno dagli altri.

Ora che non mi prestano più attenzione metto a posto i pantaloni che mi avevano abbassato, poi sistemo maglietta e felpa. Faccio dei respiri profondi per ritrovare la calma e passo la manica del giubbotto sulla faccia per ripulirmi. Tremo come una foglia, nelle orecchie il battito furioso del mio cuore terrorizzato.

Non oso immaginare come sarebbe finita se non fosse arrivato quel tipo, se penso che mi hanno messo le mani addosso mi viene la nausea.

Cerco di darmi una mossa, devo approfittare di un momento di distrazione e scappare via.

Mi metto in ginocchio e provo a rialzarmi, ma le gambe non mi sorreggono e mi ritrovo nuovamente a terra a guardare i tre individui a qualche metro da me.

Tutto è immobile: nell'aria solo la tensione tra loro. Ansimo, ma mi sembra di non riuscire a inspirare abbastanza ossigeno e mi gira la testa.

All'improvviso uno dei due aggressori attacca e io sobbalzo, lasciandomi sfuggire un urlo di sorpresa.

Lo sconosciuto reagisce all'istante centrandolo all'addome con la sbarra e facendolo cadere in ginocchio.

Il compare non perde tempo e gli si fa sotto urlando con furia, ma il ragazzo fa compiere all'asta di metallo un arco e, abbassandosi, lo colpisce agli arti inferiori. Odo un rumore sordo, come di rami secchi che si spezzano, e subito dopo un ululato di dolore riempie l'aria. Un brivido di terrore e disgusto mi scuote, sicuramente gli ha rotto le gambe proprio come aveva minacciato di fare.

Nessun LegameWhere stories live. Discover now