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Sulle quote più alte nevicava. Non c'era però da sorprendersi, specialmente in quella stagione. L'inverno era alle porte, e il nevischio oltre che a duemila metri si poteva trovare anche in zone piuttosto basse. In molti punti del passo a nord-ovest di Aosta, nonostante ciò, c'erano ancora molte zone verdi, dove il grigiore delle montagne lasciava spazio al bosco.

Un lungo sentiero si apriva attraverso la boscaglia, contornato da pini e abeti. La sommità di questi alberi chiudeva il panorama del cielo ai passanti nelle automobili, per non parlare delle Alpi che facevano da barriera fra la gente e il cielo, in quella zona particolarmente azzurro. In fondo a quel passo, vicino a un grande vallo valdostano, c'era la dogana. Una volta superata quella si entrava in Francia.

Lo scorrimento del traffico era molto lento, per questo la folla nel gran numero di veicoli ch'erano imbottigliati si divagava come poteva, chi con i videogiochi, chi giocando a carte, chi guardando la tv (beati quelli che si potevano permettere di averla in macchina; incredibile anche che il segnale prendesse in quella zona, e infatti chi tentava di effettuare telefonate non trovava campo), chi dormendo, chi ammirando gli scoiattoli e altri teneri animali che giravano per il bosco.

Eccetto i procioni. Quelli cercavano di intrufolarsi nelle provviste dei viaggiatori. Preferivano attaccare in branchi le auto che avevano contenitori di cibarie sul tettuccio (ovviamente fiutati), ma non si tiravano indietro se annusavano qualcosa di appetitoso negli abitacoli.

Un uomo, infatti, dall'aspetto molto massiccio e con un berretto rosso in testa inseguiva due tre di quegli animaletti con un ramo d'albero stretto nel pugno. Li colpiva anche con i piedi, colpevoli di aver frugato tra i suoi bagagli. Li seguì per qualche minuto, poi, sfiatato e rosso in volto tornò indietro. I procioni fecero lo stesso. Poco importava all'uomo: tra poco sarebbe stato il suo turno di passare alla dogana: là c'erano uomini armati e cancelli elettrificati...

Scrutò la zona intorno a lui, davanti alla sua vettura c'è n'era un'altra, che degli agenti stavano perquisendo: nulla di particolare...un normale controllo.

Tutt'altro che riposato risalì in auto, assestando prima una sonora pedata a un procione che aveva tentato di intrufolarsi non appena aveva aperto la portiera.

Si sarebbe infuriato di più se dopo tutto ciò gli agenti doganali gli avessero chiesto di scendere per controllare anche nella sua auto. Non che trasportasse qualcosa di illegale, ma con le portiere aperte, i procioni avrebbero potuto fare nuovamente gara a chi arraffava più cibo.

Magari si sarebbe dovuto fermare all'uscita per il parco forestale duecento metri prima, solo per fare una sosta, ma ormai era tardi.

Lasciata passare l'auto davanti, gli agenti gli fecero qualche domanda, poi lo lasciarono passare senza tanti convenevoli. Lui benedì il Signore e proseguì dritto, ormai in territorio francese.

Il parco forestale a cui aveva pensato l'uomo era all'interno del vallo, circa a mezzo chilometro di distanza dal passaggio delle dogana. In genere in quel posto c'era solo qualche albergo, ma nemmeno un paesino: la gente ci andava per fare delle lunghe escursioni nel verde, esteso circa un ettaro e mezzo. Si trovava per metà in Francia e per metà in Italia, ma per non complicare troppo le cose non veniva mai chiesto a nessuno il passaporto, a meno che non si volesse entrare nella nazione confinante dopo un giro nella natura.

Proprio all'entrata del parco si diresse un Laguna rossa, prendendo la svolta prima della dogana. La presa del volante e della strada non era tanto sicura, e infatti al volante c'era una donna. Era di mezza età, capelli biondo cenere e fisico smunto, probabilmente a causa degli anni. Non era sola: accanto a lei giaceva la figlia di sedici anni, una ragazza con capelli lunghi, lisci e castani, carnagione chiara, quasi latte, e un volto dolce che le conferiva una particolare mitezza mentre dormiva.

Sul sedile posteriore c'erano un ragazzo e una ragazza. Lei era bionda, con i capelli lunghi e ondulati; il suo sorriso sembrava quello di una bambina, ma il suo fisico diceva il contrario: aveva anche lei sedici anni. Il ragazzo accanto a lei aveva i capelli corti, ma non troppo. Li aveva cresciuti a tal punto che potessero arricciarsi all'altezza della fronte. Il fatto che fossero castani, in contraddizione con gli occhi verdi, gli donava un certo fascino.

I due pomiciavano di nascosto: sapevano quanto la donna al volante avesse timore di guidare, ma erano anni che le era stata affidata la responsabilità, quindi, volente o nolente, le toccava guidare. Se poi i ragazzi (solo quella accanto a lei era sua figlia) avevano insistito per andare a Nizza («Ma che ci andiamo a fare in inverno?») le toccava anche quel sacrificio. Così lei teneva gli occhi inchiodati sulla strada, per prevenire qualunque pericolo, e i due dietro erano liberi di affondare l'uno la lingua nella bocca dell'altro. Si può dire però che stavano attenti a non creare troppo sbrodolamento: un verso soltanto e il gioco finiva. La ragazza davanti sembrava agitarsi nel sonno. Non doveva essere un sogno piacevole.

Una ragazzina correva per un piccolo pendio, lungo il bordo del quale si apriva un burrone decisamente profondo, costellato di rami e arbusti. Una voce di donna gridò in lontananza. Subito dopo apparve la donna al volante della Laguna, soltanto più giovane di qualche anno e col volto decisamente più luminoso. Accanto a lei un uomo dall'aspetto giovane e forte, con capelli brizzolati e indumenti che si adattavano benissimo sia per un ritrovo elegante sia per fare jogging.

La figlia dodicenne si era avvicinata troppo al bordo del burrone.

«Sara!» esclamarono a gran voce i suoi genitori da dove si trovavano «quante volte ti abbiamo detto di non allontanarti troppo dalla tenda? E soprattutto di non avvicinarti alla scarpata? E' pericoloso!»

«Non vi preoccupate» rispose Sara. "Dio, perché devono sempre starmi fra i piedi?" si chiese. Si girò verso di loro.

«Non mi allontano molto» disse ancora mentre faceva piccoli passi verso dietro. Aveva calcolato di trovarsi ad almeno due metri dal punto in cui il pendio curvava violentemente verso il baso, un salto di almeno cinquanta metri. «Faccio un giro qui intor...».

Una roccia perse connessione col terriccio circostante, calciata via dal solco a causa del peso della ragazza, quindi rotolò giù fino al bordo e precipitò nel vuoto con un ultimo balzo. La gamba della ragazza seguì, e la gravità fece il resto.

Sara sussultò nel sonno. La madre se ne accorse, ma continuò a tenere gli occhi serrati sulla strada. Era da molto che Sara non prendeva le sue pillole prima di dormire, tantomeno prima di un sonnellino non programmato dovuto alla stanchezza del lungo viaggio. Per fortuna che si era premurata di prenderne un flacone prima di partire, altrimenti l'avrebbe condannata agli incubi per tutta la durata della vacanza.

La dodicenne scivolò per circa mezzo metro sulla superficie del dirupo, quando un ramo le strappò la parte sinistra dei jeans, impigliandosi. Pezzi di pietra la ferirono allo stinco, ma lei urlò più per lo spavento. I genitori si erano precipitati da lei. La madre era in preda al terrore e, arrivata proprio al limite del pendio si limitò a strillare temendo che se avesse fatto qualcosa avrebbe fatto cadere la figlia. Il marito provò, afferrata la ragazza per un braccio, a tirarla su.

Ma il ramo, che le aveva impedito di cadere, le impediva ora di risalire. L'uomo cercò di fare uno sforzo in più: lasciò sfuggire un gemito non riuscendo a vincere la resistenza.

I jeans si stracciarono.

Sara urlò: anche la gamba si era ulteriormente ferita, e il sangue ora sgorgava copiosamente. A quel punto potè vedere con chiarezza la macchia verde sotto di lei, la selva che l'avrebbe inghiottita da li a poco.

Sara agitò lentamente la gamba, restando sempre sopita. Aggrottò le sopracciglia, sapendo come finiva il sogno per il semplice fatto di averlo già vissuto. Fosse stata di fronte ad una tv, l'avrebbe spenta per non vedere, come facevano i bambini di fronte ai film dell'orrore. Gli incubi però non funzionavano in quel modo, e lei fu costretta a continuare la visione.

Il Vallo fra le MontagneDonde viven las historias. Descúbrelo ahora