Il predestinato autonomo ed imperfetto - 025

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Grande e somma e imponente
stupidità, tal quanto
la contraddizione, tanto
odiata, tanto coltivata finemente,
è del predestinato autonomo.

Egli è l'esempio
dell'eccelso scempio
riversato sulla prepotente
scultura, tal come
un dio abbandonato, al tempio
assieme,
incaricato ad appiccare l'addome
dell'umano genere.

Cosa vuole quella statua dire?
"Umani, siate umani!".
Ma noi umani non lo saremo
mai senza essere
un poco animali
e un poco dei venti
che cantano lamenti.

Quei cuori nostri sono foreste
dalla terra seppellita dalla nebbia
multicolore.
Quell'arsura, a cui sono disposti,
ha cagioni genetiche
anch'esse multicolori. E tutti
questi colori sono privati
di molta linfa vitale,
tant'è che non riescono a brillare,
rifugiando nella lineare
qualità di "sfumatura del vuoto".

Sia mai che un uomo si meriti
d'esser nominato eletto:
perché di fondamento sul letto
non sappiamo voler per sempre stare,
senza osservare come gli emeriti
tessuti del petto,
con eccitazione e concitazione,
si fanno schiavi d'alte onde motrici,
rimbalzando quindi per tanto e per
lungo.

No! L'ambizione e l'amore
d'attuarsi non meritano,
perché non potranno:
sia mai che un'idea esca
dai fari dell'Iperuranio
per farsi inglobare
e circoscrivere da una circonferenza
buia, qual è quella dell'umanità.

Canzonier dell'AngeloOù les histoires vivent. Découvrez maintenant