Capitolo quattordici

529 24 11
                                    

«Dai smettila di lamentarti» Ripeto, Stefano sbuffa e si massaggia il braccio. «L'hai sentito il medico, è colpa tua che non sei venuto prima a farti vedere e hai aggravato la situazione, tutto qua. Ora fai la tecar e andrà a posto»

«Sì e intanto non posso aiutare Marcello praticamente niente» Sbuffa, mi stringe la mano.

«Non sei mai stato a caso malato da quando ti conosco, non penso che Marcello possa dirti qualcosa, sei suo socio eh» Commento, lui sospira.

«E' che non mi piace stare a casa a non fare niente e andare lì solo la sera a versare drink» Spiega, io mi fermo, lo guardo. «Che c'è?» Mi domanda, incuriosito.

«Boh, non ti piace stare a casa con me e Santi un po' di più?» Gli chiedo.

«Sì che mi piace» Risponde subito, abbassa lo sguardo. «Ma quando tu sei al lavoro e lui è a scuola? Cioè io due settimane così non le reggo»

«Leggi un libro, fai una passeggiata, guarda la tv» Azzardo, riprendiamo a camminare lentamente. «Vai a fare jogging»

«Ah devo anche andare a parlare con Belen» Biascica. «Ci vieni con me?»

«Io?» Domando, un po' stranita. Non mi ha mai voluta includere nelle discussioni tra lui e Belen, un po' perché non ce n'è mai stato bisogno, un po' perché loro sono i genitori di Santiago e io non c'entro nulla nella sua educazione.

«Sì. Ho sempre sottovalutato quanto tu sia importante nella vita di Santi e se Belen avesse realmente deciso di partire e Santi decidesse di rimanere qua, tu diventeresti il suo primo punto di riferimento femminile» Lo guardo, senza sapere bene cosa dire, senza saper bene se ringraziarlo o se spiegargli che non c'è bisogno che io sia così importante. «E poi non ho voglia di affrontare questa cosa da solo» Aggiunge, gli sorrido.

«Ci sono io» Gli dico, sorride anche lui, poi, entriamo in macchina, io accendo la radio, lui butta i fogli del medico sui sedili posteriori. «Ah senti, mi dai un passaggio in ospedale che faccio un salto a salutare Maria?» Chiedo, lui annuisce, accende la macchina.

«Però devo passare da Marcello ad avvisarlo di quello che ha detto il medico del mio braccio, ti spiace se ti lascio lì e poi passo a prenderti?» Domanda, mentre imbocca la strada di uscita dal parcheggio dell'ambulatorio dove riceve il nostro medico.

«Amore non c'è bisogno, mi lasci lì e torno con i mezzi» Rispondo, lui posa una mano sulla mia coscia.

«Sicura?» Chiede, io annuisco, alzo un po' il volume della radio e in venti minuti siamo all'ospedale, si ferma davanti, mi stampa un bacio. «Sicurissima che non devo venirti a prendere?»

«Sicura al cento per cento, fai con calma e stai attento a non farti ancora più male al braccio» Mi raccomando, gli stampo un altro bacio e scendo dalla macchina.

L'ospedale, nei primi corridoi, ha le pareti colorate di giallo e di verde. E' vernice relativamente nuova, quindi ancora abbastanza accesa e per pochi tratti, sembra quasi di stare in un bel posto, un posto dove succedono solo cose belle. Poi, però, forse per mancanza di fondi, i muri diventano improvvisamente bianchi, un bianco sporco e tinteggiato male, sui muri, attaccati affianco alle porte, i numeri delle stanze. La stanza numero 28, poco più avanti era la mia stanza, insieme a Maria. Ora Maria ha una nuova compagna di stanza, una signora che è appena stata operata di non so che, ed è a fare le visite mattutine, Maria invece sta sdraiata, con la maschera dell'ossigeno sulla faccia. «Ehi» Sussurro, sentendomi improvvisamente di troppo, prendo la sedia dal tavolino in fondo alla stanza e mi metto seduta accanto a lei, le prendo una mano. «Brutta giornata?» Lei annuisce, si toglie la mascherina con un po' di lentezza.

I draghi si possono sconfiggereWhere stories live. Discover now