• Capitolo 21

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"La sintonia tra due persone si misura in quante spiegazioni non hai bisogno di dare."

Un deja-vu, più o meno, stava vivendo.
"Più o meno" perché mancava solo un elemento per chiamarlo effettivamente tale.
Quella sera, però, il vento era andato a dormire insieme al sole ed avevano lasciato spazio ad una grande luna piena, che illuminava il viso della ragazza, ancora bagnato dalle lacrime che non cessarono di uscire per tutta la serata passata.
"Devo smettere di pensare troppo alle cose".
Era un suo grande difetto: pensare, pensare bene, pensare intelligentemente, pensare per poter capire.
« Un deja-vu. »
La voce roca ed inconfondibile del ragazzo che le arrivò alle spalle la fece staccare dalla ringhiera del balcone.
Annuì, guardandolo avanzare verso di lei e prendere la sua stessa posizione, con una sigaretta tra le mani.
Erano così vicini che riuscì a leggere addirittura la piccola incisione sulla sigaretta: "Lucky Strike".
« Dovresti pensare un po' di meno alla cose. »
Lei lo guardò, con gli occhi straziati dalle lacrime, senza dir nulla.
Non aveva voglia di parlare.
« Te lo dico perché so cosa si prova ad avere troppe paranoie nella testa.»
Buttò via del fumo, attendendo una risposta da Cheryl, che però non fiatò.
« Non hai intenzione di parlarmi? »
Di nuovo silenzio, solo respiri.
« Strano per te. »
Affermò, guardandola dal capo ai piedi, mentre lei lo guardava in viso.
Aspirò un po' di fumo, poi disse
« Non ti dispiace se mi sfogo un po', vero? »
Non aprì bocca, si posizionò come lui: spalle alla finestra, gomiti sul davanzale.
« Bene. »
Disse, poi si schiarì la voce.
« Sai, io credo che ci sia sempre una falla nel sistema. »
Cheryl ci pensò, impaziente di ascoltare ciò che aveva da dirle.
« Per esempio, se qualcosa sta andando bene ti devi aspettare che ci sia un chiodo per strada che ti buchi le ruote. »
Fece una pausa per fumare, poi iniziò di nuovo a parlare.
« Ti è mai capitato di pensare di cercare di mantenere il più possibile lontano da te una persona? »
Cheryl si accigliò, voltandosi a guardarlo con la sigaretta tra le labbra.
« Be', io ci stavo riuscendo, poi però la falla nel sistema mi ha fatto deviare strada e mi ha fatto capire quanto tenessi al bene di questa persona. »
L'unica cosa che voleva sapere era chi fosse quella persona.
« Siamo così uguali, anche se non sembra. Me ne fotto del proverbio
"Gli apposti si attraggono".
Non è mai stato così, mai. »
"Hai ragione, piuma."
« Purtroppo, però, da questa sera questa persona non mi parla perché non le ho permesso di restare con l'unico membro della sua famiglia. »
Cheryl sbarrò gli occhi e fece sciogliere il cuore.
Lui fece spallucce, poi fumò ancora.
« Ha ragione, d'altro canto, i miei gesti di bene non vengono mai capiti.
L'ho fatto per proteggerla da altro dolore, ma lei ne aveva già abbastanza. »
Cheryl non sapeva né che fare, né che pensare.
Rimase immobile, lasciando scorrere altre lacrime.
« Ieri, per esempio, ho protetto la mia gang dalla morte, ma il mio gesto è stato frainteso per un'idea di sottomissione.
Ho solo scelto la strada meno in salita per tutti. »
La ragazza si sentiva in colpa, non aveva ancora intenzione di fiatare.
« Tu cosa avresti fatto? »
Si voltò verso di lei per guardarla versare lacrime.
Per lui era bellissima anche con il viso bagnato e gli occhi arrossati.
Lei serrò le labbra in un piccolo sorriso, sbatté le palpebre per far scendere le lacrime accumulate, poi fece un cenno del capo, come per dire
"Come te, Fil.".
Sembrò sollevato dalla sua "risposta", ma lui non sorrise.
Sapeva che aveva colto tutti i parallelismi, sapeva che adesso aveva capito: era intelligente.
« Siamo così uguali che soffriamo entrambi di insonnia, lo sai? »
Mormorò, ricominciando a fumare dopo pochi secondi passati a guardarsi negli occhi e appurando che lontani non ci sarebbero stati, anche se avessero litigato pesantemente.
Lei sembrò ridacchiare, senza far rumore, come tutto quello che faceva.
Altro silenzio, colmato dai loro sguardi incollati da un'unica cosa: curiosità.
Curiosità di riuscirsi a studiare e di rimanere così vicini senza toccarsi.
Spense la sigaretta e la buttò di sotto al balcone.
Si guardò intorno, si schiarì la voce, poi avanzò di un solo passo per poterle parlare all'orecchio.
« Dovremmo colmare quest'insonnia, non credi? »
Detto ciò se ne andò, lasciandola lì, senza una parola strappata dalle sue labbra, che formarono un bel sorriso, tutto per Filippo.

La notte era calata da un pezzo ed aspettava impazientemente l'alba.
Non riusciva ancora a capire se amasse o odiasse la notte.
Non dormiva quasi mai, e se lo faceva era solo per poche ore.
Probabilmente per questo la odiava.
Molto spesso riusciva a riflettere per aiutarsi a prendere decisioni.
Per quello la amava.
In quella strana notte, però, non riusciva né a dormire né a pensare, troppo preso a guardare nella sua mente quella ragazza con cui aveva parlato.
Sapeva che stava cominciando a provare qualcosa per lei, ma non riusciva a mandare giù la cosa.
Continuava a fare pesi e ad avere nella mente l'immagine di Cheryl.
Non appena la vide fare ingresso nella "palestra" pensò che stesse sognando, magari dopo aver lasciatosi cadere sopra i pesi.
In realtà era lì, nella sua felpa gigante e nei pantaloncini che sembravano inesistenti.
Camminava con le sue sneakers, e cercava in tutti i modi di nascondere le mani nelle maniche della felpa.
Poggiò i pesi e si mise seduto, con il fiato corto, lasciando che Cheryl ammirasse tutta la sua bellezza.
« Che ci fai qui, pivellina? »
Lei fece spallucce e si avvicinò, sedendosi su una panca, successivamente disse
« Colmiamo la nostra insonnia insieme? »
Filippo ridacchiò, ghignando, poi le disse
« Mi hai perdonato? »
« Mi hai fatto riflettere ed ho capito che devo solo ringraziarti. »
Il ragazzo la guardava affascinato, soprattutto per il fatto che fosse davvero bella anche struccata e con il suo grande "pigiama".
« Dovrei ringraziarti anche io. »
Lo disse quasi senza pensare e, forse, pentendosene subito dopo.
« Per cosa? » Gli chiese sorpresa Cheryl, che incrociò le gambe sulla panchina.
« Per aver portato un po' di sicurezza e serenità tra noi. »
Lo disse con voce dolce, e le sembrò quasi non appartenente a Filippo.
Cheryl non seppe più cosa dire, e calò un profondo silenzio imbarazzante e le sembrò di essere fuori posto.
Così si alzò e disse
« Ti lascio ai tuoi esercizi. »
Fece per andarsene, ma Filippo balzò in piedi e le prese dolcemente il braccio dopo aver detto
« No, aspetta. »
Era quello che avrebbe voluto accadesse ed i sogni di Cheryl furono avverati.
« Prendi una birra e siediti, che ti racconto di me. »
Lei sorrise, poi guardò il frigobar e prese due birre, una per lei, ed una per Filippo.
Cheryl, però, non riuscì a resistere, nonostante fosse attirata dai tatuaggi sul corpo di Filippo
« Potresti, ehm... mettere una maglietta? »
Filippo alzò un sopracciglio e ridacchiò, quasi compiaciuto, poi ghignò e disse
« Solo se tu metti dei pantaloni. »
Cheryl si accigliò, infatti affermò
« Io ho i pantaloni! » 
Alzò la grande felpa mostrando il paio di pantaloncini.
Filippo fece un cenno con il capo, aprì la birra e disse
« Hai vinto tu. »
Cheryl sorrise soddisfatta, poi si fece aprire la birra.
Passare la notte a parlare: quello era ciò che aveva sempre sognato di fare, sin da bambina, magari per sentirsi grande.
Quella, però, fu un'occasione diversa, forse per affermare solo una cosa: Cheryl aveva iniziato a provare qualcosa per lui.
Era palese, era ovvio, e lei, come Filippo, non se ne era nemmeno resa conto.
Filippo, però, ne era consapevole e l'aveva anche ammesso, ma non poteva sopportarlo, perché temeva di metterla in ulteriore pericolo.
In quel momento, però, non se ne curò: voleva sentirla parlare e voleva vederla ascoltare i suoi discorsi.
Sembrò attratta da tutto ciò che le diceva e rapita dalle parole del ragazzo, che non si era sentito così bene da tanto, troppo tempo.

Criminals  { Irama Plume }Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora