3° CAPITOLO

47 6 1
                                    

La sera si stava avvicinando. Ermal era infreddolito, tremava.
Marco non si era ancora svegliato, molto probabilmente gli aveva dato una dose molto pesante.

"Hai freddo Riccio..?"

"Vedi un po' te..."

Fabrizio si alza dalla sedia avvicinandosi a lui. Lo scrutò attentamente, era bello non poteva negarlo, forse anche troppo.
Lo aiutò ad alzarsi.

"Te porto in camera così potrai vestirti"
"Grazie"

Giunti nella camera del ricciolo, Fabrizio si avvicinó all'armadio.

"Che vuoi metterti?"
"Prendi delle cose a caso... tanto sono prigioniero..."

Fabrizio abbassò lo sguardo
"Ancora pè poco"

"E quando te ne andrai cosa pensi che facciamo, che non ti andiamo a denunciare? Sappiamo il tuo nome, la tua vita."

"Lo so... potreste anche denunciarmi, sbattendomi in galera, sarebbe la cosa mejóre, anzi è quello che vorrei.
Ma ho un figlio e..."

"E quindi che vorresti farci? Ammazzarci?"

Fabrizio non rispose, continuava a tenere lo sguardo abbassato.
Alla fine lo alzò per prendere una maglietta è un paio di pantaloni al ragazzo.

"Non posso mettermeli, sono ammanettato..." gli fece notare.

"Giusto..."

"Slegami allora."

"Non posso, te li metto io."

Ermal non disse più niente, tacque.
Guardò ogni mossa che face l'uomo davanti a lui.
Fabrizio si avvicinò.
Gli slacciò la cinturino che teneva legato l'accappatoio.
Ermal sentì che il respiro dell'altro si faceva sempre più profondo, aveva gli occhi incollati nel suo petto.
"Ho capito che sono straordinariamente meraviglioso... però potresti fare più in fretta... ho i brividi."

Fabrizio a quelle parole arrossì come un pomodoro. Non riusciva a distogliere lo sguardo da lui.

"Ehm..sì certo.." disse con voce ancora più roca del solito

Gli levò via l'accappatoio, rimanendo in boxer.

A quel punto Fabrizio fece una cosa che non avrebbe mai dovuto fare. Si levò via la maschera.

Ermal rimase colpito dalla tale bellezza che aveva quell'uomo.
Aveva una barba non tanto folta, delle labbra abbastanza carnose e dei piccoli ciuffetti di capelli che gli cadevano in fronte.

"Perché l'hai fatto?"
"Non lo so..."
"Così non ci sarà nessun scampo per te.."

Tutti e due avevano una voce molto bassa, tutte e due avevano lo sguardo incollato sulle labbra dell'altro.

"Lo so, ma non riesco a capì perché de te me fido, hai quarcòsa de diverso dalle altre banali persone."

Ermal arrossì mentre Fabrizio si fece sempre più vicino a lui.

"Nun mi hai detto ancora er tu' nòme?"
L'altro deglutì a fatica per la troppa vicinanza.
"Ermal, mi chiamo Ermal."
"Non sei italiano?"
"No... albanese"
"Bel nome... Ermal.."

I loro sguardi si incrociarono, mancava pochissimo, e le loro labbra si sarebbero unite. Ma un tratto un oggetto dalla cucina cadde a terra.

Insieme:" Marco"

"Aspettami, vado a controllare.."
"Ti prego non fagli del male, si sarà appoggiato da qualche parte nel sonno"

Fabrizio a passo svelto andò in cucina e vide che l'altro aveva fatto cadere il telefono.

"Che cazzo volevi fá? Pijà er telèfono eh? Come avresti fatto a digitare er nùmmero se sei legato? Scemo." Quasi non lo urló.

Si stava avvicinando a lui con l'intenzione di tirargli uno schiaffo... ma poi pensò alle parole del ricciolo.

Lo prese dal braccio facendolo alzare, portandolo in camera sua.

"Mó resterai qui dentro fino a quanno nun avrò finito, prova a fare quarche passo falso o anche a lamentarti e te giuro che pè te sarà finita."

L'altro si sdraiò nel letto annuendo con la testa.

Fabrizio uscì dalla stanza chiudendola a chiave. Poi ritornò da Ermal

"Che gli hai fatto?"

"Nulla, l'ho solo chiuso in càmmera sua... nun era comodo er pavimento della cucina"
Fece una breve risata.

"Vestimi"
——————————————————-

Arrivò il mattino.
Ermal fu il primo a svegliarsi.
Era nel suo letto ma non da solo, al suo fianco c'era lui, Fabrizio. Stava dormendo come un angioletto.

In quel momento avrebbe potuto benissimo raggiungere il telefono per chiamare la polizia, ma non lo fece.

Preferì rimanere lì a guardarlo dormire beatamente.
Aveva la bocca leggermente aperta e dei cappelli che era meglio non parlarne.
Era quasi buffo, ma allo stesso tempo meraviglioso.

All'improvviso apri gli occhi.

"Hey..." disse con voce ancora impastata dal sonno
"Buongiorno"
"Che bello svegliarmi có  qualcuno al me fianco..."
Ermal arrossì
"Perché nun sei andato a chiamá aiuto...?"
"Preferivo stare qui con te." Per il troppo imbarazzo si girò dall'altra parte.
"Hey, girati."
"No..."
"Perché..?"
Non arrivò nessuna risposta.

"Ermal... sei bello quanno arrossisci."
"Non sto arrossendo!"
"Come no.." rise
"Edaii"
"Te giri?"
"Perché non molli tutto questo?"
"Cosa intendi?"
Ermal a qual punto si girò
"Perché non la smetti di fare questo" lavoro", puoi aiutare tuo figlio in un'altra maniera.
Cosa penserà quando verrai arrestato? Perché io non lo farò però Marco si.
E poi davvero non vedrai più tuo figlio per colpa di quelli..."

Fabrizio tacque non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.

"Questa non è la prima volta che fai una rapina vero?"

"No"
"E non ti hanno mai beccato?"
"Nun me hanno mai beccato perché gli hanno uccisi loro..."

Ermal a quelle parole si irrigidì diventando ancor più pallido.

"E-e  faranno lo  stes-so  con  no-noi?"
"Si..."
"Fabrizio... ti prego scappa! Liberati di loro, tu sei una brava persona, puoi denunciarli benissimo."
"Ermal, questo non è un gioco..."
"Ti prego..."
"Perché ce tieni così tanto che io me ne vada da loro?"
A quel punto il ricciolo arrossì.
"Perché...perché tuo figlio non merita un padre così, ai figli non importa avere le scarpe firmate, loro vogliono solo il tuo amore e basta."
"E tu che ne sai cosa vuole Libero? Nun hai mica dei figli tu."
"Non ho dei figli, però sono stato un figlio.
E so cosa significhi vedere il proprio padre assente. Che quando lo vedi invece di darti un'abbraccio ti picchia, ti fa male. Tu gli chiedi il perché di questo, lo preghi di fermarsi ma lui niente; continua sempre più forte fino a quando non si stanca, fino a quando non esce il sangue dalla tua pelle, fino a quando non va a prendere altro alcool per poi ricominciare il suo giochetto."

Fabrizio rimase scioccato da quel breve discorso.
" È pe questo che ieri mi hai chiesto se mi ha mandato tu' padre? Lui ti ha fatto del male?"
"Non solo a me.. anche al resto della mia famiglia. È per questo che ora sono qui in Italia, siamo scappati da lui."

Fabrizio fece il gesto più spontaneo in quel momento; gli accarezzò la guancia avvicinandosi a lui.

"E come siete riusciti a nun farvi sgammare?"
"Abbiamo preparato le valige alla notte e poi al pomeriggio mentre lui era chi sa dove ci siamo imbarcati in un traghetto che portava in Puglia. Li ho ricominciato a vivere anzi è iniziata la mia vita."

Fabrizio aveva gli occhi lucidi
"Nun so che dire, perché ogni parola nun può reggere questa insensibilità disumana, posso solo dirti me dispiace, davvero"

"Tranquillo, oramai è una storia chiusa...o quasi."

Pezzi Di ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora