Capitolo VII - Fuga

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Ti abbandonò all'interno di quella terribile stanza, dove nemmeno il sole filtrava anche per sbaglio. Il dolore lancinante delle ferite era insopportabile; nonostante John ti avesse assicurato che non si sarebbero infettate, temevi comunque che sarebbe potuto accadere. Ti sentivi sempre più debole e, man mano che il tempo scorreva, un forte senso di nausea si faceva più insistente dentro di te. Non potevi fare nulla, non ne avevi nemmeno le forze necessarie.

Ti osservasti intorno nella disperata ricerca di una possibile soluzione, ma nulla sembrava fare al caso tuo. Non ti arrendesti comunque. Con le poche forze che possedevi, cominciasti a muoverti in avanti con dei violenti scatti che partivano dal bacino in sù e, anche se di poco, riuscisti ad avanzare lentamente in direzione della scrivania, ma, quando arrivasti a pochi centimetri da essa, commettesti un movimento azzardato e cadesti a terra, quasi sbattendo la testa. Cercasti di soffocare un gemito di dolore dirignando i denti e, subito dopo, riprendesti a guardarti intorno; magari per terra saresti riuscita a trovare qualcosa di utile.

Il tuo sguardo ripercosse l'intero suolo e, quando meno te l'aspettavi, riuscì a scorgere un coltello. Non era molto distante da te; si trovava a mezzo metro dal tuo viso. Riprendesti a spingerti sulla sedia e, nonostante il tuo braccio destro sopportasse il tuo peso e quello della sedia, sfregandosi contro il pavimento, riuscisti a trattenere i gemiti di dolore. Raggiungesti l'arma da taglio, che afferrasti per il manico con i denti dopo svariati tentativi. Il nuovo problema fu scoprire come usarlo per riguadagnare la tanto desiderata libertà. Dovevi in qualche modo liberarare almeno le mani e l'unico modo per farlo era incastrare il coltello da qualche parte, in modo che potesse tagliare correttamente la corda, che gli avresti sfregato contro con forza. Proprio in quell'attimo, qualcosa ti saltò immediatamente all'occhio: la parete alle tue spalle era composta da sbarre in metallo ed una di esse pareva essere rotta. Pensasti immediatamente di avvicinarti ad essa e di utilizzarla al posto del coltello. E così facesti.

Riprendesti la disperata corsa contro il tempo, sperando che John non sarebbe entrato in un momento simile, poiché sapevi che la cosa non sarebbe terminata nel migliore dei modi. Volevi solamente tornare a casa, sparire di lì e ritornare a vivere la solita vita che conducevi giornalmente. Volevi lasciarti tutti quei problemi alle spalle, ma sapevi che non era così semplice.

Arrivasti dinanzi al tagliente ed enorme pezzo di ferro arrugginito, osservandolo per un breve periodo mentre ti domandavi se fosse veramente una buona idea. Non esitasti ulteriormente e, non appena ti voltasti di spalle, ti avvicinasti il più possibile alla sbarra rotta che, fortunatamente, le tue mani legate riuscivano a raggiungere perfettamente. La corda toccò finalmente la parte tagliente ed immediatamente cominciasti a sfregarla il più velocemente possibile, applicando tutta la forza che possedevi. Il rumore della corda sfregata contro il metallo ed il tuo respiro pesante furono gli unici suoni che a lungo regnarono in quella stanza. Percepisti la stretta allentarsi sempre di più e, finalmente, abbandonarti del tutto. Sentisti un peso in meno sul petto e riprendesti a respirare quasi con più calma. Il prossimo passo era liberare i piedi.

Senza indugiare oltre, allungasti le mani, che avevano i polsi doloranti e violentemente arrossati a causa della corda, e cominciasti ad usarle come spinta maggiore in direzione del coltello, che raggiungesti con una velocità maggiore rispetto a prima. Lo afferrasti e ti precipitasti ad eliminare la corda che ti bloccava le caviglie, che cadde al suolo poco dopo. Ti alzasti di scatto, entusiasta e soddisfatta. Eri libera.

Ti apprestati a riabottonare la camicia e, senza esitare, ad afferrare nuovamente il coltello, che inseristi in una tasca, ed un tubo di ferro riposto sulla scrivania, rivolgendo lo sguardo in direzione della porta. Ormai era il momento di fuggire e sapevi che mai più nessuno ti avrebbe fermato, o almeno era quello che speravi; eri ferita e terribilmente debole all'interno di una stanza quasi completamente buia contro chissà quanti uomini. Era una pazzia, ma dovevi provarci; non avevi altre soluzioni.

Buttasti un profondo sospiro e ti incamminasti in direzione della porta, chinandoti all'altezza della serratura e sbirciando dalla fessura. Non riuscisti a vedere molto, ma pareva che non ci fosse nessuno a fare da guardia dall'esterno. Ti convincesti che era il momento di agire ed afferrasti la maniglia.

"Ora o mai più." Sussurrasti, aprendola e cercando di fare il minor rumore possibile.

Davanti a te si presentò un lungo corridoio, sul quale erano piazzate numerose casse in legna, dentro le quali erano contenute numerose armi e munizioni, secondo quel che riuscisti a vedere. Ti passò in mente l'idea di prendere qualcosa dal loro interno, ma avresti fatto troppo rumore e non potevi permetterti nessun rumore di alcun tipo; non dopo essere arrivata a quel punto.

Ti nascondesti dietro uno dei tanti mucchi di casse e sporgesti la testa al corridoio, esaminando la situazione: nessuno era nei paraggi. Approfittasti della situazione ed uscisti allo scoperto, camminando a passo lesto e furtivo fino a raggiungere l'ennesimo mucchio di casse, che, ancora una volta, ti aiutò a nasconderti. Sentisti dei passi lenti alle tue spalle e quasi ti mancò l'aria. Trattenesti il respiro e chiudesti gli occhi, stringendo con forza il tubo tra le tue mani, pronte ad agire; ma, quando il passo si fece sempre più lontano, ti rendesti conto che nessuno, per fortuna, ti avesse vista.

Lasciasti passare qualche istante prima di esporre la testa e controllare se la via fosse libera e, non appena te ne accertasti, ti apprestasti a muoverti il più velocemente possibile, imbattendoti successivamente dinanzi una porta aperta e, presa dalla pressione del momento, entrasti subito, trovandoti davanti ad una terribile sorpresa: un alto uomo pelato con una folta barba era a pochi passi da te.

"Qualc-" Non fece in tempo ad urlare poiché ti buttasti su di lui, colpendogli innumerevoli volte il cranio, finendo con il romperlo completamente, facendo schizzare il suo sangue anche sul tuo viso ed i tuoi vestiti.

"Che schifo..." Sussurrastì a te stessa, facendo una smorfia ed alzandoti mentre cercavi di pulirti il più possibile il viso con il dorso della mano.

Riprendesti a camminare furtivamente nella stanza, trovando una revolver a terra, che, senza esitazione, raccogliesti, osservandola con occhi colmi di speranza. Ormai eri così vicina alla via d'uscita ed eri sicura che nessun limite ti avrebbe barricato la strada.

Ti dirigesti nuovamente alla porta e, non appena arrivasti allo stipite, affacciando di poco la testa, l'unica cosa che riuscisti a vedere fu una pala, che, con sorprendente velocità, si scaraventò sulla tua nuca, facendoti accasciare al suolo, priva di sensi.

Spazio Autrice
Pare che la fortuna non sia mai dalla parte della protagonista, vero? Chissà chi è stato a colpirla...
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Our Sin - John Seed x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora