Prologo

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Sophie Hall.

Questo è il nome che passerà alla storia.

Il mio nome.

Qual'è la mia storia, invece? Non sono sicura di conoscerla per davvero. Essa iniziò ancor prima della mia nascita.

Taylor Hall, nonché mia madre, una Lightfighter che dopo aver tentato di avere un figlio, con l'uomo che amava, Byron Hall, cioè suo marito, chiese aiuto ad una strega.

Quest'ultima era considerata la più potente tra i propri simili e si chiamava Marmell Lingfird. Lei promise a mia madre che avrebbe avuto un figlio a patto che, prima di riprovare a concepirlo, avrebbe bevuto una piccola fiala del suo sangue.

Streghe e stregoni, per ragioni sconosciute, non potevano avere avere figli. Erano in via d'estinzione da ormai secoli. Più il tempo passava e più diminuivano.

La condizione era una figlia fuori dal comune.

Gli stregoni erano figli di angeli e demoni, anche se spesso erano schierati dalla parte dei Lightfighters, figli o discendenti di angeli e umani.

Il fatto che questa bambina sarebbe stata "fuori dal comune" era minimizzare le cose: questa bambina avrebbe avuto la magia ma allo stesso tempo avrebbe avuto uno spirito guerriero come ogni discendente, più o meno lontano, degli angeli.

Mia madre accettò la condizione e senza dirne nulla in proposito, chiese aiuto anche all'Arcangelo Michele. Egli accolse la richiesta di mia madre e le disse che potrà avere figli, ma in cambio lui chiese di esserne il padre, nonostante l'imposizione di non avere contatti con i propri figli lightfighters per conto di una severa legge persistente da molti secoli prima.

Decisero di incontrarsi il giorno seguente ma, prima di andare dal potente arcangelo, Taylor bevette la fiala datale dalla strega.

Non voleva solo una figlia fuori dal comune.

Voleva una figlia forte ed imbattibile. Voleva una figlia indistruttibile, da temere per la sua potenza. Voleva che sua figlia avesse il titolo di lightfighter più brillante per la sua età. Voleva che fosse la migliore.

Voleva la perfezione, e così sarà ma la perfezione non esiste.

Troppo tenace, troppo ambiziosa, un po' esibizionista... sono tutte delle qualità che fanno parte di me e sono state in grado di portarmi a braccetto verso la rovina, non solo mia ma anche di tutto ciò che amo.

Da tutte queste unioni nacqui io, una bambina il cui sangue era per lo più angelico, circa l'80%. La percentuale restante era suddivisa in modo equo tra sangue umano e demoniaco.

Quella piccola percentuale di sangue angelico bastava a rendermi una fragile mortale. Bastava a farmi provare ogni tipo di emozione: dall'amore all'odio, dalla felicità alla tristezza, da un senso di pace interiore ad una sete di vendetta insaziabile.

Un angelo mancato, ecco cos'ero per colpa di quelle piccole percentuali differenti. La cosa però non mi dispiaceva. Dopotutto, tutti sanno che i demoni sono angeli caduti.

Posso definirmi un demone grazie al mio carattere. Sono astuta e spietata quanto uno di essi, anche se quest'ultimo difetto è dovuto ad una serie di eventi spregevoli della mia vita.

Agisco d'impulso e l'ho sempre fatto, fin da quando ne ho memoria. Non ho pazienza e in effetti si dice che la tolleranza non sia il punto forte degli angeli. Sono dei guerrieri e forse è proprio la loro discendenza che rende noi lightfighter dei soldati perfetti.

Ero un misto. Nemmeno io sapevo cosa fossi con l'esattezza e ancora adesso è così.

Quello che credevo fosse mio padre, Byron, morì in un incidente stradale poco prima della mia nascita e mia madre morì subito dopo avermi dato alla luce.

Ero cresciuta con mio nonno e, nonostante le discendenze anglosassoni, adesso vivevamo in Italia. Avevo vissuto fino all'età di otto anni a Londra e dopo di che ci eravamo trasferiti a Torino per ragioni lavorative, dato che comunque era giovane. Con il tempo avevo un po' perso l'accento inglese nel parlare italiano e piano piano, avevo iniziato a parlare con quello locale.

Mio nonno non sapeva nulla del mondo lucente e fino a pochissimo tempo fa, nemmeno io pot voi immaginare cosa fosse.

Mi sentivo diversa dai miei coetanei o da chiunque mi passasse affianco. Mi sembrava di percepire ogni cosa: dal rumore minimo ad una voce che urlava a cinquanta metri distanza rispetto a me durante un concerto, dal verso di un animale a quello di un insetto. Mi sembrava di vedere il mondo in un modo diverso, più limpido.

A volte mi era sembrato di vedere scene impossibili ma credevo che fosse soltanto uno scherzo della mia immaginazione. Ormai avevo imparato che nulla è davvero impossibile e questa frase era diventato ormai il mio motto di vita.
A volte mi capitava di guardarmi allo specchio, soprattutto quando ero più arrabbiata o nervosa, e notare dei piccoli scintillii dorati nei miei occhi. Pensavo che fosse per colpa della luce oppure che fosse un illusione ottica.

Non era mai stato così.

Quanto avrei voluto che lo fosse...

The Hidden AngelTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang