È un po' come alienarsi, chiudere gli occhi e ritrovarsi intrappolata tra le costole, palpare la carne cruda, morderla, e non sentire nulla. Un grande buco nero in cui nuotare, affogare, senza alcuna via di uscita, con un grande riflettore puntato sul petto, increscente, disordinato. Come guidare una macchina a 200 km/h, senza cintura, con la musica della radio al massimo, con le orecchie ormai frastornate, e non sapere quando ci sarà la prossima curva, se mai ci si potrà fermare in tempo. È un carpe diem costante, senza momenti da vivere, ma solo quantità di tempo proporzionate alla stregua di una collisione. Non so quando potrò rallentare il ritmo, se l'ho già perso. Vivo rattoppata in un mondo parallelo alle mie preoccupazione, e ogni tranquillità assume forme mostruose. Quando chiudo gli occhi, anche solo per un momento, sento il cuore affondarmi nella paranoia, i pensieri scorrono veloci e non c'è nulla che possa fare per rallentarli, cambiarli, rimangono lì, a divorarmi dall'interno. Le persone parlano, io ridacchio, ma poi il tempo si ferma, e mi vedo là, in mezzo a quelle persone, che mi diverto, che gioisco, e guardando in basso mi trovo vuota, priva, smarrita. Ho raggiunto varie destinazioni nella mia vita e in un anno ho fatto tanto, così tanto che non penso riuscirò mai a fare qualcosa di simile, ma adesso che il mondo è sottosopra e tutto gira all'incontrario, combatto la forza di gravitá e mi lascio trascinare a fondo. Chissà dove andrò, chissà se ci arriverò. Le cose sembrano essere cambiate, come se avessi riaperto gli occhi e vivessi una vita che non è la mia. Bella, divertente, vivibile. E adesso tutta questa felicità mi sta ferendo, come non aveva mai fatto prima. Giro intorno ai traumi di una vita e quando arrivo al fulcro di questo tormentoso labirinto, trovo solo me stesso, rannicchiato sul pavimento, che si chiede quale sia il problema. E qual è? Qual è questo grande problema?
