22 - La dea di Fabian, la squillo di Alex

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Eloise

Avvierei volentieri un processo di beatificazione per Macy.

Nel tempo di un solo mattino è stata capace di organizzarmi un bagaglio e di spedirmelo dal Dassex fino al castello di Comendeen.

Un chicchessia vescovo o cardinale dovrebbe fare qualcosa. O dovrei essere io a segnalare la questione direttamente a Roma?

Non saprei.

E mentre continuo a chiedermi come muovermi per far assurgere alla Gloria dei Cieli una persona ancora in vita, tocco la cerniera e schiudo l'intera valigia, che sosta distesa su una panca in ottone della mia stanza.

Dall'interno sollevo alcuni capi di vestiario piegati con cura. Sanno di margherite di campo, o meglio del classico profumo di bucato che aleggia in casa Brown quasi ogni giorno. Il vestito in lanetta bianca, il cardigan di ciniglia, i jeans slavati con le perle sulle tasche. Tutto perfetto. Non ha sbagliato un colpo.

In un scomparto si nasconde una bustina che contiene i miei costumi da bagno. Per non parlare della sezione della biancheria, suddivisa per cambi in base a quanti giorni mi intratterrò qui. Più alcuni di riserva.

Dobbiamo passare alla canonizzazione, mi sa.

Ci sono degli assorbenti, anche se ho un ritardo. Ma non interni. Dentro non infilo niente. È il retaggio di una bazzecola che mi ha raccontato mamma sin dal menarca, purtroppo, ovvero che sverginarsi da sole è facile. Ha impedito che facessi equitazione e, indirettamente, ha influenzato anche la mia masturbazione, accidenti a lei.

Mi sono appena docciata, i vapori dell'acqua calda mischiata ai sali da bagno al cedro divampano ancora dalla pelle. Mi avvolgo in un asciugamano in microfibra molto morbido e attendo solo un po' prima di cospargermi di crema idratante, vestirmi e scendere al piano inferiore per fare colazione con Benneth, Charlotte, Fabian e Alex.

Alex.

Non so quale sarà l'atteggiamento che mi riserverà oggi. Potrebbe essersi svegliato con la luna storta, non lo escludo, nutrendo persino il desiderio di massacrarmi. In fondo, è il ragazzo delle incognite ed è ormai risaputo che si approccia a me in modalità sempre diversificate.

Basta rivangare quanto accaduto ieri sera, al ballo: mi ha salvato dalle smidollate, abbiamo ballato insieme. Poi siamo fuggiti in biblioteca e mi ha chiesto scusa per la sua indole da John Cena. Da qui un caos pandemico: ha tradito i Colbain per mettermi in guardia, eppure ha affermato che avvicinarci è deleterio; ha declinato un bacio con la raffinatezza di una dama, ma ha afferrato i miei fianchi tramite una presa prepotente, suggerendomi di non dirgli dove fosse l'apertura dell'abito. Una sorta di invito implicito a dirglielo, credo.

Chi lo capisce è bravo.
Ma ci vuole uno bravo, bravo, bravo.

Mi scappa la risatina, però.
Pensarlo mi diverte. Non riesco a trovare un motivo sensato. Forse perché è davvero un matto da legare e io, sotto sotto, non sentendomi così tanto normale, trovo in lui un mio simile.

Ritornando a ieri, le stranezze si sono triplicate in seguito: le luci si sono riaccese e con esse è tornata la sua indifferenza. Per il resto della serata l'ho cercato a suon di sguardi. Manovra inutile perché non li ha ricambiati. Ho ballato con Fabian, con il re; lui – solo dopo sfiancanti inviti – con Emma e Charlotte. Al taglio della torta mi ha sorriso impercettibilmente per un'espressione buffa che gli ho dedicato. E basta. Stop. Null'altro.

Io sono regina  Where stories live. Discover now