capitolo 2

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A svegliarmi è il suono di un clacson; lo sento così vicino che per un momento sembra quasi che l'auto dal quale proviene si trovi qui, nella camera da letto di zia Elaine. Mi passo in fretta una mano sul viso, quasi a cancellare lo stupido pensiero appena avuto; le coperte me le scosto di dosso in fretta, rabbrividendo al contatto freddo del suolo posandovi i piedi scalzi.

L'orologio segna le otto e trenta e tutto continua a sembrarmi strano. Non ho recuperato del tutto il sonno, così come la stanchezza ancorata addosso non ne vuole sapere di abbandonare il mio corpo. Mi massaggio persino il collo come se potesse servire a qualcosa, poi apro le tende della finestra; il panorama al di là dei vetri mi mostra qualcosa di sfocato come se ci fosse della nebbia nell'aria. Spero solamente che il sole si palesi presto.

Il getto della doccia risveglia le tubature sopra la mia testa, ma l'acqua calda impiega qualche istante ad arrivare; il vapore che si crea si deposita puntuale sullo specchio sfumando il riflesso di me stessa. I vestiti mi scivolano lentamente di dosso finendo al suolo. La sensazione dell'acqua calda risveglia tutti i sensi e la pelle d'oca pian piano scompare, tanto che alla fine mi sfugge persino un respiro di sollievo.

Resto sotto la doccia per un tempo così indefinito che l'acqua si raffredda quasi di colpo e devo chiudere il getto in fretta prima che arrivi quella gelata; la mano sullo specchio la passo velocemente, notando gli occhi leggermente contornati di nero per il mascara che non ho del tutto struccato dalla sera prima.

Solo una volta in cucina, vestita e con i capelli ancora caldi per l'aria del phon, mi rendo conto che in casa non c'è assolutamente nulla che sia per colazione, pranzo o cena. Non ho idea di dove andare.

L'iPhone giace nello stesso punto del giorno prima e accendendolo trovo subito due messaggi da parte di Matt. Le sue parole sono confuse e sembra persino infuriato. Compongo il suo numero in fretta sperando che risponda velocemente; sono solo un paio gli squilli che restano sospesi tra di noi prima che la sua voce appaia cristallina.

«Mia?» Sembra confuso e sento il cuore stringersi in una morsa quasi dolorosa. «Mia!» Il tono cambia quando si rende effettivamente conto che sì, sta parlando con la diretta interessata.

«Ciao.» Mormoro in risposta e cautamente.

«Ma dove diavolo sei finita?» Non me lo chiede con lo stesso tono di Evan, però sono ben consapevole che la conversazione sarà una replica esatta di quella avuta con mio fratello. «Sono passato a casa tua e non c'eri, poi mi hai scritto quel messaggio. Che succede? Perché Evan...»

«Matt» alzo la voce per sovrastare la sua così che smetta di parlare e mi ascolti. «Sto bene.»

«Dove sei?»

«A Londra.» Il silenzio che segue questa volta non mi fa venire dubbi sulla possibile interruzione della linea.

«Londra?» Matt lo ripete come se volesse essere sicuro di aver capito alla perfezione. «E cosa ci fai a Londra? Perché sei lì? Mia...»

«Matt, ti supplico: limita le domande.» Lo interrompo di nuovo perché la conversazione non sta prendendo la piega che voglio.

«Limitare le domande?» Riesco a immaginare la sua espressione. «Sei dall'altra parte del mondo senza che io sapessi niente. Ho passato ore a cercarti, stavo per denunciare la sua scomparsa. Perché hai un cazzo di telefono se poi non lo usi?»

«Non potevo dirtelo Matt, mi dispiace.»

«Non potevi?»

«No o non mi troverei qui adesso.»

«Questo mi sembra fin troppo chiaro» borbotta. «Non saresti dall'altra parte del mondo, è l'unica cosa della quale sono perfettamente certo.»

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