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"Credo che ci divertiremo molto assieme.. ma che cazzo ??
Non so se hai capito ma quello vuole rovinarmi la vita.
Sono finito!
Non c'è nulla da fare, amici, famiglia, vi ho voluto bene"
Recitai teatralmente davanti a Chang, la quale scoppiò immediatamente a ridere.
:" tesoro calmati, vedrai che non ti farà nulla, si sarà già dimenticato non ti preoccupare"

La guardai negli occhi e poi sbattei la testa sul tavolo di legno al quale eravamo seduti facendola ridere di nuovo.

Eppure una parte di me non riusciva a stare tranquilla, non avevo smesso di pensare a lui nemmeno per un attimo da quando lo avevo visto la sera prima.
Mi era rimasto impresso, come un timbro sulla pelle dal quale non riuscivo a liberarmi, non importa quanto sapone usassi .

Eppure era davvero irritante il modo in cui mi aveva trattato. Mi infastidiva il suo comportamento ma più di tutti odiavo il non riuscire a pensare ad altro.
Mi irritava nel profondo.

:"Jimin " disse Chang passandomi una mano tra i capelli biondi " so cos'ho detto ieri su di lui, ma non è cattivo. Adesso sparisci da qui prima che arrivi Sun e decida di farti fare altri turni"

»»————- ★ ————-««

Il cellulare squillò per l'ennesima volta da quando ero arrivato.
Guardai lo schermo:
Papà

Adesso stava proprio esagerando, sedici chiamate perse in due giorni.
Era completamente impazzito o cosa?

Mi ci aveva mandato lui in questo posto sperduto a due ore di macchina dalla mia vita.
Se voleva sapere come stavo allora avrebbe dovuto alzare il culo dal suo studio di Seoul e venire ad accertarsene di persona.

Eccola lì , di nuovo, la rabbia che mi faceva formicolare le mani, che mi bendava quando più le faceva comodo, la rabbia alla quale da un po' di tempo avevo scelto di abbandonarmi.

Ero arrivato a non sopportare più il dolore, ero stanco di stare male. Soprattutto perché sembravo l'unico.

Così avevo deciso che avrei tratto vantaggio dal dolore che mi toglieva io respiro trasformandolo in qualcosa dal quale potevo attingere.
Rabbia.

Ma ogni volta che lo facevo, sentivo di perdere una parte di me, un piccolo pezzetto del mio essere che scompariva, si perdeva e non avevo idea di come riportarlo al proprio posto.

Quando stavo male tutti mi dicevano che le cose sarebbero andate meglio, che il tempo avrebbe guarnito tutte le ferite.

Non è vero un cazzo.
Il dolore non se ne va mai, puoi solo abituarti ad esso, ci convivi, fino a considerarlo normale.

È così arrivi ad autoconvincerti che non stai più male, che adesso è tutto passato.
Arrivi a pensare che sia quella la quotidianità.
Ma non è così.

In questo modo ti sei solo sepolto, il vero te è intrappolato sotto la matassa di e sentimenti che non vuoi affrontare o districare perché non ne hai più la forza.

Ero stato infelice per troppo tempo, adesso volevo che qualcuno pagasse. Non mi importava chi.

Fortunatamente qualcuno bussò alla porta della mia stanza distraendomi da quei cupi pensieri.

:" Avanti " pronunciai seccato.
Non c'era mai un attimo di pace.

Sun entrò poco dopo senza tanti complimenti
:" il pranzo è pronto, se vuole accomodarsi al piano di sotto lo serviremo " disse l'uomo col naso più lungo che avessi mai visto.

Let me be the promise that you keep Where stories live. Discover now