Capitolo 13

2.2K 129 35
                                    


Lexa era appena uscita dall'ufficio della Senatrice, aveva sentito quel sussurro appena accennato e le sembrava di impazzire. Quelle poche parole le stavano facendo crescere un senso di frustrazione che non riusciva più a gestire. L'aveva ringraziata, Clarke le aveva detto grazie, in modo sincero, senza nessuno rammarico, senza nessuna remora, non le era saltata alla gola per averla ferita e non aveva minimamente accennato al fatto che la sua ex fosse in fin di vita per colpa di quel maniaco. Oltre ad averle sparato, non era riuscita ad impedire alla Senatrice di provare un'esperienza così traumatica, come quella di veder la propria ex in un bagno di sangue. Era tutta colpa sua e quelle poche parole, appena accennate di Clarke, non facevano che alimentare questo senso di inadeguatezza che sentiva ogni volta che incrociava il suo sguardo.

Solo dopo essersi rimproverata più e più volte, riuscì a concentrarsi di nuovo sul lavoro, non aveva tempo da perdere, non poteva crogiolarsi nei sensi di colpa, aveva un compito e lo doveva svolgere. Avrebbe reso Villa Griffin una fortezza inespugnabile. Non ci volle molto a partorire un protocollo di sicurezza degno di quel nome, così chiamò a rapporto Lincoln ed Octavia ed impartì loro le direttive.

Erano già successi troppi 'incidenti' spiacevoli e, questa volta, l'agente Woods non si sarebbe fatta sorprendere... da niente e da nessuno.

Il suo ragionamento non faceva una piega, ma in tutta la sua equazione non aveva considerato un fattore: Clarke e quello che avrebbe detto alla conferenza... ma era solo questione di tempo e lo avrebbe scoperto, come la maggior parte del popolo americano.

*****

Sia i giornalisti delle maggiori testate che la TV nazionale si erano precipitati in un lampo, quando avevano ricevuto l'invito del Capo Staff della Senatrice Griffin a partecipare ad una conferenza stampa straordinaria. Ovviamente, tutti i presenti erano a caccia di uno scoop, avevano da poco archiviato l'incidente sulle colline di Sacramento e adesso si erano buttati a capofitto su cosa fosse realmente successo al Red Club la sera precedente. Erano delle sanguisughe come era solita chiamarli Clarke tuttavia, per lanciare il suo appello, ne aveva bisogno.

La Senatrice era più di mezzora che stava facendo il solco nella sua camera da letto, aspettando con impazienza che fosse tutto pronto e che Lexa la venisse a prendere come da protocollo. Solo pensare a lei la fece vacillare, per un attimo la sua determinazione scomparve, lasciando posto al timore, ma si riprese subito, non appena riuscì ad incrociare lo sguardo intenso dell'agente che, dopo un leggero bussare alla porta, varco la soglia della sua stanza.

Per un attimo, che a Clarke sembrò infinito, si persero l'una nell'altra in un momento solo loro. Poi la radio ad onde corte, che Lexa portava in cintura, emise un bip seguito dalla voce di Anya.

"Lex, qui è tutto pronto... passo!", disse riportando alla realtà l'agente.

La Woods afferrò il dispositivo e senza mai perdere il contatto visivo con la politicante rispose.

"Scendiamo subito... passo e chiudo".

Agganciò la radio in cintura e con un gesto della mano fece segno a Clarke che era ora di andare.

La Griffin avanzò fino a raggiungere l'agente che era rimasta ferma sulla soglia. Quando fu ad un solo passo da lei, quest'ultima fece per girarle le spalle e farle strada ma Clarke, con un movimento repentino, le prese la mano ed intrecciò le dita con le sue, provocando in Lexa una scarica che quasi la paralizzò.

"Io mi fido di te... Lexa...", sussurrò avvicinandosi ancora di un passo.

"Tu fidati di me...", aggiunse stringendo la sua mano per enfatizzare le sue parole prima di lasciargliela.

The BodyguardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora