Capitolo 20

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Dal capitolo precedente:

Dopo qualche minuto di fuga verso un rifugio sicuro, la Woods si accorse che due macchine le stavano seguendo.

"An, Lincoln, mi ricevete?", provò a contattare i suoi agenti.

Riprovò un altro paio di volte, ma sembrava che il segnale fosse disturbato. Afferrò il cellulare e anche quello era fuori uso.

"Ma che cazzo...", imprecò accorgendosi subito che quell'affermazione aveva messo in allerta Clarke.

"Reggiti forte e sta giù", le disse perentoria prima di accelerare ancora.

*****

Le strade di Sacramento furono messe letteralmente a soqquadro da Lexa e le due macchine che stavano inseguendo lei e la Senatrice. Gli inseguitori erano tenaci e sembrava che qualunque strada prendesse la Woods non li cogliesse di sorpresa o impreparati, quasi avessero qualcuno dall'alto che li tenesse aggiornati su ogni singola mossa che escogitava l'agente per poterli seminare, magari perdevano terreno, ma dopo poco se li ritrovava alle calcagna.

La ricetrasmittente e il cellulare erano ancora fuori uso, quindi avrebbe dovuto cavarsela da sola. Non era certo la prima volta ma quella situazione era completamente differente dalle altre, il suo target era la donna che amava e non poteva commettere nessun errore, non se lo sarebbe mai perdonato, in poco tempo era diventata la persona più importante della sua vita e avrebbe fatto di tutto per proteggerla.

Le due macchine inseguitrici cercarono di spingerla fuori strada, ma l'agente era un pilota esperto e cercò di rendere loro la stessa cortesia. Udì degli spari, vide chiaramente gli inseguitori mirare alle gomme, per fermare la loro corsa.

"STA giù!", urlò a Clarke, la quale scivolò ancora di più verso il basso.

"Adesso voglio proprio vedere se riuscite a starmi appresso...", disse con tono di sfida.

Con una rapida svolta a sinistra, Lexa riuscì a creare una specie d'ingorgo, inducendo l'autista di un camion articolato ad inchiodare per evitare l'impatto. Il rimorchio capottò e la motrice non fu da meno. Gli inseguitori furono costretti a fermarsi, ostacolati dal mezzo pesante che bloccava l'intera careggiata.

Lo sguardo dell'agente rimase attaccato allo specchietto per un attimo, giusto il tempo di tirare il fiato e vedere che la sua manovra aveva dato i suoi frutti. Senza indugiare troppo accelerò di nuovo e prese una strada secondaria che avrebbe portato lei e la Senatrice sulle colline. Doveva far perdere le loro tracce e trovare un nascondiglio sicuro. Aveva di nuovo provato a contattare Anya e Lincoln, ma la ricetrasmittente e il cellulare sembravano non dare segni di vita. Imprecò mentalmente buttando un occhio su Clarke. Il suo corpo tremava come una foglia, la paura sembrava non averla abbondonata nemmeno per un secondo. Afferrò la sua mano e, con una piccola stretta confortante, intrecciò le dita inducendo la Senatrice a guardarla negli occhi.

"Andrà tutto bene, Clarke", le disse aumentando di poco la stretta.

Clarke non emise un fiato, si limitò ad annuire abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate. Quel semplice tocco aveva il potere di tranquillizzarla in modo completo, totale, come se in quel momento non fossero inseguite da degli assassini pronti ad ucciderle, ma come se fossero uscite insieme per il loro primo appuntamento, cosa che – tra parentesi – non era ancora successa e visto la situazione aveva il forte sospetto non sarebbe mai accaduta. Negò con la testa fissando di nuovo lo sguardo su Lexa, la quale aveva riportato gli occhi sulla strada.

"Lo so... mi fido di te...", si ritrovò a mormorare. Ed era vero, si fidava ciecamente di Lexa più di chiunque altro.

L'agente le sorrise in modo sincero guardandola velocemente, prima di tornare concentrata sulla guida. Quella zona la conosceva molto bene e non sarebbe stato difficile trovare un nascondiglio per far perdere le loro tracce. Purtroppo, però, non aveva fatto i conti con i colpi sparati durante l'inseguimento, infatti, la macchina iniziò a perdere velocità mentre del fumo usciva dal cofano.

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