Prologo

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"La miglior filosofia consiste
nel giudicare il mondo conciliando
un gaio sarcasmo
con un disprezzo indulgente."

Nicolas Chamfort

Ci sono dei momenti nella vita in cui sei in bilico tra il conato di vomito ed una risata. Questo momento è uno di questi. Rebecca mi ha pregato di stare un po' con lei in questo ultimo afoso giorno d'estate. Non avrei mai accettato se non avesse fatto gli occhioni dolci a cui non riesco a dire di no, soprattutto in vista dei suoi programmi per il pomeriggio.

Il sole che tramonta proietta la sua luce rossastra attraverso la persiana della camera rosa di Becky, non c'è un filo d'aria e mi sento soffocare. Vorrei cambiarmi mettendomi il pigiama, ma sono troppo pigra per alzarmi dal letto.

Cerco di distrarmi in tutti i modi possibili, dal giocare con i mille ciondoli che ho al collo, all'arricciarmi i capelli con l'indice anellato. Provo anche a ricordarmi l'orario provvisorio del primo giorno di scuola, anche se non mi serve perché ho già riempito la borsa con i libri nuovi stamattina. E comunque, purtroppo le mie orecchie non sono immuni a questo strazio.

"Perché non vuoi capire, Jessie?", il belloccio le prende la mano e se la mette sul petto. La buffa espressione confusa di lei la rende talmente ridicola da farmi uscire una risatina che mia sorella zittisce con un cuscino.

"Non capisci che per me sei sempre stata l'unica? Da quel momento in mensa, dove hai saputo tenermi testa, non ho fatto altro che attirare la tua attenzione", si dichiara.

"Non è possibile, io e te ci odiamo...", sospira la ragazza con gli occhi sgranati.

"L'odio è l'altra faccia della medaglia", ribatte lui.
"Medaglia di cosa?", continua lei. Oh, ma dai, è stupida. Ma chi cazzo ha scritto questo copione?

"La medaglia dell'amore", prova ad accenderle la lampadina con una frasetta del cazzo. Alla falsissima espressione di lei che tenta di emulare una sorpresa che non esiste, sbotto in un attacco di isteria.

"Ma dai, per favore! Ma perché ti ostini a guardare queste cagate?!", urlo a mia sorella che si sta asciugando una lacrima.
"Non capiresti mai, Bianca, tu sei troppo poco romantica", mi rimprovera.

"No, sono realista, cazzo! Piangi su una mera finzione totalmente surreale", la rimbecco velenosa.
Lei mi guarda come probabilmente io guarderei un alieno.

"Pensaci, Becky. Per favore. A scuola ti ritrovi un nuovo alunno talmente figo da poter fare il fotomodello... e poi? Che fai? Lo tratti di merda perché vuoi far vedere al mondo quanto sei emancipata e femminista? No!", sbotto.

"Se è quello che serve per farlo innamorare di me...", ci pensa su. Io alzo gli occhi al cielo.
"Prendi Alessandro, per esempio. Quello del quinto B, quello che se la tira come se avesse il cazzo d'oro", provo a spiegarle.

"Si chiama Alejandro, ha origini spagnole", mi corregge. Come se lei sapesse dove si trova la Spagna. Sbuffo mettendomi una mano sulla fronte.

"Chi se ne frega di come si chiama, il punto è che uno così non lo prenderesti mai a parolacce per attirare la sua attenzione!", muovo le mani davanti lo schermo del computer per farle capire quanto sia sciocco nutrire la sua mente con queste cavolate.

Lei fa finta di pensarci su prendendosi il mento con le manine curate. Arriccia la bocca rosa emettendo gemiti di approvazione. Quando sono quasi sicura di averla convinta, fa una risatina.
"Forse è bello proprio perché è surreale, tipo un sogno", mi osserva con quegli occhioni da cerbiatta. Provo a ribattere, ma mi ferma.

"Anche Harry Potter è finzione, eppure ti piace", continua. Touché, sorellina.
"Harry Potter è un fantasy, non puoi paragonarlo ad un teen drama con budget basso da spavento", la rimprovero con un dito alzato. Lei sorride, perché sa di aver vinto. Non stava attaccando Harry Potter, ma la sottoscritta.

Vivi e lascia vivere. Anche se non ti piace, non vuol dire che non possa piacere.

Posso solo immaginare i suoi pensieri che cantano vittoria dopo un dibattito così. Quindi, sconfitta, mi chiudo a riccio, incrociando le braccia al petto e aggrottando le sopracciglia.

"Vieni, andiamo a farci un tè", mi porge la mano. Vorrei odiare questa bellissima copia di me stessa con tutto il cuore, invece con tutto il cuore la amo.
"Che schifo il tè, io mi faccio il caffè", borbotto, appoggiando però il palmo sopra al suo.

Osservo Becky che beve la sua tisana dietetica e mastica una barretta ai cereali. Si muove sempre con lentezza e grazia, mi fa venire i nervi a fior di pelle. Come può essere sempre così perfetta?

"Hai già trovato un nome al tuo manuale, Bibi?", chiede. Mi ridesto dall'invidia benevola che provo verso di lei e le faccio un sorriso.
"Ancora no, sinceramente", affermo girandomi gli anelli alle dita.

Il progetto del manuale era iniziato l'anno precedente con il mio professore di letteratura. Il professor Lippi, infatti, aveva notato quante cose avrei voluto denunciare attraverso i saggi che ci assegnava nel weekend e mi aveva proposto di parlare del mio argomento più caro tramite libro.

Un libro sul bullismo, un altro. Però questa volta sarebbe stato utile. Non sarebbe stato rivolto ai bulli o coloro inclini a sovrastare il prossimo, sperando in una presa di coscienza. No. Sarebbe stato un manuale su come rispondere ai bulli. Un manuale per i più deboli, per le vittime, affinché riuscissero a tirare fuori la voce per non essere troneggiati da poveri imbecilli complessati.

"Capisco", mi risponde prendendo un altro sorso del suo intruglio insapore. Continuo ad osservarla. I suoi lunghi capelli lisci sono tenuti perfettamente in un coda alta e non posso fare a meno di fare il confronto con i miei che, oltre ad essere più corti, sono talmente sfibrati da sembrare ricci. Eppure dovremmo avere gli stessi capelli, no?

Sul trucco impeccabile non posso dire nulla. Non ho mai avuto l'intenzione di svegliarmi prima per mettere una striscia di matita sopra le palpebre. Una volta avevo provato a truccarmi per una festa... ma l'effetto non era stato per niente simile a quello di Becky, anzi. Sembravo Moira Orfei. Dopo un incidente.

E poi quella tuta rosa confetto, ma dai. Solo a lei può stare bene un colore del genere. Io ho la sua stessa faccia, ma quanto sarei stata ridicola con i suoi vestiti pastello? Mi guardo gli anfibi sdruciti ai piedi e alzo le spalle per darmene atto.

"Cosa c'è Bi? Sei preoccupata per domani?", chiede Becky fissandomi.
"Per il primo giorno di scuola?", scoppio a ridere. Lei fa una buffa espressione, non le piace che le si rida in faccia. Delle due, quella brava a scuola sono sempre stata io. Lei è quella perfetta in tutto il resto.

"No, mi chiedevo come fosse possibile essere me e avere al contempo una gemella figa come te", ammetto sistemandomi meglio gli occhiali sul naso. Becky si mette le mani sul cuore e fa un'espressione degna di una reginetta di bellezza.

Poi si alza, mi raggiunge e mi sussurra: "Arriverà il giorno in cui ti farò diventare una bomba sexy!", e questa mi sembra proprio una minaccia.

Tutto quello che ti direiWhere stories live. Discover now