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PREMESSA

Come per il capitolo precedente, fate finta che parlino in inglese, grazie ^^

-Paolo...- mormorò Luther.

Il ragazzo si avvicinò alla finestra che si apriva su gran parte di una delle pareti della stanza, esattamente sul lato opposto rispetto quello in cui si trovava l'uomo: avrebbe voluto poter mettere la maggior distanza possibile tra di loro ma, anche se si trovavano all'interno di una suite, Paolo iniziò ugualmente a sentirsi soffocare, sentendosi prigioniero come un leone in gabbia.

La voglia di scappare si fece sempre più prorompente: iniziò a percepire l'ansia montargli in petto rendendogli corti i respiri. Se Luther si fosse spostato di qualche passo verso il letto, Paolo avrebbe potuto tentare di fuggire attraverso l'unica via di fuga da quella stanza, in quel momento ostruita dal corpo dell'uomo.

Ma Luther sembrava essere consapevole delle intenzioni del ragazzo e non si mosse di un millimetro:
-Amore, per favore, vai dallo zio Sam che io e Paolo dobbiamo parlare di una cosa- disse poco dopo rivolgendosi alla figlia.

Vittoria si alzò dal pavimento ed aggrottò la fronte:
-No!- urlò e corse a nascondersi tra le gambe di Paolo. Il ragazzo sgranò gli occhi sorpreso e tentò di allontanarla da sé, ma la bambina si strinse maggiormente alla stoffa del pigiama, come se stesse cercando di incollarsi ad una sua gamba.

-Lasciami!- sbraitò il ragazzo spingendola in malo modo. Vittoria si scostò da lui di un paio di passi guardandolo spaesata e spaventata dal suo comportamento.

Paolo percepì il senso di colpa irrigidirgli i muscoli e renderlo tentennante nei movimenti: gli occhi di Vittoria si riempirono di lacrime e corse a rifugiarsi dal padre nascondendosi dietro di lui.

Luther sospirò tristemente e prese la figlia in braccio e la piccola nascose il viso nell'incavo del collo del padre.

-Mi dispiace che tu abbia dovuto scoprire tutto questo così, però...-
-Sì, lo so- lo interruppe Paolo: -Vittoria non c'entra nulla e, probabilmente, neanche tu. Resta di fatto che mio padre mi ha scaricato per voi-

-Non è così, Paolo...-
-Sì, invece! Altrimenti non mi avrebbe detto chiaro e tondo di non volermi tra i piedi qui-

Luther aggrottò la fronte:
-Di che stai parlando?- gli domandò ed il giovane si strinse nelle spalle prima di incrociare le braccia sul petto.

Paolo fece vagare lo sguardo ovunque intorno a sé, nella speranza di trovare una valida scusa per non dover guardare in viso l'altro.

Tutto sembrava avere un fascino immenso intorno a lui: il letto enorme, le lenzuola stropicciate che scivolavano da un lato, le pareti della stanza dipinte di un delicato colore che ricordava da vicino quello del cielo riflesso in riva al mare; il grande armadio alla sua destra decorato con delicati motivi floreali e finanche il lampadario stracolmo di luminosi frammenti di vetro a forma di goccia i cui bracci si aprivano elegantemente verso l'esterno come petali di un fiore.

-Paolo... guardami, per favore- mormorò Luther ed il ragazzo scosse la testa iniziando a mordersi l'interno di una guancia. Si obbligò a distogliere la propria attenzione dal lampadario trovandosi a battere le palpebre e vedere i suoi occhi riempirsi sotto le palpebre di piccoli lampi colorati.

Tenne gli occhi chiusi per qualche secondo prima di riaprirli e si ritrovò a fissare il volto di Luther cosparso dagli stessi bagliori colorati: batté le palpebre un paio di volte e quelli, poco alla volta, scomparvero.

-Davvero ti ha detto di non volerti qui?- gli chiese l'uomo e Paolo si trovò a lasciarsi andare ad una risata amara:
-Certo, capisco che voi tutti siate abituati a mentire come se foste dei campioni a livello agonistico di questo "sport", ma io non ho intenzione di seguire le orme di mio padre da questo punto di vista. È difficile da accettare, ma non riesco a dire bugie-

Luther contrasse la mascella:
-Non ti ho mentito...-
-Ma hai tenuto per te un bel po' di cose- lo interruppe Paolo sedendosi sul davanzale della finestra alle sue spalle:
-Potresti alzarti da lì? Siamo abbastanza alti e non mi piace vederti correre certi rischi- disse Luther e Paolo tornò a ridere.

-Sul serio? Dopo tutto quello che avete combinato... cos'è? Hai paura che mi butti di sotto? Allora, non hai la coscienza totalmente pulita come volevi far credere al tuo amico poco fa. Piuttosto, che fine ha fatto?-

-Non vuole immischiarsi in questa nostra conversazione. È una cosa che riguarda me, te e tuo padre-
-Oh... no. Riguarda solo te e mio padre, dato che mi avete accuratamente tenuto fuori dal vostro piccolo mondo-

Luther sbuffò frustato e fece scendere Vittoria sul pavimento, la bambina protestò un po', ma senza più piangere.

-Sono anni che tuo padre tenta di rimediare a questo suo errore: non ne ha mai avuto il coraggio. Si è sempre nascosto, sin da quando è scappato da qui...-
-Appunto!- urlò Paolo: -Perché ha continuato a mentire sposando mia madre?-
-Queste sono cose di cui dovrà parlarti lui-
-Assurdo... tu sembri sapere tutto ed io, che sono suo figlio, che sono stato cresciuto da lui... oggi scopro di aver avuto accanto un completo sconosciuto-

-Tuo padre ti vuole bene, Paolo-
-Ah... ma davvero? No, perché io credo di non aver mai avuto un padre-
-Adesso stai esagerando!- tuonò Luther e Vittoria tremò contro la gamba del padre spaventata da quella sua reazione così distante dai modi di fare che erano soliti dell'uomo.

-Davvero? Come ha mentito per tutto questo e per tanti anni, può benissimo averlo fatto per ogni altra cosa, pure per l'affetto che sosteneva di nutrire per me-
-Adesso stai esagerando. Tuo padre ti vuole molto bene. Se ti ha mentito in tutti questi anni su cose che riguardavano solo lui, non devi dare per scontato che stesse anche fingendo il suo affetto per te-

Paolo si strinse nelle spalle: non riusciva a credergli.

Davvero, avrebbe voluto: di tutta quella storia, ciò che più lo faceva soffrire, era la consapevolezza di essere stato tagliato fuori dalla vita di suo padre. Non la sua presunta omosessualità, di quella non gli importava affatto, così come non si sentiva tradito dall'aver scoperto che suo padre intratteneva una relazione extra coniugale con un uomo da chissà quanto tempo.

Dopo quello che aveva scoperto, stentava a credere che stessero insieme solo da tre anni così come gli aveva rilevato sua madre.

Ciò che più gli faceva male era temere di non essere stato abbastanza importante per suo padre da permettere all'uomo di fidarsi di lui, di essere sincero con lui.

Temeva che non lo avrebbe accettato?

Come aveva potuto pensare una cosa del genere?

Paolo strinse le labbra in una linea sottile sentendo la rabbia come fargli ribollire il sangue nelle vene: era suo figlio! Era parte di lui, della sua stessa carne.
Avevano condiviso sempre tutto, erano sempre stati complici ed insieme: era consapevole di aver trascurato sua madre delle volte, i suoi amici, tutti coloro che gravitavano intorno a lui come piccoli pianeti, fisicamente presenti, ma distanti anni luce perché aveva sempre preferito suo padre, la compagnia di quest'ultimo a quella di qualsiasi altra persona.

Forse, il loro, era un attaccamento morboso ed insano, forse era sbagliato, ma Paolo aveva sempre vissuto in quel modo il suo rapporto padre-figlio e credeva che, l'altro perno del duo, fosse esattamente come lui.

Invece, no.

Fausto aveva dubitato di lui: anche quando si fosse sentito insicuro per la reazione del figlio di fronte a quella sua più intima verità, ciò non faceva altro che aumentare la consapevolezza del ragazzo di essere stato privato della fiducia di suo padre.

Era questo che lo feriva.

-Davvero? Allora... perché non è qui? Perché ci sei tu e non lui? Perché non mi vuole con sé?-
-Non credere che tuo padre non ti voglia con sé- rispose Luther sospirando: -Comunque... a breve, avrai modo di ottenere le risposte che cerchi: sta venendo qui.-

TWO WEEKSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora