26. Nuove amicizie

214 18 165
                                    

Jamie

Quel sabato mattina di metà ottobre, il tempo a Red Hills sembrava essersi calmato un po'. Un piccolo accenno di sole donava un po' di luce alle solite giornate cupe, il che mi mise leggermente di buon umore. Mi svegliai alle dieci in punto, con il profumo dei pancake che inondava camera mia. Mi stiracchiai sul letto, puntando lo sguardo verso il poster dei Queen che si era leggermente staccato ai lati. Storsi il labbro e mi alzai, notando di come – per qualche strano motivo – camera mia fosse in ordine e splendente. Alzai le spalle e mi avvicinai al poster, cercando senza successo di riattaccarlo per bene alla parete. Sbuffai e mi diressi di sotto, pronto per consumare la mia tanta attesa colazione. Non appena varcai la soglia della cucina, inspirai a pieni polmoni il profumo che alleggiava in quella stanza, per poi fare un enorme sorriso. «Buongiorno, papà.» dissi, beccandomi un'occhiata benevola da parte sua, mentre Becky cercava di acchiappare lo sciroppo d'acero. Rivolsi lo sguardo verso mia madre, che trafficava nervosamente con la padella, creando un rumore assordante. «Buongiorno, mamma.» borbottai, lasciandomi cadere sulla sedia. Lei, con mia somma sorpresa, non rispose. Aggrottai la fronte e mi schiarii la voce, perplesso. «Ehi, mi senti? Buongiorno!» esclamai. Si voltò rabbiosa, lasciando cadere bruscamente due pancake nel mio piatto vuoto e dandomi le spalle, per cuocere gli altri. Sgranai gli occhi, guardando mio padre e sbattendo le palpebre con sguardo meravigliato. «Ma è pazza?» chiesi a bassa voce.

Si girò, battendo le mani sul tavolo e guardandomi negli occhi. «¡Escuchame bien, hijo de puta!» ringhiò.

Indietreggiai leggermente con la sedia, deglutendo. «Perché ti insulti da sola dandomi del figlio di puttana?» domandai, sorpreso.

Mi puntò il mestolo contro, assottigliando lo sguardo. «Io ti ho fatto e io ti distruggo, mi hai capita?» disse con tono di voce molto alto.

Alzai gli occhi al cielo, incrociando le braccia. «Ma che problemi hai? Io non ho fatto niente!» esclamai, confuso.

Annuì, trafficando nella tasca del grembiule. «Ah, ne sei proprio sicuro?» chiese nervosa.

La guardai, annuendo. «Sì! Sai com'è, mi sono appena svegliato!» mi passai una mano sul viso, sconvolto.

Prese una bustina contenente qualcosa, sventolandola. «E questa come la spieghi, eh? ¡Cabròn!» urlò. Spalancai gli occhi, deglutendo. In quel momento, nella mia testa passarono un milione di possibili scuse per scamparmela, ma tutte senza una base solida e credibile. Cose avrei dovuto dirle? Che era di un amico? Che qualcuno me l'aveva appioppata a mia insaputa? Girai lo sguardo verso mio padre, che invece sembrava assolutamente tranquillo e sorseggiava il suo caffè, come se fosse estraneo alla situazione o addirittura alla famiglia. «E tu? Non dici nulla, eh? Dovresti picchiarlo, come minimo! Rinchiuderlo in un centro per tossici!» disse, con tono di voce molto alto.

Mio padre sospirò, scuotendo la testa. «Amore, rilassati. È un po' d'erba, non esagerare.» sussurrò. «Sono ragazzate.» aggiunse dopo, tornando al suo caffè.

«Ragazzate, dici? Tuo figlio è un drogato!» disse nervosa. Scoppiai a ridere, mentre lei si voltò di scatto verso la mia direzione e assottigliò lo sguardo. «Hai pure voglia di prendermi per il culo?»

«Mamma, fumarsi dell'erba ogni tanto non significa che io sia un drogato. Sono ben lungi da essere un tossico dipendente.» borbottai, mangiucchiando il mio pancake.

Mia madre annuì, gettando la bustina d'erba sul tavolo e guardando mio padre. «Quindi niente punizione, Adam?» chiese seria.

Mio padre, con nonchalance, scosse la testa. «Me la fumo anche io, ogni tanto. Non ci vedo nulla di sconvolgente.» ammise, alzando le spalle. Lo guardai, sorpreso, mentre mia madre si passò una mano sul viso.

The ticket of destinyWhere stories live. Discover now