Capitolo 32

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Il viaggio in macchina fu silenzioso, un silenzio pesante rotto solo in apparenza dalla musica che passava in radio. In ogni momento libero, ad ogni semaforo rosso, gli occhi di Jungkook si posavano sulla figura di Yoongi rannicchiata sul sedile, sulle ultime lacrime che si stavano asciugando sulle sue guance pallide e, per quanto desiderasse sapere, capire cosa fosse successo, conscio del fatto che fino a quando non avessero parlato nuovamente l'ultima conversazione avuta alla sua villa sarebbe stata inutile ed avrebbe quindi potuto stargli ancora egoisticamente accanto, non lo sforzò a parlare anche perché durante quei quaranta minuti di macchina gli sembrò per un istante che si fosse addirittura addormentato.

«Yoon? Ehi, piccolo, siamo arrivati.» lo richiamò con dolcezza una volta parcheggiato in cortile, e si disse che lo avrebbe preso in braccio, piuttosto che lasciato barcollare per quei pochi metri che li separavano dalla villa.
Così avrebbe fatto; del resto aveva solo la solita borsa con dentro le poche cose necessarie, ed il castano restava comunque tanto piccolo e fragile che non sarebbe stato un peso, eppure lo vide scendere da solo dall'auto, incamminarsi a passo lento e stentato verso l'ingresso. Avvertì una fitta al cuore ad una vista tanto dolorosa e si affrettò per essergli accanto, mettergli un braccio attorno alla vita, condurlo dentro lasciando che si appoggiasse a lui.

«Adesso bagno caldo, mangiamo e poi nanna? Mh, che ne dici?» propose facendo unire le loro labbra. Quelle di Yoongi erano gelide, nonostante in macchina avesse messo il riscaldamento al massimo. Chissà per quanto tempo era rimasto su quella panchina a piangere, si chiese con preoccupazione, stringendo l'abbraccio come se quel semplice gesto avesse potuto proteggerlo da tutto il male di cui era vittima ogni giorno.

Peccato che il ragazzo più basso fosse di un'altra idea. Cercò di trasformare quel bacio in qualcosa di diverso, qualcosa di spinto, privo degli ormai innegabili sentimenti che li legavano. «Usami.» bisbigliò con voce rotta sulle sue labbra, il respiro pesante. «Usami, Kook, ti prego, usami, non lasciarmi neanche la forza per pensare.» provò a baciarlo di nuovo, ma il corvino posò due dita sulle sue labbra, facendolo desistere all'istante.

«Ci penso io, ma non in quel modo, non stasera. Ti farò stare meglio, ma mi prenderò cura di te.» era stato uno stupido a credere che ciò che era successo in quei giorni non avesse modificato il loro rapporto indefinito.

Era da tanto, tanto tempo che Jungkook non usava più il pianista per del semplice sesso; era da tanto tempo che i sentimenti avevano avuto la meglio sulla lussuria, eppure il corvino era stato in grado di distruggere tutto con una manciata di parole, e si sentiva pure in colpa all'idea che avessero fatto effetto, che avesse perso il suo Yoongi.

«E adesso vieni, andiamo a farci un bagno.» concluse, cercando di allontanare il malessere dal suo animo, malessere che non doveva neanche esistere viste le delicate e fragili condizioni del pianista.

Lo condusse su per le scale, stupito di come, dopo quell'istante di disperazione, il castano fosse tornato silenzioso, inerme, si fosse affidato completamente alle sue premure. Doveva essere disperato, oppure doveva anche lui provare sentimenti di una forza inspiegabile, se aveva davvero accettato di lasciare che fosse lo stesso ragazzo che lo aveva distrutto a prendersi cura di lui.

«Ti va di dirmi che succede?» domandò Jungkook con cautela, a voce bassa, dopo aver aperto l'acqua del rubinetto della vasca, iniziando a togliergli di dosso i primi vestiti, osservando ogni lembo di pelle che scopriva alla ricerca di eventuali segni di violenza del padre.

Il padre di Jimin non era mai arrivato ad essere violento con il biondo perché lui aveva preso a stargli alla larga, non parlandogli neanche quando aveva deciso di andare in un centro di riabilitazione, però spesso il suo hyung gli aveva parlato dei discorsi delle domestiche che riguardavano eccessi di rabbia e bottiglie lanciate contro le pareti. Temeva che in quel caso fosse proprio il ragazzo l'unica valvola di sfogo di quell'uomo e, non avendo ricevuto risposte, poteva solo fare supposizioni e scartarle in quel modo tanto banale.

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