È SOLO UN BRUTTO SOGNO

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É notte.

Le mille stelle che brillano nel cielo e la luna piena la rendono chiara e stupenda, non buia e spaventosa come tutti pensano che sia.

In piedi, sulla riva della spiaggia, aspetto qualcuno. Sono in ansia, guardo ripetutamente l'orologio e più i minuti scorrono, più io mi sento soffocare.

"Emily" urla una voce tremolante, come se avesse timore di me.

Mi giro e, con gli occhi che brillano, la guardo. È lei, come potrei dimenticare la sua voce, i suoi capelli uguali ai miei e i suoi occhi completamente diversi.

"Mamma" le rispondo, con un sorriso che si fa spazio tra il mio viso e lacrime di gioia che solcano le mie guance.

"Fermati!" Non puoi avvicinarti!" dice con voce preoccupata ma allo stesso tempo autoritaria.

Ma io, che mai sono stata capace di ubbidire e che ho sempre agito di testa mia, continuo a correre verso di lei. Arrivata a pochi passi distendo le braccia.

"No, non lo fare!" sono le ultime parole che sento uscire dalla sua bocca prima di abbracciarla.

E, quando penso di aver ritrovato la persona che aspettavo da così tanto tempo, capisco che sono sola, che non c'è nessun altro in questa spiaggia insieme a me, che ho abbracciato il niente.

Le lacrime di gioia che fino a poco prima scendevano dai miei occhi lasciano spazio a lacrime amare di tristezza.

Mi butto a terra.

"Non è possibile!" urlo "Non è possibile!"

Mi sveglio di soprassalto dal letto.

La fronte sudaticcia, le mani che tremano e le guance bagnate, sempre la stessa storia, sempre lo stesso incubo.

E non c'é mai nessuno accanto a me, a sussurarmi di calmarmi, a dirmi che almeno lui non mi abbandonerà; sono sola, sola col mio dolore.

Sposto le coperte e mi alzo.

Mi dirigo in bagno cercando di fare il meno rumore possibile, per non svegliare Rosa e mio padre.

Apro la porta del bagno, che come al solito scricchiola, e subito la richiudo. Giro la manopola del lavandino e mi sciacquo il viso una, due, tre volte fino a quando anche i ricordi di quel brutto sogno sembrano essere sfuocati e lontani.

Torno in camera e, più rilassata di prima, mi infilo di nuovo sotto le coperte.

Chiudo gli occhi.

Passano pochi secondi, ed ecco che il sonno mi avvolge di nuovo, completamente.

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What would I do without your smart mouth?

Drawing me in, and you kicking me out,

Got my head spinning, no kidding,

I can't pin you down.

What's going on that beautiful mind?

I'm on your magical mistery ride

And I'm so dizzy, don't no what hit me,

But I'll be alright.

Le parole di John Legend risuonano nella mia testa. Mi giro e, assonata, spengo la sveglia.

Non ci posso credere, sono già le sette di mattina!” penso tra me e me.

Sbadiglio, non sono più abituata a svegliarmi così presto.

“Forse, però, potrei rimanere ancora sotto queste comode, calde e invitanti coperte a fare un piccolo riposino…”

“No che non puoi, Emily, ti ricordo che oggi è il primo giorno di scuola, non vorrai mica arrivare in ritardo?” mi sgrida la mia coscienza.

“Ma…”

“Niente ma, adesso ti alzi da quel letto e vai dritta in bagno a prepararti!”

 Okey” dico arrendendomi. E’ impossibile parlare con quella vocina, è veramente insopportabile, vuole sempre avere ragione!

"Guarda che ti ho sentita! Però, siccome sono troppo buona, farò uno strappo alla regola e chiuderò un occhio!"

Penso di essere appena diventata matta, ho fatto una conversazione con me stessa, o sbaglio?

Mi alzo e vado in bagno. Adoro le docce di prima mattina, quando sei ancora un po' assonnato e vorresti tornare a letto.

Apro l'acqua e mi ci butto sotto. Forse “buttare” non è il termine giusto ma, d'altronde, mi sono appena svegliata e chi è che usa i “termine giusti” di prima mattina?

L'acqua mi investe, è fredda, troppo fredda ed io rabbrividisco. Giro la manopola dell'acqua calda e sì, adesso è perfetta.

Potrei passare ore, giorni o addirittura anni sotto il getto dell'acqua. Sento i problemi scivolare via da me e con loro tutte le mie preoccupazioni, li vedo passare per lo scarico, diretti per chissà quale mondo. Ed io mi sento libera, rilassata e serena come mai lo sono stata prima di allora.

Ma ,poco dopo, spengo l'acqua e il gelo si impossessa di me che torno ad essere la ragazza con troppi problemi e che si chiude agli altri.

Mi metto l'accapatoio e, arrivata in camera, apro l'armadio.

Senza neanche pensarci decido di indossare i miei pantaloni preferiti (dei jeans chiari con degli strappi sulla coscia e sul ginocchio), una canottiera con delle sfumature blu e celesti, una felpa bianca stretta e le immancabile vans grige chiare.

Guardo l'orologio, le sette e quarantacinque, prendo la cartella, mi precipito giù per le scale e mi imbatto in colei che non avrei voluto vedere, almeno non di prima mattina!

"Buongiorno" dico e, senza aspettare risposta, apro la porta e esco veloce di casa.

Inizio a correre verso la fermata del bus ma, appena la raggiungo, l'autobus mi sfreccia davanti. Tento di far capire all'autista che devo salire ma lui non mi vede e prosegue per la sua strada, ignaro di tutto.

Inizio a camminare verso la scuola, arrabbiata e nervosa, consapevole del fatto che sarei arrivata in ritardo. 

Ad un certo punto inizia piovere.

"Perfetto, ci mancava solo questa, non ho neanche portato l'ombrello!" penso che potrei definirla una delle giornate peggiori della mia vita.

Dopo poco sento suonare un clacson e una macchina si accosta vicino a me, tirando giù il finestrino. 

Alla guida c'è un ragazzo moro, sui diciannove anni, che mi fissa in maniera abbastanza preoccupante.

"E adesso cosa vuole questo?".

Spazio autrice

Scusate l'enorme ritardo ma, purtroppo, quando lo stavo per pubbicare mi si è cancellato e ho dovuto riscriverlo tutto dall'inizio.

Comunque ci ho messo veramente tanto impegno in questo capitolo e spero davvero che vi sia piaciuto.

Votate e commentate, mi servono molto i vostri pareri.

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⏰ Last updated: Jan 01, 2015 ⏰

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