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La sua reazione mi aveva fatto male, ma l'avevo capita poco dopo. Non potevo restituirgli il favore se non avevo niente.

<Nella camera a destra c'è il bagno, ci sono due asciugamani decenti sopra al lavandino e dei vestiti che ti ho comprato stamattina. Non toccare niente altro.>

Le sue parole mi risvegliando dai miei pensieri, quindi mi alzo e dopo essermi inchinata per ringraziarlo sparisco in bagno, girando la chiave nella serratura. Ad essere sincera non mi fido di lui e se proprio devo dirlo, mi spaventa.
Lascio quindi cadere gli stracci che mi vestivano, dopo averli sfilati, e li piego mettendoli a terra. La sensazione dell'acqua calda sulla pelle era tutto quello di cui avevo bisogno.
Emetto un sospiro di piacere nel sentire le gocce scivolarmi addosso, trascinando via anni di sporcizia.
Il mio desiderio di riprendere in mano la mia vita non è mai stato così forte, e anche un gesto minuscolo come questo aiuta.

<Yah, datti una mossa, vuoi consumarmi tutta l'acqua calda?!> sbraita il ragazzo, battendo un pugno sulla porta.

All'inizio non credevo che fosse così, ma ora ho la certezza che quell'uomo mi terrorizza. Cerco quindi di sbrigarmi, e dopo cinque minuti esco dalla doccia. Guardandomi allo specchio stento quasi a riconoscermi, sento le lacrime salire, non ne so il motivo.

Mi avvicino alla pila di vestiti che lui mi aveva comprato: della biancheria intima, una felpa calda, dei pantaloni e un paio di calzini.
Indosso il tutto, anche se terrorizzata sono felice.
Apro la porta ma ecco che mi si para davanti, ancora una volta.

<Almeno non puzzi più di carogna.> esordisce, guardandomi.

Il rumore delle gocce che cadono dai miei capelli bagnati lo distrae, facendolo concentrare su quello.

<Nemmeno capace a farti una doccia sei? Mi stai sporcando il marmo. Tornatene in bagno.>

Continua, ordinando poi al suo domestico di pulire. Non lo avevo notato fino a un istante prima. Il ragazzo mi segue, chiude la porta. La paura inizia a farmi galoppare il cuore e probabilmente lui se ne accorge.

<Smettila, non ti metterei le mani addosso nemmeno tra dieci docce. Ora piegati sulla vasca, e finiscila di battere i denti, paurosa.>

Odioso, è davvero odioso.
Chino il capo sul bordo della vasca, reggendomi a esso con le mani. Lui intanto armeggia dietro di me, fino a che non si avvicina nuovamente, aprendo il getto del soffione, con il quale mi bagna i capelli.
Noto che indossa dei guanti in lattice, non serve che mi chieda il perché.

<Pensavo che la prossima persona a cui avrei insegnato a lavarsi i capelli sarebbe stato mio figlio, non una senzatetto di trent'anni> dice, ovviamente non risparmia sulla cattiveria nemmeno questa volta.

<Ne ho 17, a dire il vero> ribatto, lui si ferma, scuote la testa e finge di non avermi sentito.

Ci impiega 20 minuti a sistemare i miei capelli, ma alla fine posso riconoscere che ha fatto un lavoro eccellente.

<Grazie, ora sono davvero puliti>

<Menomale che ho indossato i guanti. Ora vai a mangiare, io ho bisogno di dormire per dimenticare>

Davvero esagerato. Comunque non me lo faccio ripetere due volte, e mi avvio alla cucina.

<Sono Mr. Lee, per te.>

<Io sono Yen, come i soldi, ridicolo no?>

•| CLOCHARD |• L.J.H. Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon