"Take Me To Church"

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Calum

Una settimana dopo...

Rileggo un'ultima volta il file word che ho scritto nelle ultime due ore e, dopo aver sistemato qualche errore di battitura qua e là, stampo il tutto con un sorrisetto soddisfatto in volto. Non appena leggo dallo schermo che il mio lavoro è in stampa, sento il telefono vibrare incessantemente, così esco dalla biblioteca cercando di fare meno rumore possibile. Non appena esco tiro fuori il cellulare e leggo sullo schermo chi mi sta chiamando. "Ehi, amore", lo saluto a voce bassa nonostante sia fuori dalla biblioteca. "Cal, perché stai parlando piano?", mi chiede il mio ragazzo, curioso. "In biblioteca, avevo una ricerca da fare per letteratura inglese", gli spiego, dando un'occhiata alla stampante. "Ah, ho capito, e quanto ci metti?", mi chiede ancora. "Guarda, la sto stampando ora, poi la rilego e la metto nell'armadietto, almeno domani  non rischio di dimenticarla a casa", gli rispondo. "Che ne dici se ti vengo a prendere e andiamo da qualche parte a fare merenda?", mi propone. "Ma certo", sorrido anche se non può vedermi, "ti aspetto qui". "Dieci minuti e sono da te", mi dice. "Io non mi muovo", ridacchio mentre vado a prendere la ricerca appena stampata. "Lo so. Ti amo tanto, piccolo", mormora, facendomi sorridere di nuovo. "Io di più, Ash", replico per poi salutare Ashton e chiudere la chiamata. 

Chiedo alla responsabile una stecca per rilegare fogli e ci infilo attentamente le pagine della mia ricerca per poi tornare dentro a riprendere le mie cose. Infilo tutte le mie cose nello zaino ed esco, sorridendo perché, anche se è qualche mese ormai che io e Ashton stiamo insieme, è inutile negare quanto mi renda felice quando mi chiede di vederci per fare qualcosa insieme dopo lo scuola, anche la cosa più stupida come passare il pomeriggio insieme l'uno a casa dell'altro. Passo accanto allo spogliatoio e mi fermo un momento, ricordandomi delle litigate e dei pianti per colpa di Ashton quando ancora non ci erano ben chiari i nostri sentimenti. Sono così preso dai ricordi che non mi rendo conto che la porta dello spogliatoio si è aperta, rivelando la persona che mai mi sarei augurato di incontrare da solo: Trent Jenkins. Il capitano della squadra di basket, che non sapevo si stesse allenando, mi guarda con un sorrisetto che mi mette ansia. 

"Guarda un po' chi si rivede", mi prende in giro insieme ad altri ragazzi che non mi ero accorto fossero arrivati. "L-lasciami passare", replico io, cercando di non far trasparire la mia agitazione, ma inutilmente. "Altrimenti che succede? Non vedo il tuo Ashy qui", mi prende in giro beffardo insieme agli altri che ridono alla sua cattiveria ingiustificata. "Non ti azzardare a prendere in giro Ashton", grido arrabbiato per poi cercare di spingere Trent e passare. Ma il ragazzo di blocca le mani e mi spinge a sua volta verso un suo amico, che mi blocca dalle braccia. "Non dirmi cosa devo fare brutto frocio, hai capito?", mi grida a sua volta, colpendomi allo stomaco con un pugno che mi lascia senza fiato. Inizio a respirare fatica mentre guardo scioccato Trent che dopo qualche secondo mi colpisce di nuovo, gridandomi "sei una merda, non sei normale" e altri insulti che in un'altra occasione mi farebbero incazzare. Ma non questa volta. Mentre respiro a fatica, tenendomi le mani sulla pancia per quanto possibile, mi arriva un pugno sulla guancia, talmente forte da farmi uscire il sangue dal labbro inferiore e quasi da farmi cadere a terra. 

"E' colpa tua se ho dovuto caciare Ashton dalla squadra, l'hai deviato tu", mi dice, colpendomi di nuovo e facendomi cadere a terra. "N-no...", cerco di parlare ma Trent mi tira un calcio, sempre alla pancia. Penso di morire, mi ha colpito così forte che respiro malissimo. Lo guardo, la sua espressione strafottente e spavalda di chi si ritiene forte solo perché ha delle persone che gli girano attorno come dei cagnolini stupidi. Mi dà un altro calcio, più su, sul torace, non forte come il primo ma lo stesso mi toglie l'aria per qualche secondo. Tossisco cercando aria e cercando di farlo smettere, mi ha fatto male a sufficienza. Provo ad alzarmi ma, mentre sono in ginocchio, ti tira un calcio in faccia che mi fa cadere di nuovo a terra. "Le persone come te non meritano di vivere", grida, sprezzante, colpendomi una gamba e facendomi urlare dal dolore. Il sangue scorre da qualche parte in faccia, non so da dove, ma mi arriva in bocca e mi fa sentire il sapore metallico che odio con tutto me stesso. Come se non bastasse, alcuni dei suoi amici, o dovrei dire scagnozzi, iniziano a colpirmi anche loro, godendo nel vedermi inerme a terra. Non riesco più ad oppormi, respiro male, i calci di Trent mi provocano un dolore diffuso così forte da estraniarmi quasi dalla realtà. 

Mi viene in mente Ashton. Se ci fosse lui, niente di tutto questo sarebbe successo, ma non posso fargliene una colpa. Dopotutto, non è la mia guardia del corpo e non può stare con me tutto il tempo. Torno alla realtà quando Trent si accovaccia vicino a me, guardandomi con aria di superiorità. Respiro ancora a fatica e sento il sapore metallico in bocca, chissà quanti calci mi ha tirato insieme ai suoi amici. "Non meriti di vivere", ripete, avvicinandosi per bene a me, "ma non ho intenzione di andare in galera per uno come te". Tiro un impercettibile sospiro di sollievo quando, finalmente, lui e i suoi vanno via, lasciandomi a terra. Rimango sdraiato per qualche minuto privo di forze, tossendo di tanto in tanto ma riprendendo a poco a poco a respirare, fino a che una voce familiare non si avvicina a me. 

"Cazzo", sento imprecare. "Calum", mormora Ashton, inginocchiandosi accanto a me, "chi ti ha ridotto così?". Mi accarezza piano i capelli mentre inizia a piangere sommessamente. Mi giro verso di lui, guardandolo negli occhi. "T-trent...", gli dico debolmente, iniziando a sentire le forze venirmi sempre meno. "Che figlio di puttana", dice, a denti stretti, tirando fuori il telefono. "Amore, chiamo i soccorsi", mi dice, componendo il numero, "non ti preoccupare". Mi sorride debolmente mentre parla con un operatore per raccontargli tutto quello che sa, prendendomi la mano e e stringendola non troppo forte. "Tra poco arriva l'ambulanza e ti portano in ospedale", mi dice una volta chiusa la telefonata per poi iniziare nuovamente a piangere. Vorrei abbracciarlo, confortarlo, ma mi sento svenire e lotto con tutte le mie forze per tenere gli occhi aperti. "Avrei dovuto proteggerti, se fossi stato con te non ti avrebbe ridotto così quel lurido verme, mi dispiace così tanto. Non mi perdonerò mai per questo", farfuglia tra le lacrime, facendomi sentire ancora peggio di quanto già non stia. 

Sento i miei occhi inumidirsi, e Ashton lo nota. Piange ancora per qualche minuto mentre mi asciuga delicatamente le lacrime, mormorando continuamente "è tutta colpa mia". Vorrei provare ad alzarmi con le poche forze che ho, ma appena muovo un muscolo un dolore lancinante si impossessa di me e mi fa quasi urlare. Quasi perché i miei occhi iniziano a chiudersi da soli come quando ci si addormenta e non ci si sente scivolare in un'altra dimensione. "Oh no, cazzo, no, Cal, rimani sveglio", mi dice Ashton, guardandomi preoccupato. La sua voce mi giunge ovattata mentre cerco inutilmente di tenere gli occhi aperti. Improvvisamente il mio ragazzo si allontana da me, e al suo posto vedo i paramedici che si avvicinando con una barella e mi tirano su per poi portarmi sull'ambulanza sotto lo sguardo terrorizzato di Ashton. Non faccio in tempo a dirgli niente, né a rispondere alle domande che i paramedici mi fanno e che mi sembrano un mormorio indistinto, che le mie palpebre si chiudono come una saracinesca automatica non appena gli sportelli dell'ambulanza si chiudono. 

SPAZIO AUTRICE

Hellooo. Come avrete potuto capire, la canzone scelta per questo capitolo fa riferimento al video e non alla canzone in sé. Spero non abbiate voglia di uccidermi, nel caso sappiate che mi sono uccisa già da sola e sono sull'orlo delle lacrime di mio. Il dado ormai è tratto, manca solo un capitolo (a parte l'epilogo). Non posso dire che spero che il capitolo vi piaccia, ma spero che non vi faccia soffrire come ho sofferto io per scriverlo. 

Alla prossima settimana, au revoir 

Stay or run • Cashton HoodwinWhere stories live. Discover now