Capitolo 9 - Paura

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Maya


Quando ero piccola pensavo che le cose brutte potessero accadere solo alle persone cattive.

Era quello che diceva mia madre. Non ci credevo fino in fondo, perché la mia visione di quando avevo otto anni era che nessuno meritasse di soffrire.

Affermavo convinta che se Dio fosse perfetto come lo volevano dipingere con tanto vigore gli adulti, allora, non avrebbe mai permesso che nessuno soffrisse. Anche chi, se lo sarebbe meritato.

Dio è buono e veglierà sempre su di noi. Era una delle frasi preferite di mia madre, fortemente cattolica, all'apparenza. Nella realtà andava a messa giusto una volta ogni tanto, per fare presenza.

Io invece non ho mai avuto una grande fede. Con mia madre andavo in chiesa qualche volta, sotto costrizione. Quando mi sono trasferita da mio padre non ho neanche più voluto fare quel minimo sforzo da brava cittadina. Non me la sentivo, non più.

Ora invece percepisco un forte bisogno di chiedere aiuto a qualcuno, e se quel qualcuno fosse al di sopra di noi andrebbe bene. Lascerei momentaneamente le mie domande scettiche e cariche di rancore da parte. Quindi spero, forse inutilmente.

Il suo cuore batte forte, lo sento.

È la paura. Nonostante provi a non farlo vedere Marco ha paura, quanto me.

Tiene il petto premuto contro la mia schiena e continua a farmi da scudo durante questo momento orribile. L'unica cosa che riesco a intravedere in mezzo al caos è un gruppo di ragazzi: vestiti con giubbotti scuri e con le facce coperte sono situati di fronte al ristorante, armati di spranghe e mattoni.

Non ho mai visto una scena del genere. Non nella vita reale. Nonostante i loro volti siano coperti dai passamontagna noto bene i loro sguardi, pieni di un odio che conosco solo superficialmente. La gente rimasta dentro il locale si fa logorare dalla paura, nessuno di noi prova a uscire da qui.

Stringe le braccia. Ha il respiro pesante, le labbra ferme.

Marco mi protegge.

Non l'ho mai visto in questo modo. Vederlo così teso mi crea una sorta di disagio.

«Stai tranquilla, finché ci sarò io non ti succederà niente. Te lo prometto.»

Provo a crederci anche se non lo penso veramente.

Frammenti di vetro ovunque, il rumore è quasi assordante.

Non è reale, vero? Mi tappo le orecchie, penso che tutto questo non è reale.

Non è reale come quando ero piccola.

La gente urla terrorizzata. Chi può si protegge sotto i tavoli, altri si sono rifugiati dentro i bagni e la cucina, come hanno fatto Sarah e Camilla.

Una donna nascosta sotto un tavolo vicino prende il cellulare e con voce tremante avverte la polizia. In questo istante un grosso mattone irrompe dentro il locale, frantumando in mille pezzi anche la vetrata principale. Il corpo di Marco mi protegge fisicamente, e quando alzo lo sguardo verso di lui per un momento mi pare di vederlo realmente, per la prima volta.

«Maya... Non piangere, andrà tutto bene.»

Ad un certo punto i vandali entrano dentro il ristorante, e in pochi secondi riescono a distruggere tutto ciò che intralcia il loro cammino. Rovesciano i tavoli e le sedie, colpiscono il tutto con le loro spranghe di ferro. Vedo due di loro avviarsi verso le cucine, e inevitabilmente penso alle mie amiche.

Penso a Sarah e a Camilla. Agisco d'istinto, mi alzo di scatto attirando l'attenzione di tutti i presenti.

«Sta arrivando la polizia, andate via!»

Nessuno può AmarmiDonde viven las historias. Descúbrelo ahora