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La vita di Jungkook era stata programmata sin dal giorno della sua nascita.

In quanto unico omega discendente del clan Jeon, uno dei più antichi al mondo, sua madre aveva fatto in modo che ricevesse un'adeguata istruzione e ciò comprendeva stare ore ed ore ad apprendere argomenti con insegnanti ben poco inclini allo scherzo e al divertimento.
Inutile dire quanto Jungkook provasse noiose quelle lezioni.

Invidiava così tanto i suoi tre fratelli: a loro era tutto concesso in quanto alpha. Potevano praticare la caccia nei boschi, combattere a lame sguainate sui campi di battaglia e mangiare come più gradivano, anche con la schiena curva e le gambe poggiate sul tavolo.
Inoltre potevano vestire gli abiti di loro gradimento, a differenza sua: erano tante le volte in cui Jungkook aveva imprecato mentalmente contro il diadema pendente che aveva poggiato sulla fronte, troppo pesante per tenerlo sul capo durante l'intero arco della giornata. Il tessuto dei suoi hanbok era fin troppo trasparente per i suoi gusti, lasciando trasparire le sue gambe pallide e dall'aspetto cadaverico. Doveva indossare gioielli di ogni tipo e colore e Jungkook aveva perso il conto di quanti ne aveva addosso e quante volte aveva pensato di sbarazzarsene.

Sapeva di possedere tutti gli agi che ogni omega come lui desiderava sin dalla nascita ma in quel momento, seduto davanti ad uno specchio mentre il servo gli acconciava i capelli, avrebbe volentieri barattato i suoi in cambio di un briciolo di libertà.

Nei libri che aveva letto c'erano sempre omega felici, di bell'aspetto, che alla fine vivevano la loro vita con la persona che amavano, persona che Jungkook non avrebbe mai avuto modo di incontrare.

Sua madre, dopo aver saputo del suo primo calore, si era subito mobilitata per combinargli un matrimonio degno di nota: il figlio del clan alleato sarebbe diventato il suo compagno.
Dopo questa notizia, più volte era andato da lei urlando a gran voce che no, non aveva la benché minima voglia di accoppiarsi ma la capo clan non aveva ascoltato minimamente le sue lamentele, anzi, lo fece scortare dalle guardie nella sua stanza.

Non aveva mai avuto un buon rapporto con sua madre, sempre troppo severa ed austera nei suoi confronti: sin da bambino non gli aveva mai permesso di fare ciò che voleva e il più delle volte lo teneva rinchiuso nella grande fortezza di pietra che sfortunatamente doveva chiamare casa.
Aveva passato gli anni guardando dalla finestra la vita degli altri scorrere sotto ai suoi occhi, ad ammirare l'immensa distesa di erba dal davanzale della sua finestra senza mai poterla esplorare di persona, anche se questa distanziava dalla grande dimora solo una manciata di metri.


Per questo i libri diventarono i suoi migliori amici. Sin da quando aveva imparato a leggere, passava la maggior parte del tempo in biblioteca a divorare racconti di ogni genere, lasciando che questi gli nutrissero la mente con messaggi di speranza e di sogni che non avrebbe mai potuto realizzare.

Ed era solo grazie a loro che si dimenticava per un attimo di vivere in una gabbia dorata, una gabbia da cui non sarebbe mai potuto scappare.

"Signorino, mi sta ascoltando?" lo richiamò il servo smettendo di spazzolargli i capelli.

Jungkook tornò alla realtà guardando la figura del ragazzo attraverso lo specchio posto davanti a lui. "Sì, Hanbin?"

"La vedo pensieroso quindi le ho chiesto se si sentisse bene" disse il giovane ragazzo con aria premurosa posando la spazzola sul ripiano della toeletta di legno scuro.

Jungkook sorrise velatamente. "Sto bene, sta tranquillo" rispose. "Sono solo un po' stanco"

"Ha passato la notte a leggere?"

L'omega annuì. "Non ho potuto rimandare la lettura al giorno dopo, troppo curioso di sapere il finale"

"Lo immaginavo" rispose il servo con una risatina. "È finito bene questa volta? Il protagonista ha avuto il suo lieto fine?"

"Non ti dirò nulla questa volta, Hanbin" rispose Jungkook mentre il giovane gli sistemava il diadema pendente sulla testa. "Leggi il libro e lo scoprirai"

"Lei è una persona spregevole, signorino!" si lamentò il ragazzo con un tenero broncio.

Jungkook ridacchio divertito.
Hanbin era l'unica persona con cui parlava. Lo conosceva da quando era solamente un bambino e da anni si prendeva cura di lui e ascoltava con interesse le storie che leggeva.

"Bene, è pronto" esclamò il servo facendo un piccolo passo indietro e guardando il volto dell'omega raffigurante nello specchio.

Jungkook prese anch'egli a guardare la sua immagine riflessa: i suoi capelli neri e lisci erano stati acconciati in modo tale che il diadema con la pietra rossa nel mezzo non gli desse fastidio sulla fronte, le orecchie bucate da orecchini di inestimabile valore. I suoi occhi blu erano stati contornati da uno strato sottile di kajal che rendevano quest'ultimi apparentemente più piccoli ma accentuati. Le labbra colorate di un tenue rosso si abbinavano all'hanbok di seta del medesimo colore. Piccole pietre preziose ne ornavano la parte superiore. L'abito, assente di maniche, lasciava scoperto il simbolo del fiore smeraldo al braccio che ogni membro del clan Jeon possedeva.


Jungkook abbassò lo sguardo. Odiava ciò che era riflesso: tutto ciò che aveva addosso urlava la sua appartenenza al clan Jeon, chiunque quella sera lo avrebbe guardato e giudicato le sue movenze e modi di fare, facendolo sicuramente sentire stupido e ridicolo.

Il servo notò lo sguardo assente dell'omega. "Non le piace?"

Jungkook si voltò verso di lui dopo una manciata di secondi. "No, hai fatto un lavoro splendido"

"Ma la vedo giù di morale, signorino"

"Credo che sia solo ansia da prestazione, Hanbin" confessò alzandosi dalla sedia e voltandosi verso la figura minuta del servo. "Devo pur sempre conoscere il figlio del capo clan dei Lee, no? È normale essere nervosi"

"Non la vedo nervoso ma... triste"

"Triste?"

"Sì, triste" confermò il servo visibilmente preoccupato. "Come se non volesse tutto questo".

"È proprio così" avrebbe voluto rispondere.

"È solo un'impressione, Hanbin" lo tranquillizzò con un sorriso. "Come ho già detto, sono solo stanco e nervoso. Ho paura di fare una pessima figura"

"Sono sicuro che andrà tutto bene, signorino" gli sorrise il ragazzino. "Me lo sento, lei sarà perfetto".


E Jungkook avrebbe tanto voluto credere a quelle parole.

𝐦𝐲 𝐭𝐢𝐦𝐞 ;「 𝓉𝒶𝑒𝓀𝑜𝑜𝓀」Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora