CINQUE

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Cesare


Erano passate quattro settimane, tre giorni, sei ore, ventisette minuti e quindici secondi da che avevo rotto con Camilla.

Anche se al mondo dovevo mostrare che non mi importasse nulla di lei, in realtà dentro di me stavo impazzendo. Il saperla così vicina e lontana allo stesso momento era una tortura.

«Brutti pensieri?», chiese Ottavio sedendosi accanto a me con il vassoio stracolmo di pasta. Addentai una forchettata d'insalata annuendo. Spostai lo sguardo su Camilla, la quale stava seduta quattro tavoli più in la, in compagnia di Leonardo.

 Ottavio sospirò. «Secondo te... io provo qualcosa per Susanna?»

Mi bloccai con la forchetta a mezz'aria. «E io che cazzo ne so scusa? Perché me lo chiedi?»

Ottavio sospirò. «Camilla pensa che io provo qualcosa per lei», disse fissando il suo piatto.

«Come? Provi qualcosa per la mia Camilla?», scattai sull'attenti.

 «Ma sei scemo? Non lei Camilla, lei Susanna!», esclamò Ottavio.

Tirai un sospiro di sollievo. «Non saprei. A te piace?»

Ottavio sgranò gli occhi. «Non lo so, non ci avevo mai pensato prima. Insomma, è Susanna! È la ragazza più brava della scuola, si veste in modo banale e porta gli occhiali e... cazzo, mi sa che mi piace...», mormorò e sconcertato posò la forchetta.

Fissai mio cugino provando uno strano senso di dispiacere e invidia. Se lui voleva Susanna, nulla glielo avrebbe impedito, io invece... per quanto desiderassi Camilla in modo mostruoso dovevo strale alla larga, dovevo farlo per la mia famiglia, ma soprattutto per lei.


 Quella sera ero seduto sul mio letto mentre leggevo un libro quando qualcuno bussò alla porta. Alessandro aprì, fermandosi sull'uscio.

«Cosa c'è?», chiesi senza alzare lo sguardo dalla pagina.

«C'è che devi aiutarmi», rispose richiudendo la porta dietro di sé.

«Aiutarti a fare cosa?»

Alessandro mi fissò negli occhi incrociando le braccia al petto. «Aiutarmi a capire. Cesare perché l'hai fatto? Distruggere così il vostro amore... tutte quelle stronzate che hai rifilato a Camilla io non me le bevo. Non lo faccio perché so fin troppo bene cosa vuol dire essere innamorati. Così come so che tu ti stai distruggendo la vita. La sola cosa che non so è il perché!»

Abbassai gli occhi dalla pagina. «Fidati, è meglio così», replicai solamente.

 Alessandro espirò l'aria dai polmoni, scuotendo la testa. «Fa come vuoi.»

Fece per voltarsi ma io lo chiamai. «Mi dispiace, credimi, non avrei voluto arrivare a tanto. Devi solo sapere che tutto quello che ho fatto l'ho fatto per lei, il resto non conta.»

Alessandro si appoggiò alla porta. «La stai perdendo Cesare e quando se ne sarà andata non tornerà più indietro.»

«Lo so, ma sono pronto a correre il rischio pur di proteggerla», mormorai senza che lui mi sentisse.



«Time out!», esclamò l'allenatore richiamandoci verso le panchine. «Rossi, dove diavolo hai la testa? Ti avevo detto di scartare l'avversario e di andare a canestro, tu invece che fai? Ti fai soffiare la palla? Da che parte stai?»

Incassai ogni singolo colpo. Aveva perfettamente ragione, eppure vedere che Camilla non era nella tifoseria mi aveva mandato il cervello in tilt.

«Ottavio, entri tu al posto di Cesare», disse il coach. Provai a replicare, ma mi fulminò con lo sguardo e preferii tacere.

Mi sedetti sulla panchina e continuai a pensare a come fosse più semplice la mia vita qualche mese fa. Nonostante la vittoria, io sentivo di aver perso su tutti i fronti. Avevo perso Camilla, la mia libertà ed ora anche la mia capacità di giocare a basket in modo spensierato. A casa di Ottavio mi ubriacai. L'alcol era l'unica cosa che potesse lenire le mie pene. Continuavo a bere vodka come se fosse acqua e, per la prima volta nella mia vita, stetti davvero male.

E' sempre bello averti intorno (THE ROSSI'S SERIES 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora