UNDICI

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Camilla



Non è vero... non sei stata solo una scopata. Le cose tra noi... Credimi è meglio così.


Le parole di Cesare mi perseguitarono per tutta la notte.

Senza riuscire a prendere sonno mi rigirai nel letto per la maggior parte del tempo. Scostai le coperte e uscii dalla mia stanza per andare davanti alla sua. Ero tentata ad entrare e abbattere il muro che aveva eretto contro di me, ma m'imposi di non farlo. Se dovevo smettere di lottare per noi avrei dovuto iniziare da subito.

«Ti amerò per sempre», sussurrai e dopo aver dato un bacio al legno freddo della sua porta, tornai a dormire.


Era da un sacco di tempo che non mi capitava, eppure la sensazione di cadere nel vuoto mentre si dorme era sempre la stessa. Mi svegliai di soprassalto spaventandomi quando notai un paio di occhi chiari a pochi millimetri dal mio viso. Ci misi qualche secondo per metterlo a fuoco a causa degli occhi impastati dal sonno.

«Ben svegliata dormigliona», mi sorrise Filippo sedendosi sul materasso.

Mi misi a sedere. «Fili ma... cosa ci fai nella mia stanza?», sbadigliai.

«Sorgi bel sole e uccidi l'invidiosa luna già malata e livida di rabbia, perché tu sua ancella sei tanto più luminosa di lei», citò facendomi sorridere.

«Non sono mentalmente pronta per una discussione shakespeariana di prima mattina», lo informai scostandomi i capelli dal volto.

 «Ma se sono le due di pomeriggio!», mi rimproverò.

Balzai sul letto e dopo aver visto l'ora sul telefono scossi la testa. «Devo essermi addormentata», constatai.

«Direi di sì», si burlò di me. Scostò le coperte. «Fammi spazio», disse sedendosi accanto a me.

Mi accarezzò la testa. «Com'è andata ieri?»

«Non credo di aver voglia di parlarne.»

Filippo ascoltò il mio silenzio e io mi rilassai nell'ascoltare il battito del suo cuore. «Mi dispiace per tuo padre, tua madre ce l'ha detto stamattina.»

Mi asciugai le lacrime col dorso della mano. «Spero solo che il nostro saluto non sia stato un addio ma un arrivederci. È il mio eroe.»

«Anche il mio, perché è riuscito a crescere una persona meravigliosa come te.»

Fissai gli occhi luminosi di Filippo, così simili a quelli di Cesare che per un attimo pensai di lasciarmi andare.

Quando sentii il rumore di un telefono cadere a terra voltai lo sguardo verso la porta e mi raggelai.

Cesare ci stava osservando incazzato.

«Scusate, non volevo disturbare», disse amareggiato recuperando l'oggetto caduto.

 «Be', l'hai appena fatto», replicò Filippo.

Cesare lo ignorò. «Ero venuto a vedere se volevi fare una passeggiata con me e Duchessa, ma probabilmente hai altro da fare.»

Lo fissai con sguardo truce. Con che coraggio veniva a farmi la predica?Con una calma che credevo di non avere, gli sorrisi. «Hai ragione. Ho altro da fare.»

Cesare si bloccò, uscì dalla stanza sbattendo la porta.

«Cece che fai qui?», chiese Ale.

Le loro voci passavano attutite attraverso la porta.

E' sempre bello averti intorno (THE ROSSI'S SERIES 2)Onde histórias criam vida. Descubra agora