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Sfiorai il corpetto. Dentro avevo altro e dovevo nasconderlo.

Ero affascinata da quei lineamenti, dalla fragilità dei tratti. Tutto mi era nuovo, diverso. Chinai il capo come se avessi potuto vederli sotto il segno del fuoco. Non mi diedi pena per altro. Dovetti riprendermi dai pensieri perché, quella mattina, mia madre era più nervosa del solito. Sin dalla nascita si mostrò sofferente. Il suo primo vagito fu figlio di uno spacco di dolore. Mentre usciva dal grembo di sua madre si spezzò l'asse dello specchio ed al pianto della vita la lastra di luce riflessa si ruppe frantumando anche la notte.
È così che mia madre Dolores ereditò un occhio guercio. Era strabica e le cose del mondo, dell'esistenza, le aveva viste sempre a modo suo. Incompiute e senza nerbo dell'obiettività. Il disegno divino per quella che fu la mia strada, in fin dei conti, venne fuori quella notte stessa. La prima di tutte le ombre. Perché la donna si portava dietro il dolore, sconosciuto. Strappava dalle carni anche la sofferenza di una figlia tatuata in un giorno senza luce.
Senza neanche darmi il tempo di rispondere, mi aveva caricato di improperi come si fa ad un asino da soma che si rifiuta di obbedire. "Malanima, non hai dato da mangiare al porco. Cosa mangerai tu se quel lardoso animale non ingrassasse? Avanti, ti devi svegliare, figlia di un porco di tuo padre".
Era sofferente con la vita fatta di stenti, di lavoro nei campi, di scudisciate prese da un marito ingrato, ubriacone, che spegneva il suo fuoco su di lei con il respiro ruvido della violenza. Guardai gli occhi inviperiti di mia madre e congiunsi le mani al ventre.
Mi aggrappavo ad un sogno, ad una voglia che mi avrebbe portata lontano.

MalanimaWhere stories live. Discover now