26.

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Vestiti comodi, caffè a portata di mano e coperta sulle gambe.
Jane aveva lo sguardo fisso sul pc, gli occhi stanchi ma attenti scorrevano veloci sullo schermo, catturando quante più informazioni possibili.
Will era dai nonni e la casa appariva forse troppo silenziosa. Jane si era ritrovata inaspettatamente sola e voleva approfittarne per lavorare.
Le era stata proposta una collaborazione assieme ad un collega, per una conferenza da tenere al campus e lei aveva accettato di buon grado.
Se Sam avesse saputo che quel giorno era a casa da sola, avrebbe messo il broncio. Sorrise di quel pensiero, quasi pentendosi della sua ferma decisione: evitare i contatti intimi.

Continuando a sorridere solitaria, avvertì la vibrazione del cellulare sotto alla sua gamba. 
Lesse il mittente del messaggio leggermente stupita, visualizzandone il contenuto. Una sua vecchia amica di università, una vecchia foto insieme ritrovata chissà dove. Rise ripensando a quei tempi spensierati, guardando quella foto imbarazzante.

Intenta a rispondere, la notifica di un altro messaggio attirò la sua attenzione facendola irrigidire.

Fissò lo schermo per qualche secondo, per poi appoggiare il telefono sul divano, incredula.
Lo riprese subito dopo per accertarsi di aver letto bene.

Anche se non c'era nessun nome a definire il mittente, Jane sapeva di chi si trattava, conosceva a memoria quel numero.

Rilesse il contenuto del messaggio più è più volte, camminando avanti e indietro per la stanza come un'ossessa.
Se Will fosse stato lì con lei, sarebbe stato tutto più semplice.

Momenti infiniti la turbarono internamente, finché lottava contro una se stessa che quasi non riconosceva. Entrando in camera rimase a fissare il suo armadio, indecisa sul da farsi.

Quasi si vergognò della decisione presa, ma alla fine si sistemò perfettamente in una mise elegante misto quotidiano, il suo classico abbigliamento lavorativo che comprendeva un'immancabile gonna nera sopra al ginocchio, tacchi e camicia sistemata opportunamente all'interno della gonna. 
Si sentì in qualche modo strana per la cura estrema nei dettagli che aveva dimostrato finché si preparava. Quell'abitudine non l'aveva ancora abbandonata. Rise tristemente di sé stessa, e uscì di casa.

Non era ancora buio, le giornate si erano fatte parecchio lunghe, ma il tragitto fino a destinazione fu breve, fin troppo breve forse.

Arrivò in anticipo. Sistemò con cura il cappotto color cammello sulla sedia, per non stropicciarlo, e fece cenno al cameriere per fargli intendere che stava aspettando qualcuno.

Eccola lì, ad aspettare, come sempre. Era forse quello il suo triste destino nella vita?

Le mani sudavano freddo per il nervosismo che faticava a sopprimere. Si sentiva così vulnerabile. Lei, che di solito teneva tutto celato dietro alla sua maschera sicura, era disarmata.

Fiumi di ricordi l'avevano invasa e spinta sino a quella sedia, e ora che c'era, forse non voleva esserci. 

Osservava la gente che entrava ed usciva, e quella che passeggiava al di là della parete trasparente.
C'era un bel via vai quella sera, la stazione era parecchio trafficata.
Studenti che tornavano dopo un'intensa giornata di lezioni, lavoratori, turisti..
E poi, fra tutti quelli sconosciuti, un volto amico amico entrò cercandola con gli occhi.

Un sorriso comparve sulle sue labbra quando riconobbe la rossa seduta al bancone. 
Sì accomodò a fianco a lei, sistemando giacca e borsa sulla sedia vicina.

"Sono contenta che tu sia venuta.."

Disse la donna facendo un cenno gentile con la mano per attirare il cameriere. Le mani affusolate e lisce erano proprio come Jane le ricordava.

Teacher's secretDove le storie prendono vita. Scoprilo ora