Incontro nel torbido

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Ammetto, nella mia vita – almeno fino a questo momento preciso – di averne viste tante. Non girerò attorno alla mia identità celandomi dietro a pindarici giri di parole e arriverò dunque al punto il prima possibile: non ne vado fiera, ma ho fatto, sia per campare che per fregiarmi di più di soldi ai quali avrei potuto aspirare altrimenti, il mestiere più antico del mondo. Per me questa non è una novità, questo universo non mi è più estraneo di quanto sia a voi il cosmo del vostro impiego; ma, mi rendo conto, arrivare a questa consapevolezza, potrebbe causare in alcuni di voi – i quali hanno tutti il mio più profondo rispetto – la tentazione di chiudere il libro e di abbandonare la lettura. Ho cominciato che ero assai giovane, sedici anni, e la cosa che forse vi stupirà di più è che per altro mia madre lo sapeva e acconsentiva a ciò: tutto questo potrebbe farvi inorridire, ma per me, soprattutto conoscendo mia madre, fu del tutto attendibile.

Quando avevo sedici anni, ebbi la mia prima cotta seria, immagino come molti di voi, e quando la nostra relazione finì, dopo tre anni, mi sentii a pezzi, come quando si perde il primo amore. Pian piano, nel tempo, mi resi conto che ciò che mi mancava non fosse tanto lui, in quanto a persona; compresi, quindi, di essere stata innamorata di ciò che lui mi faceva provare. Sovente succede che noi donne, soprattutto in fanciullezza, amiamo farci ammansire e corteggiare da uomini più adulti di noi: in me non albergava sentimento differente: volevo poter dire di aver domato un uomo maturo. Nella mia prima relazione, non ebbi modo di fare scoperte in campo intimo, erano altri tempi, o forse mi piaceva pensare che lo fossero, e non ci tuffammo mai oltre le poche carinerie che si scambiano i ragazzetti. Quello a cui mi riferivo quindi, quando parlavo del mondo in cui egli mi faceva sentire, facevo chiaramente riferimento ad un piano cavalleresco: le uscite al cinema, i viaggi di nascosto in moto senza casco, le cavallerie che mi dedicava: mi sentivo una regina. Qualcuno, tra le quali le mie più strette amiche, non patrocinarono l'idea, da me sospinta, che la nostra relazione dovesse finire, ma, con molta fatica – aggiungo – riuscii a mettermi quelle opinioni da parte.

Voi vi domanderete a questo punto che coerenza possa avere una persona che cessi il suo piacere privandosene, per poi disperarsi dell'esserne privata: all'epoca poca – di coerenza – come capita a molti, quando si è giovani. I primi due mesi dopo la separazione furono i più brutti, qualcuno di voi li avrà vissuti, non si vuole uscire di casa, a volte si è scontrosi, ci si isola.

Passando le giornate in casa, approfittando della pausa estiva, di tanto in tanto aiutando mia madre con le faccende domestiche, ebbi molto a cui pensare e fu lì, che meditando sulle mie ipotetiche relazioni future, mi balenò nella mente che forse avrei potuto ambire a qualcuno di più maturo.

Poi, una sera, la mia vita deviò, prendendo la piega che assunse sino ad oggi.

Tornavo a casa dal cinema estivo, con le stesse amiche che mi avevano diffidato dal lasciare il mio boyfriend, quando ci accorgemmo che dietro di noi, alcuni ragazzi ci seguivano. Un po' impaurite, chiedemmo a Clara, la più coraggiosa di noi tutte, di fronteggiarli, per far sì che cessassero di seguirci. A Clara certe cose non si dovevano neppure chiedere – e in quella occasione mi sorpresi di come una idea del genere non fosse già stata partorita dalla sua testa – così si voltò, e per due minuti scarsi, andò a parlare con loro. Di ritorno, qualche minuto dopo, ci annunciò che quei ragazzi, ormai più uomini che ragazzi, ci avevano invitate a bere qualcosa con loro.

Il più grande, in taglia ed età di loro, Giacomo – e non lo dico unicamente per il fatto che dopo due sorsi ero più ubriaca che altro – mi colpì subito con il suo sguardo magnetico: era la prima volta che lo feci ed i miei genitori tutt'ora non ne sospettano, con la scusa di fermarmi a dormire a casa di Clara, decisi di passare la notte con Giacomo.

Non so cosa fu, se l'alcol che avevo in corpo, il modo in cui mi maneggiava, come un liutaio che massaggia un pezzo di legno saggiandone ogni fibra prima di inciderlo, il fatto che nessuno prima di allora mi avesse mai approcciata così, o anche il fatto addirittura che infine avessi trovato un uomo, ma mi innamorai di tutto ciò e decisi di sprofondare in quella esperienza cercando di ricambiarla come potevo. Da lì, penso, e sono propensa a vederla in questo modo anche oggi, nacque la mia passione per il sesso. Non lo nego, oramai, con un preambolo del genere, sarebbe difficile farlo.

I sette raccontiWhere stories live. Discover now