Il sentiero della materia

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Quando ero piccola ero solita – ed ora non la sono più, non tanto perché mi vergogni a farle visita come molti miei coetanei si vergognano di fare, ma semplicemente perché lei non è più tra di noi – visitare mia nonna molto spesso. Appartenendo ad un'altra generazione, molto più radicata alla terra ed alla natura, lei aveva preferito non farsi trascinare via dalla fiumana del progresso, resistendo alle persistenti pressioni che ricevette, soprattutto da parte di mio nonno e di mio padre, di recarsi in città, per adeguarsi ad uno stile di vita più mondano e confortevole; optò quindi per rimanere in montagna, o meglio in una zona collinare, di poco distante dal luogo dove le bitorzolute valli cedono il passo alle vette frastagliate. Una zona molto pittoresca, che anche ai giorni nostri sembra essere uscita da una cartolina. Ebbero molte discussioni per questo motivo, nel corso degli anni, lei e il nonno, ma furono davvero caparbi nel riuscire a serbare per loro quelle piccole diaspore che di tanto in tanto facevano si che il nonno per qualche notte andasse a dormire in un albergo in città; io stessa avrei fatto fatica a crederci se papà, alla morte di entrambi, non mi avesse raccontato di tutto ciò. E se non mi avesse raccontato di come lui poi, in veste di paciere, doveva poi fare la spola da casa della nonna all'albergo, fino a quando uno dei due non cedeva e mio nonno poteva finalmente ritornarsene a casa. Queste cose accaddero fino a circa quindici anni fa, poi il nonno ebbe i due ictus dei quali vi parlai in un'altra occasione e allora le discussioni cessarono del tutto: nonna fu molto brava a tenersi dentro i suoi malumori, i quali cominciarono a scemare anch'essi, essendo il nonno non più in condizione di trasferirsi in alcun dove. Di tanto in tanto mio nonno, con una paralisi facciale invalidante, tentava di biascicare qualcosa che forse solo il Creatore sapeva.

La situazione restò apparentemente calma per un po' di tempo, poi le cose cambiarono. Dopo un anno dall'ictus il nonno cominciò ad avere complicazioni nella respirazione che gli diventò sempre giù gravosa, essendo sempre stato lui un grande fumatore.

Poi, una notte d'estate, quando le stelle erano alte nel cielo, le rane gracidavano serene nei fossati della valle ed il vento camminava irrequieto tra le cime dei monti, il nonno scivolò giù dalla sella della vita, dopo decenni passati a cercare di domare la propria esistenza. Il funerale fu tenuto secondo il rito religioso, anche se gli unici momenti in cui io ho sentito nominare un qualche dio da mio nonno, fu in quelle occasioni in cui inveiva contro di lui per i presunti torti che quest'ultimo gli avrebbe fatto. In tali occasioni, seppure io fossi piccola, comprendendo la sua frustrazione, mi appropinquavo a lui, per sincerarmi che stesse bene.

- Va tutto bene, piccina. Ecco vieni qua – diceva lui, con quell'aria sorniona da colosso, sollevandomi e strizzandomi l'occhio; in quel momento le sue pupille in dilatavano come quelle di un gatto e nell'atto di strizzare l'occhio la pelle gli si raggrinziva in quel modo peculiare che oggi ricordo benissimo. Se chiudo gli occhi e penso a lui, oggi penso a quello, a lui che mi libra in aria, facendomi provare quel vuoto d'aria sotto i piedi, e mi strizza l'occhio in segno di complicità.

Sapevamo che la nonna non sarebbe sopravvissuta molto senza di lui e le nostre previsioni non si discostarono più di tanto dal vero: dopo appena sei mesi dalla dipartita del nonno, le sue condizioni di salute cominciarono a peggiorare, prima mentalmente e poi il deperimento diventò pure fisico. Mio padre dovette andare ad abitare da lei, non essendo più in grado, ella, di provvedere a sé stessa da sola.

Mi raccontò, molti anni dopo, di come certe notti lui venisse svegliato dai singhiozzi strozzati della nonna: dopo aver vagato per casa la ritrovava in soggiorno piegata sul divano dove il nonno era solito riposare, con il volto mascherato dalle lacrime ad invocare il nome del marito. Ancora oggi, seppure io sia cresciuta e non possa essere più tacciata di essere una sciocca ragazzetta, piango ancora se penso a tutto ciò.

Dopo esattamente diciassette mesi dalla morte del nonno, la nonna fu invitata presso la dimora delle stelle. Non vidi mai mio padre più triste di quel giorno, quando tornammo a casa dal funerale, appoggiò il portafoglio sulla mensola, si sbottonò la giacca e si addormentò di peso sul divano, rimase lì per una giornata intera.

I sette raccontiWhere stories live. Discover now