Capitolo 28

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Arrivò la primavera, era una calda giornata di fine aprile ed era un venerdì pomeriggio, giorno della partita di quidditch più importante della stagione: Serpeverde contro Grifondoro. Noi Serpeverde avevamo tantissime chance in più dato che (odio ammetterlo) Potter se n'era andato.
Dopo le lezioni corsi a cambiarmi per mettermi la divisa per giocare e dopo aver preso anche la scopa mi recai davanti la sala comune di Grifondoro dove sapevo che mi aspettava la ragazza più bella del mondo. La salutai e la strinsi a me più forte che potevo.

D:-Oggi vi stracciamo.-
H:-Contaci furetto!-
D:-Tanto lo sai che siete spacciati.-
Mi diede un pugno sul braccio.
D:-Che male!- dissi ironicamente, -cominciamo ad andare oppure faremo tardi entrambi.-

Così mano nella mano ci incamminammo verso il campo, fu una lunga passeggiata durante la quale non parlammo molto. Pensavo solo a quanto fossi fortunato ad averla accanto a me senza dover dar conto a nessuno ed ero grato che tutto andasse bene.
Certo molti dei miei "amici" mi avevano voltato le spalle, ma io avevo lei e poco mi importava del resto. Era fantastica, era diventata tutto per me: la mia ragazza, un'amica, una persona con cui parlare liberamente; e finalmente ero felice come non lo ero mai stato probabilmente.

Arrivati al campo le diedi un veloce bacio e lei mi augurò buona fortuna, sapevo benissimo che nonostante tifasse per la sua Casa, sperava che io prendessi il boccino. 

La partita iniziò e mi diedi una piccola spinta con le gambe in modo da poter prendere il volo, feci qualche giro di campo ma niente.
Nel frattempo i Grifondoro segnavano punti, la loro squadra era indubbiamente forte. Sembravo un pazzo ma giravo per tutto il campo come una trottola impazzita, finché finalmente non vidi una piccola luce, un bagliore dorato. Ma non mi potevo fiondare a prenderlo perché avrei dato nell'occhio, così senza perderlo di vista, scesi di quota molto lentamente, come se stessi ancora cercando e quando fui sicuro che il mio rivale non mi seguiva, rincorsi il boccino. Dopo una serie di svolte, giravolte e acrobazie riuscii a prendere quell'affare, la partita venne fermata dichiarando la vittoria dei Serpeverde.
Festeggiammo a lungo in campo e vidi la mia Hermione scendere pure in campo, le corsi incontro, la presi per i fianchi e la sollevai in aria per la felicità e per la soddisfazione. Avevamo vinto. Avevamo vinto grazie a me!
La baciai per tutto il tempo finché naturalmente dovetti andare con gli altri a farmi la doccia e cambiarmi.
Se già ero contento, con quella doccia, tutti i restanti problemi mi scivolarono addosso e sentivo che nulla, ancora una volta, potesse andare storto.
Ma, ancora una volta, mi sbagliavo di grosso.

Infatti una volta tornati al Castello, una volta cambiato e dopo aver posato tutta l'attrezzatura del Quidditch, stavo passeggiando per la scuola con la Granger e tutto intorno era tranquillo. Ma quello scorcio di tranquillità fu interrotto da un grido, che squarciò la mia felicità e la mia serenità. E questo fu solo l'inizio.
Immediatamente sentii il marchio nero bruciare fino a farmi male.
Accorremmo subito e vidi la scena peggiore che potessi pensare: Susan Bones (una Tassorosso) giaceva a terra, morta, con il marchio nero impresso sulla fronte (fatto probabilmente dopo averla uccisa) come a voler sottolineare che erano stati loro.

Ciò che mi venne istintivo fu andare nella mia camera e trovai un biglietto con su scritto:

"Se continuerai a tradire il tuo sangue, la prossima è lei. Fanne parola con qualcuno e la
prossima sarà tua madre
L.M"

Corsi subito da Hermione e la tirai in disparte.

D:-Ascolta, sei in pericolo, non possiamo più stare assieme.-
H:-Ma cosa stai dicendo?-
D:-Non capisci? Sono qui! E la prossima sarai tu!-
H:-Facciamo finta di lasciarci e torniamo
a come eravamo prima: facciamo tutto di nascosto...-
D:-Forse non sono stato abbastanza chiaro. Ormai sono qui, hanno occhi ovunque e lo verranno a sapere. Il mio destino non è con te, ci abbiamo provato ma è andare contro il
corso delle cose. Non posso stare con te, Granger. È finita.-

E seppur in quelle parole c'era un briciolo di verità, quelle parole fecero più male a me che a lei.

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