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In un altro momento quella situazione mi avrebbe messo in imbarazzo tanto da farmi arrossire fino alla punta delle orecchie.
Ma tenere Taehyung, ridottosi a dimensioni minuscole tra le mie braccia, scosso dai singhiozzi e da lamenti continui mi fece pensare che sarei rimasto tutta la notte in quella posizione senza alcun tipo di problema.

Aveva assunto una posizione fetale ed io, per farci stare più comodi, mi ero accomodato sul divano, quasi stessi tenendo un neonato, in braccio.
La mia t-shirt era praticamente zuppa delle lacrime del giovane, che non cessavano di uscire nonostante tentassi di rassicurarlo.

Gli massaggiavo delicatamente la schiena, tenendo la mia guancia sui suoi capelli, cercando di non disperarmi e piangere a mia volta: davanti a quella visione chiunque avrebbe ceduto, anche il più freddo di cuore.
Pareva che non si sfogasse in quel modo da mesi, o addirittura anni. Come un fiume in piena Taehyung non riusciva proprio a calmarsi ed io, che nonostante tutto l'avevo subito accolto in casa mia, necessitavo di sapere cosa fosse accaduto di tanto terribile da ridurlo in quello stato.

Erano passate due ore buone dall'arrivo del ragazzino. Vederlo sul portico, semi-nudo, zuppo di acqua piovana e fango fu una visione che mai avrei dimenticato. Fu straziante.
Per questo non avevo esitato ad accoglierlo tra le mie braccia nonostante quell'addio pessimo che egli stesso, col suo fare quasi sfacciato, mi aveva riservato.

"Taehyung" sussurrai massaggiandogli i capelli con le dita "ti va di dirmi cosa è successo?" tentai di chiedere col tono più dolce possibile. Volevo che si aprisse e si fidasse di me.

Lui non rispose, ma i singhiozzi iniziarono ad acquietarsi. Lentamente aprì le palpebre, mostrandomi quegli occhi così e grandi e così belli resi rossi dal grosso quantitativo di lacrime, le cui gocce adornavano le ciglia lunghe, proprio come la rugiada sulle foglie di primo mattino.

"Ho bisogno di sapere se qualcuno ti ha fatto del male." Quella domanda mi parve così stupida anche a me stesso che mi sarei preso a schiaffi. Sapevamo entrambi dove io volessi andare a parare.

Sospirai, rinunciando a quella che parve una titanica impresa. Così poggiai di nuovo la guancia sui capelli morbidi, guardando il turbante abbandonato dall'altra parte del divano. Taehyung se l'era sfilato nell'esatto momento in cui era entrato.
Fu un fatto strano, ma che mai avrei dimenticato.

"Jungkook" fece una voce proveniente dal basso, rotta dal pianto.

"Hey" feci sobbalzando, mostrandogli un piccolo sorriso.

Passarono pochi secondi, ma poi continuò.
"Non ne posso più" dichiarò puntando lo sguardo languido, liquido, dritto nei miei occhi.

"Di che parli?"

"Di Lui" e riprese a singhiozzare, come se solo sfiorare il pensiero di quell'uomo lo riducesse in macerie.

"Ma ora sei qui, no?" feci asciugandogli le lacrime dalle guance.

"Tornerà. Lui torna sempre. Troverà sempre il modo di riavermi con lui" ammise nascondendosi l'addome lasciato scoperto dai vestiti strappati. Mi promisi di portargli dei vestiti nuovi non appena si fosse calmato. "È come un segugio, ed io sono la sua preda preferita. Quello che ho con lui è la cosa più simile che ci sia al patto col diavolo. Nulla lo può spezzare".

Inconsciamente avevo smesso di carezzarlo e persino di respirare. Trattenni il fiato, terrorizzato dall'orrore che trapelava dagli occhi del ragazzino.
Al giorno d'oggi non è raro sentir parlare di queste cose: pedofilia, bordelli, gente macchiata da centinaia di crimini e atti orribili, erano argomenti di cui si sentiva parlare all'ordine del giorno. Ma nessuno s'interessava mai veramente dell'argomento, compreso il sottoscritto.
Più di mormorare cattiverie e rimanere disgustata, la gente non faceva altro. Guardava i telegiornali e leggeva libri a riguardo rimanendo distanti, quasi stessero osservando in maniera distaccata il vero orrore di quegli atti, come separati da un pannello di vetro da quegli avvenimenti.
Guardavano, ma non sentivano quello che stava accadendo.

𝔯𝔞𝔤𝔞𝔷𝔷𝔬 𝔠𝔬𝔫 𝔩'𝔬𝔯𝔢𝔠𝔠𝔥𝔦𝔫𝔬 𝔡𝔦 𝔭𝔢𝔯𝔩𝔞Where stories live. Discover now