1.3 - VORTICI

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7 marzo 1986
Eravamo già davanti all'Arcade molto in anticipo. Mike e El erano andati da qualche parte e io stavo giocando un'altra partita. A dire il vero mi erano finiti i gettoni, e mi stavo dirigendo alla cassa a prenderli.
<Scusa, mi puoi dare degli altri gettoni?> Dissi porgendo i soldi a Steve.
Lui e Robin, dopo la chiusura dello Starcout erano venuti a lavorare qui. A Robin piaceva molto, mentre Steve, era un po'imbranato, e si ostinava ancora a flirtare con ogni ragazza che raggiungeva la cassa.
<Certo! Dove sono le altre teste vuote?> Chiese Steve sfoggiando un sorriso.
<Boh...> Mi limitai a dire. Non volevo pensare a cosa stavano facendo El e Mike. Non che facessero qualcosa di brutto, ma...
"Senti Will, non ci pensare" dissi nella mia testa scacciando quel pensiero.
<Ecco a te!> disse lui, avvicinandomi una manciata di gettoni. Sorrisi e mi diressi verso Dig Dug.
Voltando l'angolo, mi accorsi che era occupato. Uffa. Sbuffai e tornai indietro approfittandone per andare al bagno. I bagni del locale erano comuni, e di solito erano puliti, pensai nel tragitto. Così arrivato, aprii la porta.
<No, Mike. Sono arrabbiata.> Disse El. Stavano parlando? So che non dovevo ascoltarli, ma ero troppo curioso, e la loro conversione sembrava interessante.
Notai che stavano parlando in un bagno.
Così piano mi misi in quello accanto e misi i piedi sopra il gabinetto per non far vedere le scarpe. Il cuore mi batteva un po' più velocemente per l'agitazione. Se mi avessero scoperto?
<Senti El, se c'è un motivo per cui in questi giorni sono stato un po' più con Will, era perché dovevo distrarmi, e... lo sai... Ti amo El.>
Disse Mike, provocandomi una voglia matta di vomitare.
Dolore.
Avevo in mente questa parola.
Mike... quello stronzo aveva parlato con me, non per me, per quella stupida ragazza! Perché come al solito, non valgo niente per nessuno!
Non sono lo strumento di distrazione di Mike, cazzo. Non lo sono!
La rabbia mi ribolliva nelle vene.
Sentivo una grande fitta al petto e non riuscivo quasi a respirare.
Come avevo anche solo potuto immaginare che Mike fosse stato con me, perché provava qualcosa? Strinsi i pugni e mi sforzai di non piangere. Dall'altro bagno, si sentivano le labbra di Mike e quelle di El che si congiungevano.
Quel rumore mi faceva male. Mi tappai le orecchie e pensai a quel sogno.

"Tu credi davvero che noi siamo solo amici?"

Ma nella realtà non era così. E quella frase, invece di tranquillizzarmi mi stava agitando ancora di più.
Odio Mike, pensai, sapendo nel momento esatto in cui pronunciai quelle parole, che non potevano essere vere.
Io sentivo di odiarlo solo perché lo amavo. E il mio amore, non era corrisposto. Dopo tutte le cose che mi sono andate di merda, ora pure questo?
Il dolore lancinante al petto mi costrinse a stringere le gambe a esso. Così, mi accorsi che senza averlo voluto, ero per terra. Dovevo risalire sul water, Pensai. Così rimessi i piedi sul gabinetto, ascoltai cosa succedeva fuori da lì. Ma non sentivo niente. Se n'erano andati?
Dopo qualche minuto, preso per calmarmi, uscii fuori. Volevo solo tornare a casa e non vedere più Mike. Almeno per oggi. Uscii dal bagno e andai direttamente verso l'uscita.
<Ehy Will, dov'eri...> iniziò Mike ma lo ignorai e uscii dal locale.
In un certo senso sperai che lui mi seguisse, ma alla fine capii che era stupido sperare una cosa del genere.
<Will!> Era Mike. Alla sua voce il mio corpo si irrigidì, ma non mi voltai. Mi fermai rimanendogli di spalle.
<Vattene Mike! Ora ti sei distratto, no?> Dissi senza ragionare su quello che dicevo. Avevo perso la testa, e Mike, qui, era solo della benzina in più a questo incendio incasinato.
<Cosa? C-che stai dicendo?>
Disse lui balbettando .
Faceva pure finta di niente?
Oh Dio, che stupido che sono.
Il petto mi bruciava e la testa mi faceva male. Mi sedetti su un marciapiede, non facendocela più a camminare.
<Will... io.. Tu ci hai-> Iniziò Mike, ma io gli tappai la bocca con la mano.
<Zitto. Stai zitto, cazzo.> Imposi. Lui spalancò gli occhi, e smise subito di parlare.
<Mike...Non sei costretto a stare con me. Se vuoi stare solo con El, stai pure con lei. Tranquillo. A me non me ne frega.> Dissi queste parole soffrendo a ogni sillaba.
Spostai la mano dalla bocca di Mike alla sua spalla. Poi nervosamente la rimisi lungo i miei fianchi.
Mike schiuse le labbra come per dire qualcosa ma non disse niente. Rimase lì immobile a fissarmi. E io feci lo stesso.
<Ho sbagliato con El... Le ho detto quelle cose perché... perché sono un coglione. Will, io... non so cosa...>
Io lo guardai con l'espressione di dissenso migliore che potessi fare, e mi misi le mani tra i capelli.
<Ti prego, Mike. Risparmiamelo.> Dissi senza nemmeno guardarlo. So che se lo avrei guardato, ci sarei cascato di nuovo. In quel vortice dove perdonerei Mike anche subito. Nel vortice dell'amore se così lo vogliamo chiamare. Il fatto è che non risparmia nessuno. Fa fuori tutti i cuori, uno a uno, e poi non restituisce niente. Neanche un pezzo. Mike era come un vortice, e io non potevo permettermi di cadere. Almeno non in questo, dove c'era già El.
<Ma... Will...> Sussurrò lui, prima che io me ne andassi e non sentissi il resto della frase. Forse non l'aveva nemmeno continuata. Mike lasciava sempre tutto in sospeso.

Giurai che stavo camminando da giorni, se non avessi l'orologio che mi segnalava che avevo camminato per circa tre ore.
Avevo la gola secca, le gambe pesanti e il petto che ancora doleva da quella litigata.
Sentivo l'aria fresca della sera che mi faceva rabbrividire.
Era tardissimo. Nella mia testa era ancora impresso lo sguardo perso di Mike quando aveva capito che avevo sentito tutto.
Mi guardavo intorno senza neanche sapere dove fossi. Ero davanti un locale con delle scritte a led rosse: Taffy.
Che nome buffo.
Mi brontolò lo stomaco al solo pensiero di cibo. A pranzo non avevo mangiato molto, poiché ero troppo distratto a pensare a Mike e El, e avevo solo avuto voglia di stare sul mio letto per ore ad abbracciare quella felpa.
Questa era una zona della città che non avevo mai visto prima. Era carina. Questo aggettivo non poté che ricordarmi Mike.

"Sei più carino."

Mi venne in mente questa frase. E mi venne voglia di urlare e piangere. Ma ero fin troppo stanco pure per questo.
Non mi sentivo più in vena di fare niente.

In lontananza vidi una cabina telefonica. Dovevo arrivare lì per chiamare Jonathan o la mamma. Poi mi sarebbero venuti a prendere.
Mi sentii un po' sprofondare pensando a mia madre, che è sempre iperprotettiva, chissà cosa starà pensando ora. Magari ha già denunciato la mia scomparsa, pensai lasciandomi scappare un leggero sorriso.
Mi guardai nelle tasche, avevo qualche spicciolo che mi sarebbe bastato per la chiamata.
<Mamma?> Dissi per far riconoscere a mia madre che ero io.
Ma mamma esitava.
Dopo uno strano rumore riconobbi il suo respiro.
<Will, tesoro mio! Ci hai fatto preoccupare tantissimo!> Aveva la voce rotta. Forse aveva pianto. Per colpa mia. Mi sentivo... stupido.
Intanto il freddo mi raggiungeva, facendomi tremare.
<Sono davanti un locale, si chiama Taffy... scusa mamma solo che... dovevo stare da solo...> Abbassai il tono di voce sulle ultime parole.
<Vengo a prenderti. Aspetta lì, tesoro.>
Disse Joyce attaccando.
Vidi una panchina e mi sedetti.
Non riuscivo a non pensare a Mike. Mi aveva umiliato, e mentito. Io invece ricordo molto bene quando lui diceva con voce sicura che gli amici non mentono.
Quindi se davvero diceva che ero il suo migliore amico, perché mi trattava così?
Un'altra lacrima mi scese e non potei più trattenermi.
Perché ero così...?
Cos'avevo di sbagliato!?
Il mio respiro si fece più affannoso e le lacrime scendevano come cascate, e in quella strada buia e silenziosa, il mio pianto fungeva da accompagnamento, simboleggiando che in quella giornata, per alcuni felice, per altri invece era stata triste.
Alcune persone mentre passavano mi guardavano con compassione, altre invece stranite.
Così smisi di piangere. Non volevo ricevere tutte queste attenzioni.
Chiusi gli occhi.
Sentivo un piccolo brusio di voci provenire dai locali.
Magari si stavano davvero divertendo... oppure indossavano quella maschera che tutti sanno indossare così bene.
Poi il rumore dei freni mi fece aprire gli occhi, e una macchina si fermò proprio davanti a me. Dal sedile del passeggero scese mamma.
Era molto ansiosa e aveva quella maledetta sigaretta sulle labbra. La macchina era quella di Jonathan, forse mamma era troppo stanca per guidare.
Lei mi venne in contro e mi abbracciò.
<Will, dove...> Mentre parlò si stacco da me e sicuramente notò che avevo pianto, perché lasciò la frase a metà.
<C-cos'è successo?> Mi chiese mentre mi mise una mano sul viso come per assicurarsi che andava tutto bene.
<Niente... D-dovevo solo riflettere.> Lei mi guardò un po' triste. <Will, ti ascolterò, se hai qualcosa da dire...> insistette lei dopo.
Mi faceva male mentire alle persone a cui volevo bene, mi sentivo come se fossi una persona falsa, schifosa.
<Ora sto bene.> Dissi abbracciandola ma sentendomi sprofondare nel marciapiede. Le volevo molto bene. Era una delle poche persone che c'era sempre stata, al mio fianco.
<Stai gelando... torniamo a casa, tesoro.> Disse e ci sedemmo in macchina. Nel posto di guida c'era Jonathan, che però, concentrato a guidare mi chiese solo come stavo.
Io risposi che stavo bene.
Ma in realtà mi sentivo come uno che aveva perso tutto.

Ciao!💘
Scusate ma dovevo spezzare il cuore al povero Will e niente spero che la storia vi piaccia!❤️💞 Ci sentiamo presto col prossimo capitolo! Bye💥💙

°○◎※That Right Time※◎○°Where stories live. Discover now