capitolo 2

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Juuzou's pov

che (t/n) non avrebbe mai voluto mettere quella maglietta era scontato. con quella maglietta completamente nera (credo sia di taglia XXXL), i pantaloni stile militare pieni di tasche e le Nike nere era più che logico. perciò avevo preparato un "piano" per convincerla ad indossarla. certo avrei potuto tranquillamente prenderle un'altra maglietta più adatta al suo stile e ai suoi gusti. ma non sarebbe stato divertente. così iniziai a sbottonarmi la camicia. vedevo l'imbarazzo che si faceva strada dentro di lei. "facciamo così. te lo chiederò altre 5 volte. se dirai di no sbottonerò un altro po' la camicia. se dirai di sì la abbottonerò" le spiegai sorridendo maliziosamente. non avrebbe resistito a lungo. "metterai questa maglietta?" "NO" rispose lei decisa. un bottone in meno. "la metterai?" "MAI!" e un altro bottone andato. "sicura?" mi misi pronto per sbottonare il terzo. lei sbuffò, alzò gli occhi al cielo e mi strappò la maglietta in malo modo dalle mani. mi guardò storto: "Ehm... mi dovrei cambiare" "Tranquilla, non guardo" mi misi le mani davanti agli occhi, lasciando una fessurina in modo da vedere. lei sbuffò per l'ennesima volta, si voltò e si tolse la maglietta: aveva un fisico snello e asciutto. la schiena era pallida, con una piccola cicatrice sul fianco sinistro. si mise la maglietta hawaiana. le stava un po' grandetta. "puoi togliere le mani" disse sempre con quel suo tono che era una via di mezzo tra scetticismo e sarcasmo. "io ancora devo cenare. se vuoi mi puoi fare compagnia. dopo, sempre se a sua maestà garba, ci guardiamo un film" dissi sorridente. alzò gli occhi al cielo. "d'accordo" disse. entrati in cucina io misi del ramen in microonde e apparecchiai. nel frattempo lei era seduta su una delle sedie facendo zapping nella piccola televisione che era poggiata su uno scaffale. alla fine scelse un film horror sugli zombie. non appena il microonde suonò divorai il ramen. morivo di fame. ne approfittai per osservarla meglio. aveva i capelli che le arrivavano fin sopra le scapole, completamente neri e liscissimi, legati in una piccola gigliola a forma di tuppino sulla nuca. gli occhi erano uno nero e uno grigio ghiaccio, la pelle pallida quasi quanto la mia e le labbra sottili (a. a: io da cisgender). "cosa guardi?" chiese (t/n), accorgendosi che la fissavo. "I tuoi occhi" risposi "sono particolari" "alcuno credono che ce lo abbia così perché sono figlia del diavolo" ribatté lei con un mezzo sorriso. ne scappò uno anche a me. aspettate un attimo. fermi tutti. perché le stavo sorridendo? non ci sarebbe dovuto essere niente tra di noi. e allora perché...? scossi la testa e iniziai a sparecchiare. poi presi dei pop corn e ci misimo sul divano per scegliere il film da vedere. dopo un quarto d'ora finalmente riuscimmo a metterci d'accordo per un giallo di Sherlock Holmes. 

finito il film andammo a dormire, ognuno nelle proprie stanze. 

il giorno dopo mi svegliai di buon'ora per preparare la colazione: dei pancake per me e... un caffè per (t/n). entrai in cucina e mi misi ai fornelli tentando di non fare rumore. volevo far dormire un altro po' (t/n), dato che tra due giorni avrebbe iniziato una routine a dir poco stressante. appena finii lei entrò in stanza: aveva i capelli tutti arruffati e un po' di bava le colava dall'angolo della bocca. "Buongiorno al mio ghoul affamato preferito" le dissi per infastidirla. "non chiamarmi così" disse lei irritata. "ehi, se avessi degli amici gli darei dei soprannomi" le risposi. "noi non siamo amici, siamo solo..." ci rifletté un poco, poi continuò "...siamo solo coinquilini temporanei" "d'accordo miss morte" ribattei. lei sussultò. "come fai a..." "te l'ho già detto. so tutto su di te. e nel concetto di tutto è compreso pure la tua carriera scolastica" risposi tranquillo. avevo letto nella sua scheda che veniva chiamata così dai suoi compagni perché era paragonata alla morte in persona. e in effetti... come biasimarli. "ah e parli nel sonno" aggiunsi. lei mise le braccia conserte "ah, ma davvero? e cosa dico?" chiese. "formule matematiche. a quanto pare sei pure intelligente" risposi. adoravo infastidirla in quel modo. "e hai della bava che ti scende da qui" le dissi indicando l'angolo della bocca. lei arrossì. si tolse la bava con un movimento del dorso della mano. "tieni, ti ho preparato il caffè" le dissi porgendole la tazza. lei la afferrò riluttante, e ne bevve un sorso, che sputò subito. "PUAH! cosa è questa schifezza?! non riesci nemmeno a preparare un caffè? io sto andando all'Anteiku. vorrei almeno una colazione decente" disse. "Ehm, con quali vestiti?" le chiesi palesemente divertito. lei sbuffò, poi chiuse il portone dal quale era già pronta ad uscire. "te ne preparo un altro. dimmi come si fa" le dissi sorridendo. lei mi si avvicinò. quel contatto fisico mi fece strano, come una scossa elettrica. "devi macinare i chicchi di caffè in un modo particolare. me lo ha insegnato mio nonno" spiegò lei. poi prese il macinino che tenevo in mano. un'altra scossa. perché mi faceva quell'effetto il contatto con lei? d'altronde lo avevamo pure specificato. solo coinquilini. mi ritrovai ad osservare le sue mani esperte che macinavano i chicchi di caffè. mi parevano maledettamente sexy. aspetta. da quando facevo certi pensieri? dovevo smetterla. "tieni, provaci tu. non ho voglia di alzarmi ogni volta e trovare questa porcheria" disse. mi porse il macinino. iniziai a macinare i chicchi, mentre lei rideva divertita. "cosa c'è?" chiesi. "lo fai nel modo sbagliato" disse ormai con le lacrime agli occhi. stavolta a sbuffare ero io. "ok ok, ti aiuto io" disse infine. poggiò le sue mani sulle mie accompagnandole in un movimento circolare. sentii un dolce tepore avvolgermi le nocche. finimmo di macinare i chicchi di caffè e lei li mise nella caffettiera per farli bollire. mentre aspettavamo iniziammo a sistemare le cose per fare colazione. mentre lei sistemava i tovaglioli mi sedetti ad osservarla di nuovo. lei sorrise "cosa vuoi?" "eh?" chiesi io cadendo dalle nuvole. lei scoppiò a ridere. "è la terza volta in due giorni che ti becco a fissarmi. cosa vuoi?" cercai di sviare il discorso in qualche modo. quella conversazione mi metteva a disagio. "qualcuno oggi si è svegliato di buonumore eh?" scherzai. "diciamo di sì" rispose lei "oggi devono arrivarmi i vestiti, così finalmente posso levarmi questo orrore" spiegò. "ah già, me lo ero scordato" risposi. in qualche strano modo mi dispiaceva che non potesse più indossare quella maglietta. un fischio interruppe quel momento di tristezza. il caffè era pronto. lo versai in una tazza con su scritto "migliore agente della CCG" che mi aveva regalato Shinohara per il mio primo anno come agente. gliela porsi e mi misi i pancake sul piatto e li divorai in un secondo

«quarantine» [Juuzou Suzuya x reader] Onde histórias criam vida. Descubra agora