Qualcuno bussò alla porta della sua camera.
-Avanti.- L'uscio si aprì facendo quel solito cigolio, così familiare alle orecchie di Elisabetta.
-Ehi, ti stai preparando? - La madre entrò timida nella stanza, non aveva intenzione di disturbarla. Sapeva bene quanto la figlia amasse la propria privacy; quando la porta era chiusa era un segnale di "non venite a rompermi le scatole"; invece, quando la trovavi aperta o socchiusa, avevi il via libera. In quel momento aveva voglia di parlarle. Le era mancata così tanto.
-Ho appena finito di asciugarmi i capelli. - le disse mentre si sistemava la frangetta separata sulla fronte.
-Sì, ho sentito che hai fatto la doccia- rispose la madre con un sorriso. Quando Betta faceva la doccia, sua compagna immancabile era la musica, che riecheggiava per tutta la casa insieme al suo canto: che fosse stonata o intonata non le importava, le bastava cantare a squarciagola per sentirsi bene. La mamma si rese conto di quanto le fossero mancati quei momenti e si chiedeva come le coinquiline della ragazza potessero sopportarla, dato che cantava in continuazione. MA ovvio che non ci si potrebbe aspettare di meno da una ragazza che frequenta un' accademia del musical. - Immagino ti servisse per rilassarti dopo il viaggio- continuò la madre.
- Si, mi ci voleva proprio. Il viaggio mi ha stancata molto, considerando che aveva anche 25 minuti di ritardo. Poi, dopo cena, mi preparo ed esco. -
La madre era contenta che uscisse più tardi. Voleva passare un po' di tempo con lei e tenersela gelosamente un attimo tutta per sé: le sembravano passati anni dall' ultima volta che l'aveva vista e invece erano passati due mesi. Non era mai stata così tanto tempo lontano da casa. Era sempre dura vederla salire su un treno che se la portava via. La cosa più importante, però, era che sua figlia fosse felice. Come è ovvio che sia, è sempre doloroso per una madre vedere i propri figli che lasciano casa, perché ci si rende conto che ormai sono cresciuti e cominciano a pensare alla propria indipendenza e a voler capire cosa significa essere 'grandi'.

Mentre la ragazza si sistemava, la guardava: si era fatta ancora più bella. Si stava sistemando i neri capelli che le arrivavano quasi alle spalle e la frangetta le incorniciava il viso, richiamando l'attenzione sui suoi occhi. Quei suoi occhi, di un colore verde e marrone inspiegabile, che alla madre piacevano tanto. Sin da quando era piccola, riusciva a cogliere nel suo sguardo ciò che la bimba provava. Ora che si era fatta grande però le sembravano indecifrabili, un enigma. Erano impenetrabili. Quando posava il suo sguardo su qualcosa non potevi non notare quella scintilla di curiosità, che le era sempre stata propria. Ma qualcosa, nel suo sguardo di quando era piccola, era cambiato. Quando sentivi i suoi occhi posarsi su di te, provavi un senso di imbarazzo, come se fossi nudo e non potessi nascondere niente. Quegli occhi esprimevano tutto e niente insieme.
Il piercing a cerchietto faceva compagnia alla narice sinistra del piccolo naso.
La bocca rosea carnosa, lasciava spazio ad un bellissimo sorriso, che la madre aveva voglia di vedere e da cui usciva, leggiadra e musicale, la sua voce.
Sembrava più adulta e più matura dei suoi 19 anni.

Quando aveva detto che sarebbe tornata per il weekend, la madre aveva cercato di contenere la gioia, ma non ce l'aveva fatta: un urletto di gioia le era uscito dalle labbra e non le si era tolto il sorriso per tutta la settimana, nemmeno una volta. Chiunque passandole accanto poteva notare la sua contentezza, tale da essere contagiosa.
Era arrivata a prenderla alla stazione un'ora in anticipo. Era tanto emozionata e non vedeva l'ora di abbracciarla e stringerla a sé. Aveva aspettato con ansia che la voce metallica della stazione annunciasse l'arrivo del suo treno. La sua impazienza era tale da farla camminare su e giù per tutta la banchina. Poi ecco la tanto attesa comunicazione del treno "Roma-Firenze S.M. Novella" che stava per fermarsi alla stazione di Arezzo. Le persone sulla banchina guardavano in direzione del treno, come in una gara silenziosa di chi lo avvistasse per primo.
Eccolo, poi, rallentare la sua corsa per interromperla e far scendere i passeggeri che portava nella sua pancia.
Elisabetta aveva sceso con cautela i gradini e si era ritrovata dopo tanto tempo a sentire, sotto i suoi piedi, quella che era la sua città.
Aveva avvistato sua madre in lontananza e non poteva che spuntarle un sorriso.

-Per cena ci sono papà e Riccardo?-
-Tuo padre dovrebbe tornare a minuti e non vede l'ora di poterti abbracciare. Ric invece non c'è, ma dovrebbe ripassare da casa e, sennò, penso che lo vedrai in giro per il centro stasera.-
-Bene, perfetto.-
Continuarono a parlare ancora per un po', aggiornandosi sulle cose successe e quelle non successe. Sulle belle giornate e sulle brutte giornate. Sulle cose perse e sulle cose trovate.
-Adesso vado a finire di preparare la cena, quando è pronto ti chiamo.-
-Si, poi fra poco scendo per darti una mano.- rispose la ragazza con un sorriso.
La madre stava per uscire quando Betta la richiamò:
-Ah mamma!-
-Si dimmi.-
-Mi sei mancata.- Disse questo, accompagnandolo con un abbraccio.

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