Capitolo 2.

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Non uscivo dalla mia camera d'almeno una settimana, da quando ero ritornata a Los Angeles.

Mi ero presa una bella febbre che da due giorni se n'era finalmente andata lasciandomi sola con gli effetti collaterali dell'antibiotico che mi aveva prescritto mia madre, grande dottoressa, e ormai il letto aveva preso la forma del mio corpo.

Avevo passato una settimana d'inferno e il mio umore non era cambiato per niente.

<< Bec >> sentii pronunciare il mio nome e mi voltai verso la porta.

<< Dimmi Nath >> pronunciai imbacuccata dalle coperte, nonostante fuori ci fossero almeno trenta gradi.

Mia sorella Nathalie entrò guardandomi storta e rimanendo in piedi sul ciglio della porta con le mani sui fianchi.
Aveva provato in tutti i modi a farmi uscire dalla mia stanza da liceale, ma non ci era mai riuscita durante questa settimana e probabilmente questa era la volta buona che ce l'avrebbe fatta.

<< Io sto uscendo con Freddy per cena, perché non vieni anche tu? >> mi domandò avvicinandosi mentre io prontamente mi sollevai con il busto e scossi la testa.

<< Non credo che mi farà bene uscire >> mi giustificai mentre lei a passo svelto si avvicinò alle mie persiane e le alzò, mostrandomi un tramonto magnifico.

<< Io invece >> incominciò lei dirigendosi verso il mio armadio << Credo che uscire da questa stanza dopo una settimana che ci stai rinchiusa >> aggiunse con tono deciso e tirando fuori una tuta molto simile a quella del pigiama che indossavo << Ti farà più che bene! >> concluse tirandomi addosso una canottiera bianca.

Me la tolsi dalla faccia e la guardai accigliata pensando che quella non avrebbe bastato a cacciare i brividi post febbre.
Lei dal canto suo si girò di nuovo dalla mia parte legandosi i suoi lunghi capelli biondi in una coda e mi fissò truce, aspettando che dicessi qualcosa.

<< Non ho voglia >> borbottai, pensando al fatto che non avevo nessuna forza per alzarmi dal letto e uscire fuori, nelle strade della città che più detestavo.

<< Devi smetterla di piangerti addosso Becca! >> mi riprese lei puntandomi l'indice storta << Vatti a fare una bella doccia, avrai modo di ringraziarmi dopo >> concluse infine, andandosene e lasciando la porta aperta.

Mi alzai a mala voglia dal letto sbuffando convinta del fatto che fosse orribile muoversi e dare segni di vita dopo una sola settimana che non mi era per niente bastata a farmi riprendere e guardai fuori dalla finestra quel quartiere in cui ero cresciuta e che in quel momento era ricoperto da un cielo rosa e violaceo.

Decisamente non avrei mangiato niente al FastFood di Freddy o altrimenti avrei vomitato per l'ennesima volta e l'anima avrebbe abbandonato il mio corpo, ma forse per una volta dovevo ascoltare Nathalie.

Freddy era il suo fidanzato ed era un ragazzo d'oro, buono, carismatico, gentile e molto disponibile.
Non appena me l'aveva fatto conoscere, quando erano venuti a trovarmi a San Francisco, avevo espressamente detto a Nathalie di non lasciarselo scappare per nessun motivo al mondo.

Dopo aver fatto la doccia miracolosamente, non mi truccai e non cercai nemmeno di rendermi presentabile, bensì mi asciugai i capelli, mi misi la tuta che Nathalie mi aveva tirato fuori dall'armadio e
una felpa comoda sopra la canottiera.
Avevo l'umore a terra e non riuscivo nemmeno a nasconderlo.

Dopo essere scesa di sotto, Nathalie e io uscimmo e andammo in bicicletta verso il FastFood di Freddy non molto lontano dal nostro quartiere.
La differenza tra di noi era al quanto esilarante poiché lei indossava degli shorts e una canottiera leggera, e come se non bastassero i vestiti che indossavo io, sentivo lo stesso un leggero freddolio.

Poco più di uno scherzoWhere stories live. Discover now