XI. are we all lost stars, trying to light up the dark?

787 43 5
                                    

Papà non vuole ancora parlarmi. Si è ostinato nel suo muro di silenzio, che nemmeno il territorio neutrale della Tana riesce a far crollare.

Cosa posso fare per farmi perdonare? Non lo so. Non so cosa fare, se lui non mi parla, se non lascia nemmeno che io ci provi.

Io lo so, che prima o poi supereremo tutto questo. Ma non voglio che succeda in extremis.

Non voglio che sia la vista di mio figlio, il richiamo del sangue e dell'affetto per una creatura appena nata, a farlo riavvicinare a me.

È proprio a questa creatura, che penso, appena esco dal San Mungo. E' piccolo, poco più che un fagiolino. E la sua presenza comincia a farsi sentire sotto la pelle.

Scorpius non c'era. Rammaricato e un po' furioso con chissà chi, mi ha fatto sapere che era rimasto bloccato al Manor. A fatica, sono riuscita a convincerlo che era tutto okay, con la promessa che sarei passata non appena avrei finito.

Una pioggerellina sottile cade giù, mentre mi dirigo in macchina. Niente smaterializzazioni, ha ordinato Lily, abbastanza categorica.

Il bambino sta bene, ha detto, e il primo trimestre è passato senza alcuna complicazione.

Ho avuto un po' di reticenza a mettermi su quel lettino, lasciar fare a qualcun altro... Ma quello di cui ho avuto più paura e, al tempo stesso, quello per cui non riuscivo più a contenere l'attesa, è stato sentire quel battito. Potente, fortissimo, sano battito di cuore di una creatura che sto crescendo dentro.

Non avrei mai e poi mai pensato che avrei potuto emozionarmi per una cosa del genere. Non ho mai avuto una particolare inclinazione per tutto questo. Essere madre non è mai stata un'aspirazione che mi abbia sfiorata minimamente. Eppure, capisco cosa possa esserci di così speciale. L'istinto materno, magari, fa anche la sua parte. Ma la meraviglia di una vita che nasce quasi dal nulla è... Magica!

Una magia che va al di là delle nostre capacità, direbbe qualcuno.

Lungo l'autostrada semideserta, sulla via per il Manor, ciò che mi viene da pensare ancora una volta, è che non era questa la vita che immaginavo per me. Non avrei mai e poi mai seguito questo percorso, se avessi lasciato tutto questo alla luce della ragione.

Non ho mai lasciato, normalmente, alla casualità ciò che dovevo essere, o ciò che dovevo fare.

Forse è questo, che da più sconcerto a mio padre. A quanto possa essere potente l'immagine di una persona che ci si costruisce, e a quanto possa destabilizzare nel momento in cui questa stessa immagine viene destabilizzata... Non ci avevo mai pensato.

Si potrebbe credere che io stia ingigantendo la cosa, che magari io veda cosa che non ci sono, e che sono solo questi stupidi ormoni a farmi impazzire. E molto probabilmente è così. O forse no.

Mi accorgo per il rotto della cuffia, che l'uscita dell'autostrada è vicina. Scorgo il Manor dopo una decina di minuti, e parcheggio di fronte l'enorme cancello.

Nonostante la sua magnificenza un po' tetra, mi è sempre piaciuto percorrere a piedi questo viale. La storia la conosco. Conosco tutto quello che è passato di generazione in generazione tra le mura di questo maniero. Probabilmente, e senza andare troppo lontano nel tempo, sono una delle pochissime persone 'come me' a percorrere questo viale, ad entrare in questa casa.

Preferisco non pensarci, e indirizzare la mia mente altrove.

Sto per bussare, quando il grande portone di quercia si apre. Per un attimo, rimango interdetta. Una bellissima donna in abiti scuri si ferma davanti a me per una manciata di secondi, poi mi rivolge mezzo sorriso, e va via, smaterializzandosi a metà viale.

Lost&FoundDove le storie prendono vita. Scoprilo ora