CAPITOLO VENTOTTO

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Sono davanti casa di Matthew con l'intenzione di sentire cosa vuole da me. Suono al campanello e lui stesso mi viene ad aprire, «dimmi cos'hai di tanto importante da farmi venire qua» dico il più fredda possibile mentre lui mi fa cenno di entrare e di sedermi sul divano. «Mi sei mancata in questi giorni» afferma per poi iniziare a baciarmi e a mettermi le mani addosso, mi stacco schifata cercando di allontanarmi il più possibile da lui. «Matthew lasciami, non toccarmi.» «Non posso, non prima che io abbia fatto soffrire Jacob.» Ma io, che cazzo c'entro. «Matt, io non so cosa è successo tra voi due, ma non c'entro nulla» affermo sulla difensiva sperando si fermi, mi afferra dai polsi stringendoli e facendomi gemere dal dolore. «Tu c'entri eccome, lui ha fatto soffrire la persona che amavo, ora farò lo stesso con te» dice con gli occhi iniettati di sangue mentre mi spinge sempre più verso il divano. Cerco il più possibile di divincolarmi e di uscire da questa maledetta casa, ma lui mi prende dalle braccia stringendo sempre di più la presa. Si mette sopra di me mentre cerco di alzarmi, di andarmene, ma lui mi tiene ferma sul divano. «Matthew lasciami, ti prego non lo fare» grido cercando di farlo ragionare, ma, in tutta risposta, mi tira uno schiaffo in pieno viso dicendomi di stare zitta. Con un rapido movimento mi abbassa i pantaloni e le mutandine, fa lo stesso con i suoi indumenti ed entra in me. «Matthew basta, ti prego smettila» urlo ormai in lacrime, ma lui non fa nulla, continua a spingere sempre più forte e più veloce fino a quando non mi viene sulla pancia.
Finisce il suo "lavoretto" e mi fa uscire da quella casa distrutta. Mando un messaggio a Jacob chiedendogli di venirmi a prendere, lui capisce e mi raggiunge il prima possibile. Non posso credere che mi abbia fatto questo, che abbia violato così la mia persona come se valesse meno del suo sputo, per cosa poi? Per una stupida lite avvenuta con Smith negli anni di Cristo. Mi sento una bambola vudù che viene usata per far del male a qualcun altro. Mi distraggo dai miei pensieri quando vedo la macchina di Jacob fermarsi davanti a me, entro in macchina in condizioni indecenti: gli occhi gonfi e rossi, lo sguardo vuoto, i capelli scompigliati e i vestiti stropicciati. «CAZZO, sapevo che non era una buona idea lasciarti andare là da sola, Cristo, spero gli diano l'ergastolo a quel brutto figlio di puttana» dice dando un pugno al volante per poi guardarmi preoccupato con gli occhi che mi sembrano essere leggermente lucidi, non dico nulla e insieme ci dirigiamo verso la stazione di polizia per denunciare. Il cuore mi batte a mille mentre mi dirigo verso la l'ingresso del grande edificio grigio, entro e mi dirigo verso un poliziotto con le mani che sudano e Jacob che mi da' delle dolci carezze sul dorso. «Salve, mi scusi, dovrei esporre denuncia» dico un po' titubante, lui mi sorride comprensivo e mi fa avvicinare ad un bancone, dal quale prende un foglio e una penna per appuntarsi tutto. «Certo, che tipo di denuncia?» «Per stupro» affermo freddamente con lo sguardo basso, il ragazzo in divisa mi invita a sedermi comunicandomi che tra poco sarebbe venuto un altro agente per la deposizione. Jacob è vicino a me, continua a ripetere che andrà tutto bene e che non mi succederà nulla; credo che sia l'unica persona con cui sono sicura che non mi accadrà niente. Quando mi ha abbracciata, quando i suoi occhi lucidi mi scrutavano lungo tutto il tragitto in auto, mi sono sentita al sicuro: ho capito che con lui vicino ogni male che sento passa in secondo piano. Lui mi fa sentire bene, persino ora che sta andando tutto a pezzi, che sono a pezzi.
Dopo una decina di minuti un'agente si avvicina a me con una cartellina in mano e mi chiede di seguirla. Mi fa entrare in una stanza e mi fa mettere comoda su una sedia posta di fronte ad un tavolo di latta, lei mi guarda provando a darmi forza, come se capisse il mio dolore e mi stesse dicendo che tutto si risolverà. «Ora raccontami tutto quello che è successo, non dimenticare di specificare i dettagli», annuisco ed inizio a raccontarle tutto quello che è successo come se fosse la cosa più normale del mondo. Esco da quella camera sentendomi più leggera e tranquilla, Jacob mi sta ancora aspettando nella "sala d'aspetto" e noto che l'ha raggiunto anche Zoe che, appena mi vede, mi abbraccia forte. La denuncia è stata fatta e Matthew, se non riuscirà a pagarsi la cauzione o ad ottenere un semplice processo, starà dentro per più o meno sette anni. Ai miei genitori e ai miei amici non ho detto nulla, odio essere al centro dell'attenzione, o dover parlare di me, ma so che prima o poi si scoprirà tutto. Jacob ha promesso che non mi lascerà sola un attimo e che continuerà a starmi vicino il più possibile, so che si sente in colpa, ma so che l'avrebbe fatto comunque. Lo conosco abbastanza da poterlo dire. Queste sue piccole attenzioni mi stanno facendo confondere, con lui mi sento strana e ho notato che anche lui si comporta diversamente in mia presenza. Credo proprio di essermi innamorata di lui e spero che non mi spezzerà il cuore.

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