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Non appena si è svegliato quel mattino, sollevando le tapparelle su un mondo gelido e imbiancato di neve, Alex è stato letteralmente sequestrato da Gemma, che l'ha trascinato a casa sua per raccontargli, davanti a una fetta di torta, i particolari del suo "incontro" con Bernard Lacroix. Un monologo di 40 minuti in cui le parole "gentiluomo", "elegante" e "raffinato" uscivano ogni due per tre da quella bocca rugosa, mentre gli occhi, rigorosamente ombrettati di verde, si arricciavano di gioia, ancora capaci, nonostante l'età, di guardare il mondo con meraviglia.

Alex l'ha lasciata parlare e parlare, finché non ha cominciato, stordito, a vedere dondolare i fiori rossi della sua tovaglia plasticata. Con l'ultimo palpito di coscienza rimastogli in corpo, se n'è uscito con un "Ti faccio la spesa!". E con questo l'ha pagata.

Gemma, interrotta sul più bello, ancora avvinghiata al suo sogno romantico, scrive, offesa e stizzita, una breve lista su un foglio di carta, borbottando sulla maleducazione dei giovani. Quindi glielo sbatte in faccia e lo caccia via.

Mezz'ora dopo, mentre sta rientrando con le buste in mano, Alex riceve una chiamata. Risponde e rapido sale da Gemma lasciandole la spesa davanti alla porta. Quindi scende le scale e torna fuori. A una decina di metri trova una berlina nera con autista. Questi apre la portiera e lo fa accomodare.

– Ciao, – dice Alex, sollevato dal clima riscaldato dell'abitacolo.

– Ciao. Grazie per avere accettato di incontrarmi.

– Figurati, Quentin. – Siede al suo fianco, notando con un'occhiata il completo d'alta sartoria che indossa, sovrastato da un trench doppiopetto in lana cashmere. Capelli rigidamente impomatati, così come l'espressione del suo volto: fin troppo impostata e severa. Emana un odore pungente di dopobarba, che trova vagamente nauseante. Pieno di orpelli impeccabili, a reggere il freddo di quegli occhi: diverso da Anton, come notte e giorno.

Si acciglia quando sente l'auto partire.

– Ce ne andiamo lontani da occhi indiscreti, se non ti dispiace, – fa lui cogliendo quello sguardo. – Ho detto all'autista di portarci in periferia, vicino alla zona boschiva.

Alex solleva le spalle ficcando le mani nelle tasche del suo giaccone. – Come vuoi. – Si rilassa guardando fuori dal finestrino, lasciandosi cullare dal rollio dell'auto e l'ottimo sistema di sospensioni. Dopo qualche chilometro, la vettura si ferma in un piccolo spiazzo di campagna punteggiato da boschetti; l'autista esce dall'auto e si va a fumare una sigaretta poco lontano.

Quentin si schiarisce la voce. – Come ti dicevo al telefono, ho un importante favore da chiederti, Alex.

Lui si volta a guardarlo. – Dimmi pure, se posso, volentieri.

– Voglio che tu entri nei server della nostra banca e inserisci i dati che ti dirò. Il progetto coreano è fallito e abbiamo un buco in bilancio di cinquecento milioni. Se non rientriamo subito, la banca ci revocherà il credito portandoci al fallimento. Dovrai figurare che quella cifra è stata accreditata. È un piccolo favore che ti chiedo, a nome della famiglia.

Alex spalanca gli occhi, sentendosi gelare. Gli manca l'aria, quell'abitacolo sembra all'improvviso troppo piccolo. – Non ci penso nemmeno! – scatta. – Sei impazzito, forse?

– Non vuoi farlo? Nemmeno per Anton?

– Non penso che lui approverebbe. Sa di questo ammanco? Sono settimane che lo vedo macinare su cifre che non tornano.

– Lo sa e vuole procedere legalmente. A costo di polverizzare il nome dei Lacroix e gettare tutti noi nel fango. Solo tu puoi salvarlo.

Alex scuote la testa. – No, Quentin. È una cosa illegale. Se siete nei guai adesso, dopo il mio intervento sarebbe una catastrofe. Ha ragione Anton, è meglio che risolviate la cosa a viso aperto.

Quentin tira su con il naso fissando nel vuoto per alcuni istanti. – Molto bene, – dice. E gli porge una cartellina piena di documenti.

– Cos'è questo?

– Sono dati che ho raccolto sulla tua attività informatica: prove di pirateria a tuo carico. Sei bravo nel tuo lavoro non c'è che dire, ma hai mandato troppi colleghi in prigione. E qualcuno si è risentito.

Alex sfoglia con occhi annebbiati quelle pagine fitte di tabulati e rapporti. – Sono artefatte, nessuno ci crederà.

– Non proprio. Uno degli incarichi che hai accettato tempo fa era piuttosto sostanzioso, vero? Beh, era un'esca. La richiesta di lavoro non è mai partita dall'azienda. In realtà, hai lavorato per me e l'ultimo hacker che hai mandato in galera, quello che era anche sui giornali. Qualcuno l'ha contattato per me, e abbiamo iniziato il nostro sodalizio. È incredibile cosa si possa fare anche stando dentro a una prigione. Le modifiche che hai apportato, mi hanno permesso di sottrarre informazioni sensibili, che lui non vede l'ora di ricevere, per dimostrare che eravate d'accordo. Sarai accusato di hacking informatico e associazione a delinquere. Con i tuoi precedenti, e il movente dei debiti di tua madre, nessuna corte crederà alla tua innocenza. Rischi quattro anni di carcere.

– Non sono uno sprovveduto, ho traccia di tutte le commissioni su cui ho lavorato, nomi e contatti.

– Anche di questa?

Alex rimane in silenzio.

Quentin espira un sorriso. – Non puoi averla, giusto? Non hai un contratto di collaborazione, lo stavi aspettando ma non ti è mai arrivato. E di fatto risulta che tu sia entrato nei loro sistemi senza autorizzazione, con credenziali di accesso che avevi memorizzato per un lavoro precedente, e che avresti dovuto rimuovere. Avevi bisogno di soldi e hai corso un rischio. Ma ti è andata male.

– Perché tutto questo?

– Inizialmente volevo solo allontanarti dalla nostra famiglia. Ma adesso c'è un motivo più serio: quell'ammanco deve scomparire! Sei perfettamente in grado di farlo. E la motivazione non ti manca di certo: se vai in carcere, chi aiuterà tua madre a pagare i debiti?

Alex ha un tremito violento. – Come fai a saperlo? – espira.

– Vi ho ascoltati il tuo primo giorno alla villa, quando parlavate nel salotto di Anton. E da allora ti ho messo alle calcagna il mio migliore investigatore privato.

– Dirò tutto ad Anton.

– E cosa gli dirai? – ribatte lui sprezzante. – Pensi che ti crederà dopo che gli avrò mostrato le accuse che ho in mano contro di te?

– Se è la verità, – fa Alex cercando di respirare, – lui lo capirà.

Si china su di lui e gli sussurra all'orecchio: – Accomodati, digli pure che suo fratello lo considera un inetto frocio disgustoso. Digli che ci sarà un momento in cui sarà lui a supplicarmi, come io l'ho supplicato ieri sera. E, in quel momento, non avrò pietà!

– Almeno a...avrà una scelta, – balbetta lui. – Deve sapere che razza di mostro è suo fratello.

– Parli tu di "mostri" con quel padre che ti ritrovi? A proposito, uscirà tra undici anni, giusto? Ma con un buon avvocato, chissà, potrebbe ottenere uno sconto di pena o qualche permesso speciale. Magari una di queste sere potresti ritrovartelo sotto casa. Per terminare il lavoro incompiuto... o informarsi su dove sia tua madre.

Alex sbianca e comincia a tremare, solleva una mano a proteggersi.

Quentin assottiglia gli occhi, captando con un brivido di soddisfazione di essere riuscito ad affondare la lama fino al cuore; gli afferra i polsi e lo strattona con forza, alitandogli a pochi millimetri dalla faccia: – Tutto svanirà come una bolla di sapone, a patto che tu faccia come ti ho detto. Falsifica il bilancio e poi vattene, fa perdere le tue tracce. Scappa, scappa dall'Italia. Nessuno ti conosce e a nessuno importerà di te. Tu non sei nulla, meno di un'ombra. Fa' il tuo lavoro e torna nel niente da dove sei venuto! Hai 24 ore di tempo. Se dici qualcosa ad Anton, farò del male anche a lui, anche a lui, mi hai capito! Esci dall'auto, un taxi ti riporterà a casa tra poco. 

Come petali di Veronica persicaWhere stories live. Discover now