Capitolo 12

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Sentivo l'oggetto metallico essere mosso con forza e impazienza all'interno della serratura.
Le mie mani erano premute sulle orecchie, così che ogni suono proveniente dall'esterno arrivasse ovattato.
Non era facile rivivere questi momenti di paura: nonostante fossero scaturenti da situazioni diverse, mi sembrava di essere di nuovo nella mia stanza da letto a Orlando, con Michael furibondo, che prepotentemente mi minacciava dall'altra stanza.
"Skyler" sentii richiamare da dietro la porta.
Non ero in grado di definire quanto tempo fosse effettivamente passato.
Riportai le mani tremolanti lungo i fianchi e cercai di alzarmi, stando attenta che le gambe non cedessero.
Girai la chiave velocemente, permettendo alla mia amica di entrare.
Martha, scossa e spaventata, mi abbracciò impetuosamente; delle lacrime, stavolta di sollievo, mi rigarono in viso.
"Stai bene" mi disse, più per convincere se stessa che me.
Annuii debolmente, cercando di realizzare come il brutto momento fosse appena passato.
"Dove sono Aston e Jonathan?" le domandai, mentre mi accarezzava i capelli, con l'intento di calmarmi.
Mi conosceva bene, ormai.
"Stanno perlustrando il locale, vogliono essere sicuri che sia tutto a posto" mi sorrise debolmente.
Annuii di nuovo.
Nonostante il pericolo fosse scampato, l'adrenalina in circolo faceva ancora tremare il mio corpo stanco e scosso.
"Devo andare in bagno" le confessai, cercando di mantenere l'equilibrio, superandola.
Un forte senso di nausea mi investì e mi ritrovai piegata sul water, cercando di non fare più casino di quanto non ci fosse già in giro.
Sentii la mia amica avvicinarsi ma un passo più pesante la precedette, richiudendosi la porta alle spalle.
Una mano a me sconosciuta, dolcemente, mi tirò indietro i capelli, sollevandomi leggermente la testa.
Jonathan.
La sua espressione era seria, contratta e nonostante la brutta situazione in cui tergiversavo in quel momento, non accennò ad andarsene.
Dopo qualche secondo tornai finalmente a respirare regolarmente e la mia mente si schiarì; la paura, l'angoscia e lo sconforto erano finalmente attenuati.
Mi girai verso quel ragazzo misterioso seduto sul pavimento freddo, al mio fianco, e nei suoi occhi vidi qualcosa di nuovo: era comprensivo, attento, preoccupato.
Il ricordo di come poco prima mi avesse spronata a restare al telefono, con il solo fine di distrarmi, mi faceva credere che forse nessuno lo avesse compreso davvero; era più buono di quello che potesse lasciar trapelare dai suoi gesti e dalle sue parole.
"Come stai?" mi chiese improvvisamente, strappandomi via dai pensieri che lo riguardavano.
Alzai lo sguardo, trovando due occhi verdi osservarmi curiosi.
"Sono stata meglio" gli risposi, con un leggero sorriso di confusione.
"Ti porto a casa. Va bene? Martin capirà."
"Stavolta me l'hai chiesto" replicai, abbassando gli occhi, con un tono di voce appena udibile.
"Preferisci quando non lo faccio?" ribatté lui, probabilmente sorpreso da quella mia risposta.
"Andiamo" dissi, chiudendo lì il discorso.

Usciti dal bagno, la scena che mi trovai di fronte fu soltanto peggiore.
Martin era appena arrivato e i suoi occhi erano increduli, tanto quanti i miei dopo essermi resa conto del disastro che quella gente aveva causato.
"Skyler stai bene?" disse avvicinandosi a me.
"Sto bene. Mi dispiace per tutto questo Martin, non sapevo cosa fare..."
"Non potevi fare niente" si intromise Jonathan.
"Ha ragione Sky. Sono solo contento che tu stia bene" disse.
"Noi due dobbiamo parlare" continuò poi, rivolgendosi serio al ragazzo al mio fianco.
"Torno tra poco. Accompagno Skyler a casa" replicò lui, prima di incamminarsi verso Aston. Li vidi armeggiare frettolosamente con i loro cellulari, ma la mia curiosità fu interrotta da Martha.
"Sei sicura di stare bene?" mi chiese lei, ancora molto preoccupata.
"Sto benone, davvero."
"Sai..." iniziò un po' titubante, per poi farsi più decisa "...mi ha sorpresa vedere Jonathan così preoccupato per te" mi confessò lei, con un velo di rammarico nello sguardo.
"Che intendi?"
"Intendo dire che sarebbe stato capace di uccidere Aston se non ci avesse fatti arrivare qui in tempo."
La sua voce era perplessa, così come la sua espressione.
"Andiamo?" mi richiamò Jonathan, che nel frattempo mi aveva raggiunta.
"Sta attenta" mi sussurrò piano la mia amica, per non farsi sentire.
Annuii debolmente, frastornata dalle sue parole e dal suo avvertimento.

Raggiungemmo l'auto velocemente e messa in moto, una leggera brezza primaverile mi accarezzò il viso.
"Credi che torneranno?" gli chiesi con aria stanca, continuando a guardare fuori dal finestrino.
Non mi girai, ma potei lo stesso vedere la sua espressione farsi seria.
"Non ti accadrà niente" mi rispose sicuro.
"Ma tu non puoi saperlo" ribattei altrettanto sicura.
"Skyler..." mi richiamò, fermando l'auto sotto l'appartamento.
I suoi occhi cercavano i miei, così come cercavano anche risposte.
Risposte che non avrei potuto dargli.
"Ho solo paura" lo interruppi.
I suoi occhi divennero comprensivi e frustrato,  allungò una mano per tirarsi indietro un ricciolo ribelle.
Sospirò pesantemente.
"Non ti accadrà niente. Qualsiasi cosa volessero, l'hanno ottenuta" disse.
"Perché pensi che volessero qualcosa in particolare?" domandai perplessa, per poi trovarmi a pensare nuovamente alla sua frase e senza dargli il tempo di ribattere, aggiunsi: "Hai idea di chi fossero?"
Il suo sguardo divenne stupito, probabilmente non si aspettandosi una simile domanda da parte mia.
Vidi però la sua espressione indugiare.
"No" replicò, tornando serio.
"Io..."
"Non devi più preoccuparti di loro."
Mi sorprese la sicurezza con cui disse quelle parole; perché ne era così sicuro?
Scesi dall'auto, allontanandomi da essa, ma rimanendo con le braccia sullo sportello.
"Grazie" gli dissi, sporgendomi di poco dal finestrino.
Mi sorrise, abbassando poi lo sguardo, ingranando la marcia e ripartendo.
Mi lasciò lì, completamene stravolta e interdetta.
Che nascondeva?

CIÒ CHE CI RIMANE DELLE STELLEWhere stories live. Discover now