Cosa vuoi fare da grande?

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Intervista a: francescau73

Quando mi chiedono di descrivere la Formula Uno con la prima parola che mi viene in mente è: "Eccitazione". Quella mini scarica di adrenalina che mi sale dalla bocca dello stomaco e arriva in gola. Ne è testimone il mio comportamento durante la corsa, ci sono delle volte che sbraito contro i telecronisti o tifo con una certa enfasi. Dallo spegnimento dei semafori fino allo sventolare della bandiera a scacchi, l'adrenalina che porto dentro di me non cessa di ardere. Ed è sempre la stessa "Eccitazione" che mi rende ansiosa durante tutta la corsa.

Perché è così la Formula uno!

Un mondo che da quando ne fai parte: continua a incuriosirti nonostante gli anni che passano, e non ne riesci più a farne a meno.

La prima volta che ho visto una intera corsa di Formula uno è stata quella di Melbourne 2019, il gran premio Australiano. Ha un qualcosa che affascina chiunque la guardi. Forse perché ci sono piloti entusiasti di provare le nuove monoposto oppure perché ci sono piloti che essendo appena approdati nel meraviglioso mondo della Formula uno, vogliono dimostrare chi sono.

Ma una cosa ho notato, tutti hanno un unico obiettivo: VINCERE.

Prima di Melbourne 2019 non seguivo assiduamente la Formula uno, ricordo solo alcuni episodi legati alle Domeniche pomeriggio passate con mia nonna. Ogni tanto provavo a seguire le corse, ma poi sentivo discorsi sulle gestione della temperatura delle gomme, telemetria e aerodinamica e non capendoci granché distoglievo l'attenzione. In quei momenti pensavo che alla fine dei conti la Formula uno era una corsa con delle macchine che correvano in cerchio, no?

"Drive to survive", la serie tv di Netflix sulla Formula uno, mi ha mostrato che avevo un opinione errata di tutto ciò. Vedere cosa accade dietro le quinte delle scuderie, quando i riflettori si spengono e tutti i tifosi tornano a casa, è stato fantastico. Gli occhi hanno preso la forma di due cuoricini e non sono più riuscita a fare a meno delle corse automobilistiche.

Grazie Formula uno.

Grazie Formula uno, perché mi ha fatto capire chi voglio essere da grande. Se prima a malapena conoscevo il funzionamento di un'automobile e quelle quattro nozioni che si apprendono durante le lezioni per la patente, ora mi ritrovo alla fine del mio primo anno di Ingegneria. All'interno di un team della Formula SAE, che per chi non lo sapesse è una competizione universitaria internazionale che prevede la progettazione e la produzione di un'auto da corsa.

Quando stavo preparando il test d'ammissione per professioni sanitarie perché era la mia prima scelta, mi resi conto che non avevo pensato ad un piano B

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Quando stavo preparando il test d'ammissione per professioni sanitarie perché era la mia prima scelta, mi resi conto che non avevo pensato ad un piano B. Un piano di riserva, che mi sarebbe servito nel caso in cui non avessi passato il test d'ingresso.

Quindi decisi di andare all'open day di Ingegneria. Ricordo di aver preso fra le mani l'unico opuscolo che si trovava sul tavolo. Sulla prima pagina c'era scritto "Formula student" e un po' titubante decisi di entrare nell'aula dove si svolgeva la presentazione. Quando mi accomodo e mi osservo intorno come una bambina spaesata feci una grossa scoperta: io e la mia amica eravamo le uniche ragazze presenti in aula.

Premetto che un pizzico di vergogna ce l'avevo, ma ho deciso subito di spazzare via quella brutta sensazione e incominciare ad ascoltare con attenzione la presentazione.

Fatto sta' che poi passano i mesi, quasi che mi dimentico di questa cosa.

Qualche settimana dopo il test d'ingresso mi ritrovo nei corridoi del mio "piano B" ad aspettare l'inizio di una lezione. Ed è proprio in quel momento che per caso vedo passare un paio di ragazzi con la maglia di un Racing team.

Li per lì non ci faccio caso, ma poi mi blocco. Quegli stessi ragazzi entrarono nella mia aula, collegarono il computer al proiettore ed iniziano a parlarci del team dell'università.

Pensai: "Nono mi devo assolutamente segnare". Tra le mani mi arriva un foglio bianco su dove mettere il mio nome e cognome, ma i dubbi incominciano ad aumentare.

"Sono sicura di quello che sto facendo? Io Francesca, una comune ragazza partita con l'idea di voler passare il test di professione sanitarie, ora si vuole iscrivere a questo corso?"

Tiro un bel sospiro, e spazzo tutte le mie paranoie e decido di scrivere il mio nome sul foglio. Giorni dopo faccio un piccolo test e mi dicono che sono stata assegnata nel reparto delle sospensione.

Tutte quelle paranoie che mi sono fatta, erano inutili. Durante le prime lezioni il team mi ha accolta come loro pari, e non mi hanno messa da parte.

Questa "Differenza" se vogliamo chiamarla così, mi ha dato una spinta in più a rimanere e ad impegnarmi per mettermi in gioco.

Passano le settimane e non mi perdo nemmeno mezza lezione, mi siedo addirittura in prima fila. Faccio compiti ed interagisco con il team anche quando i miei compagni non sono in grado di risponde.

Rimango sempre di più affascinata da quello che la mente umana è in grado di realizzare.

Perché la Formula uno e/o le corse automobilistiche sono questo!

Creare in una grande famiglia chiamata squadra.

Creare un qualcosa di speciale che riesca a superare l'insuperabile.

Questo vuol dire: Formula uno! 

Vorrei rivolgere il mio più sincero augurio ad Francesca, per  il suo futuro

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Vorrei rivolgere il mio più sincero augurio ad Francesca, per  il suo futuro. Mi sono proprio divertita a scrivere ed immedesimarmi in lei. Ha un percorso fantastico.

Il suo coraggio dimostra che nella vita essere uomo o donna non ha alcuna differenza. Il mio obiettivo con questa intervista è far conoscere il percorso che ognuno di noi può avere prima di arrivare in Formula uno. 

Spero che l'intervista vi sia piaciuta.

Vi ricordo che tutti potete essere intervistati, basta scrivermi un messaggio privato e il gioco è fatto. 

This is Formula unoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora