Il Caso

259 17 0
                                    

"Mi sei mancata, Angel"
"È la terza volta in cinque minuti che lo ripeti, Tom" ridacchiò Angel "Mi sei mancato anche tu. Più di quanto ti sto dimostrando"

Tom si incupì un poco.

"L'accademia non ti ha fatto troppo bene. Contieni le tue emozioni, belle o brutte che siano..." osservò Tom, malinconico

Angel sorrise dolcemente:" Tom, la gioia del vederti non ho saputo contenerla mi pare"
Tom rise.
"Hai ragione..." disse "Ma..."
Angel sapeva dove sarebbe andata a finire la conversazione. Tom amava mostrarle il suo amore, con qualsiasi piccolo gesto. Lei, invece, faceva un fatica immane a dimostrare i suoi sentimenti. Tom sapeva che lei lo amava, lei lo baciava con amore e passione, ma non si era mai spinta oltre. Perché non sapeva come si faceva.
Non sapeva come si amava.
Perché in casa sua non aveva mai ricevuto amore.
Il padre era quasi sempre ubriaco, stuprava e poi picchiava la moglie. Un giorno, ci provò con Angel. Sua figlia. C'era quasi riuscito, ma la madre era intervenuta, cavandosela con tre costole rotte e un livido nero sull'occhio.
Angel, allora, si stancò. Aveva quindici anni, andò alla polizia e denunciò tutto. La polizia arrestò il padre, ma sua madre non era contenta di questo. La cacciò di casa e lei andò da sua zia, fino a quando non diventò maggiorenne e se ne andò in America.
Dopo un anno, le arrivò la notizia che il padre era stato picchiato a morte in prigione da una ex banda.
Angel non pianse. Anzi.
Sua madre si ammalò poco dopo, ma rifiutò di vederla. Ogni tanto le telefonava per chiederle sprezzante se fosse ancora viva.

Ecco, semplicemente lei non sapeva come amare. E Tom lo sapeva e lo aveva accettato, ma a volte la mancanza di quei piccoli gesti lo faceva stare male.
Angel allora si alzò dalla sedia. Con passo lento e leggero, arrivò alla sedia di Tom. Lui la seguiva con lo sguardo un po' confuso.
Lei sorrise.
"Posso?" chiese, indicando le gambe di Tom.
Lui sorrise, come quando un bambino vede una caramella.
Non rispose, semplicemente allargò le braccia e andò indietro con la sedia.
Angel si sedette sulle gambe, appoggiò la testa sulla spalla dell'uomo e con un braccio gli cinse il busto. Quando Angel fu comodamente accoccolata su Tom, questi la strinse con le sue braccia forti. La stringeva a sé, con possessione e amore. Le lasciò un dolce e lungo bacio sulla testa, gesto che fece sorridere Angel.

"Tom" disse lei "Hai ragione, io sono fredda a volte, ma non dubitare mai del mio amore e del mio affetto per te."

Tom le alzò il viso, così da incrociare i suoi occhi blu. Loro due avevano occhi simili. Entrambi azzurri, ma lei azzuro ghiaccio, mentre lui azzurro profondo. Quell'azzuro accogliente e buono che ad Angel dava tanta sicurezza. Gli occhi della ragazza invece, rispecchiavano la sua difficoltà di mostrare affetto agli altri. Un carattere che aveva ereditato dal padre.
Il che aggiungeva un'altra cosa alla lista di cose che odiava di suo padre.
Dopo un breve contatto visivo, in cui si dicevano tutto, Tom la baciò dolcemente. La barba le solleticava un po' le guance. Quel bacio durò a lungo, era un modo che Angel usava per comunicare a Tom le sue emozioni, le sue insicurezze e le sue sensazioni.

Rimasero lì per un po', coccolandosi e facendo battuttine ogni tanto, che tirarono su il morale di entrambi. Angel adorava quei momenti.
Dopo un momento di silenzio Tom parlò.

"Perché fai quel lavoro, Angel?" chiese con voce rotta.

Quando la ragazza alzò lo sguardo, Tom aveva quasi le lacrime agli occhi.

"Ho sempre paura che quando vado via, tu possa... E non poterti più avere con me... Mi uccide..." calde lacrime solcarono le guance di Tom.
Angel era incredula. Tom aveva tanta paura di perderla, ad ogni caso che affrontavano. Poi sorrise.
"Hey" disse, dolce "guardami, Tom"
Lui aprì gli occhi.
"Ricordi quando abbiamo ritrovato quei ragazzini? Quelli che erano stati rapiti da piccoli da quella coppia di schizzofrenici?"
Lui annuì.
"Quando siamo tornati in centrale, i loro genitori non li vedevano da otto anni. Vedere quelle famiglie di nuovo insieme dopo otto anni di tortura psicologica, è stato un momemento meraviglioso.
Vedere quei bambini, ormai ragazzi, profondamente feriti, ma che finalmente potevano  riabbracciare i genitori, i fratelli, gli amici...
È per giorni come quelli che faccio questo lavoro. Preferisco non pensare ai criminali che perseguiamo, ma a chi salveremo."

Il pericolo d'amareWhere stories live. Discover now