Parte 16

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La stanza era stranamente calma quel giorno, molto diversa dal via vai di parenti, amici, fan e giornalisti dei giorni precedenti. Emmett aveva attesso che andassero via tutti prima di entrare, non aveva voglia di sopportare gli sguardi ed eventuali domande. Era una stanza d'ospedale come tante, ma era piena di fiori, regali e biglietti, doni delle centinaia di fan e spasimanti, che erano passati di lì per visitarlo. Arrivavano a frotte, ogni giorno e, dagli stralci di conversazione che aveva sentito, aveva capito che molti di loro erano stati o sognavano di stare con Drew. Quando succedeva, si malediceva per la propria curiosità e per aver origliato perchè ogni parola non faceva che riportare a galla il dolore e infiammarlo di una gelosia che non avrebbe dovuto provare. Ogni volta, seppellire quelle emozioni dove le aveva nascoste tempo prima, richiedeva un grande sforzo e lo snervava. 

Dopo quello che era successo, i giornali e i notiziari avevano soprannominato Drew il "difensore dei gay", espressione che di sicuro avrebbe odiato se e quando ne fosse venuto a conoscenza. O almeno, il Drew che conosceva un tempo, lo avrebbe odiato.Ironico come nessuno però avesse nominato l'altro ragazzo che era stato picchiato e solo a Drew fosse stato riconosciuto quel merito, ma in fondo era lui la star del football, era lui il quaterback che aveva fatto coming out in televisione baciando proprio lui Emmet, l'esperto gay, era lui che la gente voleva e che considerava il proprio eroe. 

Si avvicinò al letto. Drew stava riposando e il suo viso era sereno come poche volte si riusciva a vederlo. Emmett si soffermò ad osservarlo a lungo sentendo dentro di sè un moto di tenerezza. Era stato lì ogni giorno da quando era stato ricoverato ma non aveva mai avuto il coraggio di parlare con lui, non avrebbe nemmeno saputo cosa dirgli. Sceglieva sempre i momenti in cui era sicuro che stesse dormendo, si assicurava che stesse meglio e poi andava via.

Quel giorno però, Drew non dormiva e, avvertendo la presenza di qualcuno nella stanza, aprì gli occhi. Non mostrò nessuna sorpresa nel vederlo, anzi gli rivolse un sorriso felice.

<Mi chiedevo se saresti venuto> disse. Sembrava stanco e richiuse subito gli occhi, forse effetto degli antidolorifici che gli somministravano.

<Volevo solo accertarmi che stessi bene. Vado via subito così puoi riposare>

<No, aspetta. Resta>

La tentazione era forte, ma Emmett sapeva che non sarebbe stato saggio rimanere. <Hai bisogno di riposare. Tornerò un'altra volta.>

<Per favore> E fu la fine. Come si poteva resistere quella voce e a quel sorriso?

Cielo, era davvero bellissimo anche con quell'aria trasandata, la barba lunga e i capelli spettinati, se possibile era anche più sexy del solito. Ignorò i duemila e uno pensieri tutt'altro che casti che la sua mente si ostinava a propinargli e si avvicinò fermandosi a fianco del letto.

<Va bene, ma solo cinque minuti>

Drew allungò una mano afferrando quella di Emmett come se volesse impedirgli di scappare <Non ti ho ancora ringraziato per l'altro giorno, sei stato un angelo> Emmett sorrise imbarazzato, mentre i suoi occhi si fermarono, come inebetiti, sulle loro mani intrecciate. 

<Non devi ringraziarmi, non potevo certo lasciarti lì. E poi, diciamo che così siamo pari. Non ti ho ancora chiesto scusa per quello che ti ho detto in discoteca. È stato meschino e non ne avevo alcun diritto. Mi fa piacere che tu abbia trovato qualcuno, davvero.>

<Non c'è problema, non devi scusarti. Credo che tu abbia frainteso la situazione, però, perchè il ragazzo dell'altra sera non è il mio fidanzato, lo avevo appena conosciuto.>

Il viso di Emmett generalmente così aperto ed espressivo rimase enigmatico. L'unico segno di reazione fu un'espressione di sospresa che però scomparve subito, tanto che si poteva anche pensare di averla immaginata <Hai ragione, devo proprio aver capito male. Il tuo ventunesimo compleanno è ancora lontano come dimostra questa stanza>

Drew guardò Emmett con aria quasi supplichevole, ma non avrebbe saputo nemmeno lui di cosa volesse pregarlo. Poteva dargli torto? Si chiese guardando la stanza. Tristemente dovette ammettere che no, non poteva dargli torto. Con un gesto tenero, come se fossero tornati ai vecchi tempi, Emmett gli accarezzò la testa e si chinò su di lui per poggiare le labbra sulla sua fronte in un leggero bacio.

<Adesso riposa. Hai l'aria stanca. È stato bello rivederti> Emmett si rialzò e si voltò, pronto ad andarsene ma Drew lo afferrò con la mano e lo attirò a sè. Emmett ricadde sul letto ritrovandosi semi disteso sul petto di Drew che poggiò le labbra contro le sue e lo baciò con passione.

<Ti sbagli ancora una volta. Oggi è il mio compleanno. Compio 21 anni> gli sussurrò quando si staccarono per riprendere fiato, poi riprese a baciarlo.

Emmett si abbandonò a quel bacio come un assettato davanti a un'oasi. Non era affatto sicuro che Drew fosse sincero, non era affatto sicuro che Drew fosse pronto a cambiar vita...al diavolo, in quel preciso momento non era nemmeno sicuro di quale fosse il suo nome! Ma ci sarebbe stato tempo per scoprirlo, in quel momento l'unica cosa che contava erano le labbra di Drew e il suo braccio che lo stringeva con ardore. Aveva quasi dimenticato quanto eccitante potesse essere un suo bacio...e quanto possente e solido fosse il suo corpo. Era semplicemente fantastico, stava così bene che sarebbe potuto rimanere lì per sempre. Non voleva tornare alla realtà, perchè sapeva che avrebbe potuto riservargli brutte sorprese.

Queer as folk - it's not the end yetWhere stories live. Discover now