Capitolo 1

7 1 0
                                    


01.


All'apparenza era una mattinata tranquilla, attraverso la finestra aperta il sole le batteva appena sulla pelle, il vento faceva ondulare gli alberi che era intenta ad osservare, facendo nascere in lei il pensiero che l autunno stesse iniziando a andarsene dalla città per lasciare posto al freddo inverno. Abbassò lo sguardo sul tavolino di vetro che aveva di fronte, più precisamente sui documenti che vi erano abbandonati sopra in maniera disordinata. Seduta sul divano del soggiorno, con le gambe incrociate ed una sigaretta stretta fra le dita, sospirò prima di allungare la mano libera sul bicchiere mezzo riempito di vino rosso a fianco delle carte che tentava di ignorare da giorni. Lo portò alle labbra prima di prende un grande sorso, seguito da alcuni più brevi, finendo così l'intero bicchiere.

Dopo aver spento la sigaretta ormai consumata nel portacenere strabordante di sue simili, prese con decisione la penna e scrisse la sua firma alla fine della pagina. Prese la bottiglia che teneva sul tappeto davanti al divano e vi si attaccò, ormai quasi al limite -anche della bottiglia. Ritornò con lo sguardo al di là della sua finestra mente si accendeva la penultima sigaretta presente nel pacchetto di Marlboro e, per un breve istante, le tornarono alla mente i ricordi delle serate precedente. Qualche breve immagine di bicchieri di vino rosso, le balenò in testa, un attimo pieni fino all'orlo ed il seguente privo di ogni goccia, seguite da altre nelle quali rollava e poi fumava le canne contenenti la marijuana che lei stessa aveva coltivato -per esclusivo uso personale, sia chiaro; mentre le lacrime scorrevano sul suo viso.

Era consapevole del perchè piangesse ancora, alle volte, ed il motivo non era la mancanza di suo marito nel loro appartamento, nel quale la solitudine si faeva di lunga sentire, e neppure il dolore dell'amore che ormai non sentiva, nè provava, più. No, il motivo era semplice: sentiva di non valere. Dopotutto, non faceva un lavora da gran guadagno, non aveva una laurea che le permettesse un bel lavoro nella città in cui abitava, nè aveva dei figli alla sua età, nè...aveva più un marito. Non ufficialmente da circa un anno, e la cosa stava iniziando a deprimerla.


Abbandonò tali tristi pensieri e si accorse di una persona che, al passo lento di un anziano, si avvicinava al suo palazzo. Dopo aver realizzato chi fosse, si alzò in piedi e, con addosso una tuta decisamente troppo larga per la sua corporatura, delle buffe pantofole con il musetto di un coniglio colorato di nero, e con la busta gialla contenente le carte del divorzio da lei appena firmate scese di corsa le scale, ed una volta aperto il portone con un salto si piazzò d fronte al postino.

-Buongiorno Ray- gli rivolse un sorriso cordiale
-Buongiorno anche a te- ricambiò l'uomo in tarda età con il quale lei spesso chiacchierava.
-Ecco a te, puoi consenarle a Mike appena ne hai l'occasione, grazie-
-Ma...di già? Te le ho consegnate solo una settimana fa. Pensaci ancora un pò, Lorayne, voi non potete divorziare-

-Ray, so che Mike è tuo nipote, e anche che nella vostra famiglia nessuno a mai divorziato, ma ti vorrei ricordare che è stato lui a presentare l'istanza di divorzio- disse, con un pizzico di malinconia nella voce.

-Lo so, mia cara. Ma tu puoi farli cambiare idea- insistette
-Ma il punto è che non voglio.- pronunciò tali parole nel mentre che gli accarezzava una spalla.
-Vabbè, ne troverà un'altra- si consolò l'anziano -Intanto, ho queste per te- cambiò discoro consegnandole due lettere bianche, entrambe con sopra scritto il suo nome.

Ringraziò l'anziano postino, e si avviò verso il portone del suo palazzo cercando di evitare le confuse occhiate dei passanti.

Non avete mai visto qualcuno in tenuta da casa in mezzo alla strada avvolta in una scia di vino e fumo? Pensò, mentre saliva il primo gradino di ben sei scalinate che l'avrebbero portata al terzo piano.

Decise di aprire la prima busta, quella il cui il mittente era il proprietario dell'appartamento in cui abitava. Aprendo la porta venne a conoscenza di una sgradevole situazione: aveva tempo una settimana per lasciare l'appartameto. Era appena stata sfrattata, e non ne sapeva il motivo; pagava l'affitto in anticipo e non creava problemi agli altri condomini.

-...verrà demolito e ricostruito...come albergo...- lesse ad alta voce, sorpresa, mentre si riempiva il bicchiere di quello che, almeno per quella bottiglia, sarebbe stato l'ultimo.
Non era rara la costruzione di nuove attività nel suo quartiere, ma non nella sua strada. Brooklyn aveva le sue bellezze, certo, ma Lorelayne non viveva nel lusso, ed il suo misero appartamento si riduceva ad un monolocale.
Sorseggiando il vino che tanto amava, si chiese se la sua sfortuna avrebbe mai avuto fine, e in caso, quando. 

Posò lo sguardo sull'altra busta e, prima di aprirla la girò sul retro, in quanto la dimenzione la lasciasse perplessa: piccola, e scritta a mano.
Sgranò gli occhi per ciò che lesse: Lorayne Scott.
Non usava più quel nome da dieci anni, a cusa di situazioni che preferiva non ricordare.

L'aprì, con le mani tremanti.
-Nonno Simon è morto? Il padre di mamma?- riflettè a voce alta, cercando di capire la parentela.

Finito di leggere, si alzò in piedi e cominciò a saltellare sul divano urlando "ho un cottage di proprietà" entusiasta per ciò che aveva ereditato dallo sconosciuto parente. Nei suoi ventisei anni Lorayne non aveva mai avuto diritto a qualcos da poter considerare veramente "suo".
A partire dalla prima casa della sua infanzia, dalla quale lei e sua madre furono cacciate all'età di sei anni dal patrigno; nè il bilocale in cui aveva abitato con la madre fino ai diciassette anni, quando poi si trasferì nell'attico di Manhattan del padre; e neanche l'apartamento a Brooklyn preso in affitto con il suo neo-marito. In quel momento si rese conto di quanto fosse rassicurante sapere di avere un tetto sopra la testa che non poteva essere tolto da nessuno, anche se lo sapeva da soli cinque minuti.

Decise di aprofittarne subito. Tornò a sedersi sul divano dopo aver preso ciò che le serviva dal cassetto della scrivania ed il portatile sopra di essa. Con le gambe incrociate, intenta a rollare una canna mentre il suo sguardo vagava velocemente da un sito di voli all'altro.
Era ora di lasciarsi tutto alle spalle.

Non Sapevo Di VolertiWhere stories live. Discover now