Capitolo 11

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Cameron
La mattina dopo mi ero svegliato prima di lui, fatto mai successo prima. Avevo fissato la sua espressione così serena e le sue ciglia chiare per qualche minuto, ripensando ai discorsi della sera prima sulle possibili altre forme di vita presenti nell'universo, sulle varie teorie riguardo l'esistenza degli dei e sulle diverse religioni create dagli esseri umani, sorridendo istintivamente. Avevamo chiacchierato fino alle due e mezza di notte. Avevo sempre adorato perdermi in quei pensieri e in quelle teorie assurde, ma era la prima volta che ne parlavo davvero con qualcuno. Solo lui mi rispondeva con entusiasmo quando me ne uscivo con delle riflessioni sui serial killer, sulla psicologia, sulla vita dopo la morte, e su cose ancora più peculiari. Solo lui mi faceva sentire orgoglioso di essere così strano. La maggior parte delle persone non sono interessate a certe teorie e cospirazioni, mentre io e Liam le trovavamo assolutamente affascinanti, senza il bisogno di doverci credere.
Mi ero alzato tentando di non svegliarlo, poi avevo controllato che sua madre fosse andata a lavoro, e avevo iniziato a preparare la colazione, senza riuscire a smettere di pensare a quello che ci eravamo detti la sera prima, al modo in cui mi aveva guardato quando avevamo fatto pace, dopo esserci abbracciati. Mi stava per dire qualcosa di importante, prima che Miao entrasse nella stanza, ne ero sicuro, ma non capivo perchè si fosse tirato indietro. Ancora mi dispiaceva non essere riuscito a dirgli nel modo giusto quanto mi sentissi fortunato ad averlo incontrato, ma sapevo che alla fine aveva capito lo stesso.
Mi resi conto solo in quel momento, lì nella sua cucina mentre cuocevo le uova e il bacon, che all'inizio si era arrabbiato perchè pensava fossi andato a letto con un altro la stessa sera in cui l'avevo conosciuto, poi si era incazzato ancora di più perchè non gliene avevo mai parlato, come se fosse stato un segreto. Si era arrabbiato perchè era geloso. "Pensa ad un altro mentre mi abbraccia", ecco cosa gli era passato per la testa.
Sentii il cuore accelerare il battito, mentre mi convincevo, per chissà quale motivo, che anche Liam fosse innamorato di me.
-Che profumino.-
Spalancai gli occhi, sorpreso, distogliendomi dai miei pensieri e voltandomi verso Liam.
Aveva un'espressione ancora addormentata, la voce più rauca e il segno del cuscino lungo la parte sinistra del viso, su tutta la guancia e vicino all'occhio.
-Buongiorno.- dissi sorridendo, divertito dal suo sguardo così calmo.
-Buongiorno. Si mangia?-
Mi misi a ridere, togliendo la padella dal fuoco, senza rendermi conto che si era avvicinato. Posò una mano sulla mia schiena, dandomi un bacio sulla guancia, spostandosi per prendere i piatti. Lo osservai, sbattendo le palpebre. Non sapevo mai quando aspettarmi gesti del genere. Era inutile cercare di prepararsi, mi lasciava sempre spiazzato e più felice di quanto volessi ammettere a me stesso.
Mangiammo in silenzio, guardandoci di tanto in tanto, come facevamo sempre. Avevamo entrambi bisogno di qualche minuto prima di svegliarci completamente e parlare.
-Avevi freddo stanotte?- mi chiese ad un tratto, prendendo un morso del pane tostato.
-No, perchè?- dissi confuso.
Accennò una risatina.
-Hai tirato le coperte per tutto il tempo.-
-Davvero?-
Annuì, ridendo di nuovo.
Il suono della sua strana risata mi faceva venire voglia di sorridere.
-Scusa, non me ne sono accorto.-
-No, tranquillo.- disse scrollando le spalle.
-E tu hai avuto freddo, quindi?- chiesi divertito.
Alzò un sopracciglio.
-Un po'. Sai... senza coperte.-
Lo guardai per un attimo.
-Potevi stringerti a me se avevi freddo.-
Alzò lentamente lo sguardo, alzando di nuovo il sopracciglio quando notò il mio sorrisetto. Si alzò, iniziando a sparecchiare.
-Infatti l'ho fatto.- disse lanciandomi un'occhiata di sfida.
Rimasi fermo a guardarlo con la forchetta a mezz'aria come un idiota. Mi diede le spalle, mettendosi a ridere.
-Mi stai prendendo in giro?- chiesi confuso.
Mi tolse la forchetta dalle mani, sorridendo ancora di più.
-Chi lo sa.-
"Mi farà impazzire", pensai stropicciandomi distrattamente gli occhi e sorridendo.
Poggiai i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani chiuse a pugno, osservando la sua schiena e il suo sedere mentre lavava i piatti.
-Ti devo chiedere una cosa.- dissi ad un tratto, visto che la sera prima me ne ero scordato.
-Ti va di uscire...-
-Adesso?- chiese voltandosi, interrompendomi.
-No, non adesso, ti pare?-
-Ah, ecco. Quando?-
-Se mi fai finire te lo dico.-
Si mise a ridere.
-Hai ragione, scusa.- disse tornando a lavare i piatti.
Iniziai a grattare distrattamente le pellicine intorno alle unghie dei pollici.
-Potremmo andare a bere qualcosa, una di queste sere.-
-Sì, certo. Però tu bevi e io ti guardo. Lo sai, no?-
-No, appunto. Vorrei che bevessi qualcosa anche tu.-
Rimase in silenzio per un secondo.
-Muori così tanto dalla voglia di vedermi ubriaco?- chiese con fare divertito.
-Mi piacerebbe che tu ti sentissi... libero, per una sera.-
Chiuse il rubinetto dell'acqua, asciugandosi le mani, poi si voltò.
-Ora non mi sento abbastanza "libero", secondo te?- chiese poggiandosi contro il piano della cucina.
Lo osservai per un po'. Volevo dirgli la verità, ma senza ferirlo.
-Vorrei ti sentissi libero dal senso di colpa.-
Mi guardò per un paio di secondi, poi incrociò le braccia al petto.
-È una cosa passata, non me ne frega più niente.-
-Ho parlato con Caleb.- ammisi.
Guardò a terra, scuotendo impercettibilmente la testa.
-Immaginavo. E che ti ha detto?-
-Sono io che ho iniziato il discorso, lui ha solo risposto alle mie domande.-
Rimase in silenzio per un po'. Si stava mordendo le guance, ma non sembrava arrabbiato.
-Comunque non ho bisogno di andare a bere, non mi sento più in colpa.- insistette, senza alzare la testa.
-Mi ha detto che continui a chiedergli scusa.-
Mi guardò, poi distolse ancora lo sguardo.
-E perchè bere qualcosa dovrebbe farmi sentire meglio? Non cancella quello che ho fatto.-
-Ma non hai fatto niente, Liam. Gli hai toccato un po' il sedere? Gli hai leccato il collo? E poi?-
-E poi?! Serve altro?!- esclamò alzando la voce, osservandomi.
-Non sto dicendo che non hai sbagliato, ma solo che dovresti smetterla di punirti. Ti ha perdonato Caleb, perchè non riesci a farlo tu?- chiesi alzandomi, avvicinandomi un po'.
Deglutì.
-È un mio amico, cazzo. Quella sera si è fidato di me e io l'ho usato come... come test, e l'ho toccato contro la sua volontà. Io, capisci?! Detesto il contatto fisico con chiunque e quella sera mi sono bastate delle birre per scordarmi chi sono! E poi non solo quella sera, sono stato... Mi ci sono avvicinato solo perchè era gay, sono diventato suo amico perchè era come me! All'inizio mi comportavo come se fossi un altro, sono stato...! Come cazzo...- guardò per terra, gli tremava la voce.
-Liam...-
Mi avvicinai, prendendogli il viso tra le mani.
-No, non...-
Posò entrambe le mani sul mio petto, allontanandomi, tentando di nascondere il viso mentre guardava in basso. Stava piangendo.
-Ehi.-
-No, non voglio!-
"Non voglio che mi guardi mentre piango", ecco cosa intendeva.
-Liam.-
Gli baciai le lacrime, le guance, senza smettere per un secondo, mentre continuava a cercare di spingermi via, ma sempre con meno convinzione.
-Va bene sentirsi in colpa, ma non odiarsi in questo modo. Non te lo meriti.- dissi attirandolo a me.
Stava facendo di tutto per piangere in silenzio, ma così non faceva altro che peggiorare lo stato del suo respiro, già irregolare.
-Ma non è... non è solo...- cercò di spiegare, tra i singhiozzi, spingendo le mani chiuse a pugno sul mio petto.
-Lo so. Non è solo per come hai trattato Caleb, ma per come hai trattato te stesso. È normale perdersi, ogni tanto. Non capivi cosa ti stesse succedendo e l'hai usato, ma non hai capito lo stesso nonostante quello che è successo. Hai solo sbagliato una volta, non hai fatto niente, Liam. Non devi vergognarti per un errore.- sussurrai col cuore in gola. Non l'avevo mai visto piangere, mi sentivo morire.
Si aggrappò alla mia maglietta, stringendomi finchè non si calmò. Dopo meno di un minuto smise di piangere, si sciolse dall'abbraccio e si asciugò in fretta le lacrime.
-Sai una cosa? Hai ragione, cazzo.- disse tirando su col naso.
Gli accarezzai una guancia.
-Cioè?- chiesi accennando un sorriso. Sembrava di nuovo lui, gli era bastato un attimo per riprendersi.
-Sono stanco. Andiamo a bere qualcosa. Stasera. Va bene?-
Sembrava deciso.
Annuii all'istante, sorridendo.
-Solo noi due, vero?- chiese poi.
-Certo. Solo noi due.-
Lo baciai di nuovo sulla guancia, riuscendo a farlo sorridere.
-Sicuro di stare meglio?- chiesi osservando i suoi gentili occhi grigi, così lucidi e arrossati dal pianto.
Sorrise.
-Sì, tranquillo. È stato solo un momento, faccio sempre così.-
Lo guardai ancora, studiando la sua espressione per accertarmi che non stesse mentendo. Poi mi ricordai che lui non mentiva mai su cose importanti.
-Detesto piangere, ma sto bene.- insistette.
Il suo sorriso ora mi sembrava ancora più bello.
-Lo immaginavo.- risposi mettendomi a ridere.
Mi guardò per un po', poi emise un suono strano, come se si stesse lamentando, e mi attirò a sè. Mi scappò una risatina.
-Un po' di più?- chiesi stringendolo, ripetendo le sue parole della sera prima.
-Sì. Un po' di più.-
Sorrisi come un idiota, come se mi avesse detto chissà che.
-Ma quindi oggi come facciamo?- chiesi dopo diversi secondi di silenzio.
-Mh?-
-Preferisci che io torni a casa e poi ci vediamo stasera?-
-Come vuoi tu.-
-Dai, dammi una risposta vera.- dissi ridendo, iniziando a dondolare entrambi.
-Che ti devo dire?! Lo sai che puoi stare qui quanto vuoi. Non so se va a te.-
Sapeva essere così dolce con così poco, e neanche se ne rendeva conto.
-Certo che mi va.-
Rimase in silenzio per un po'.
-Allora rimani?-
Sorrisi, ancora. O forse non avevo mai smesso.
-Sì, rimango.-

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