People watching

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Capitolo 3

People watching


A Deadpool era sempre piaciuto praticare la inusuale esperienza del people watching.

Possedeva le caratteristiche giuste per farlo: pazienza, calma, attenzione per il dettaglio, affabilità e discrezione erano i suoi personali comandamenti da mettere in atto con perizia e tranquillità di spirito.

Posizionarsi su qualche grattacielo, un tetto spiovente, una grondaia malconcia e osservare i passanti camminare a passo di marcia in una sempre più frenetica New York, gli sembrava la cosa più giusta da fare.

Ultimamente amava i punti di avvistamento più bassi. Questo perché gli consentivano una migliore accessibilità nell'udire il chiacchiericcio degli studenti universitari dopo le faticose ore di lezione, cogliere il punto esatto in cui si forma una fossetta sul viso dei bambini dopo che hanno combinato una marachella, ma anche osservare gli occhi azzurrati e acquosi degli anziani quando stanno per giocare il loro asso nella manica durante le lunghe partite di scacchi in High Line Park.

(A proposito quelli non erano Magneto e il Professore X?!).

Alle volte, si concedeva pure delle fruttuose e sane passeggiate tra la gente affinché potesse sentirle più vicine, più affini, come se tra lui e queste persone potesse esserci un legame invisibile che perdurasse in un istante ma allo stesso tempo in eterno dentro di lui...

- MA CHE CAZZO! SPOSTATI RAGAZZINO! MI HAI PESTATO UN PIEDE! -

...

Sarebbe stato così, se non fosse che Deadpool avesse letteralmente la pazienza di un bulletto di cinque anni, un disturbo dell'attenzione pari a quello di uno scolaretto durante l'adolescenza e un'iperattività cronica che lo perseguitava dai tempi dell'esercito.

Odiava a morte le masse di studenti con i loro nasi all'insù e le loro noiosissime conversazioni sulla chimica molecolare o i dibattiti sugli scrittori russi. Si addormentava spesso nell'ascoltarli, perdendo così d'occhio il suo obiettivo.

Mal tollerava i bambini e le loro urla. Ogni volta che un poppante lo notava si metteva ad urlare spaventato e nel tramestio generale di grida e di mamme arrabbiate, era costretto a darsela a gambe, rinunciando all'osservazione del suo oggetto di studi.

Infine odiava se stesso e il suo rapporto di amore e odio con gli anziani di High Line Park e di qualsiasi altro fottutissimo parco di New York. Adorava vederli litigare e qualche volta fomentava pure le discussioni in modo che arrivassero alle mani. Non avrebbe mai dimenticato quella spassosissima volta in cui il signor Lee inseguì il signor Ditko per ben quattro isolati con il suo bastone da passeggio sguainato.

Tuttavia per quanto adorasse le diatribe tra gli anziani, queste lo distraevano dalla sua preda e dal percorso che faceva quando ritornava a casa nel tardo pomeriggio.

Insomma Deadpool odiava il people watching, tuttavia aveva sviluppato un curioso interesse per il ragazzino con gli occhi da Bambi che aveva salvato qualche settimana fa.

Peter, così si chiamava. E questo era tutto ciò che sapeva di lui.

O meglio, così era all'inizio. Sì perché grazie al people watching Deadpool aveva scoperto di come Peter studiasse biologia e genetica alla Columbia University grazie ad una borsa di studio che doveva sudare fino all'ultima goccia per mantenere, di come scattasse foto per il Daily Bugle per una misera paga e di come avesse un secondo lavoro presso l'Argosy che lo appassionava come se fosse nel paese dei balocchi.

Risiedeva in un microscopico ma confortevole loft a Soho stracolmo di libri, fotografie di grandi artisti del passato e invaso da fogli scribacchiati con equazioni di matematica in ogni dove.

Un sonno senza incubiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora