Kensington Gardens

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Sherlock si muoveva per la città come se quel posto gli appartenesse, come un re che si aggira nel proprio regno. Laddove gli altri si affrettavano a correre a lavoro o camminavano spediti, persi nei ritmi delle proprie abitudini, lui procedeva con decisione, con i lembi del cappotto ad ondeggiare dietro di lui. Forse non tutti per strada si voltavano a guardarlo, ma capitava che qualcuno si girasse ad apprezzarne la bellezza e John trovava difficile non fissarli di rimando.

Non che fosse necessario il suo aiuto per tenere gli sguardi indesiderati alla larga. Fin dal primo giorno, Sherlock aveva proiettato intorno a lui un'aria di intoccabile superiorità. La gente lo aveva notato e ne aveva preso nota.

Beh, la maggior parte delle persone almeno.

L'ammissione di Sherlock al laboratorio ancora lo perseguitava e il pensiero di Alexander ribolliva marcio nella mente di John, come metano dal fango. Gli prudevano le mani dalla rabbia al solo pensiero che qualcuno potesse credere di avere il diritto di disporre di Sherlock a proprio piacimento. Conosceva ormai le scuse utilizzate. Sherlock aveva menzionato quella più famosa: l'Alfa non aveva alcun controllo sui propri istinti. Tuttavia, questo ragionamento non sembrava essere valido al contrario: se Sherlock fosse stato davvero così disperato nei confronti del sesso, come suggerivano tutte le voci sugli Omega, allora non sarebbe mai stato in grado di ribellarsi ad Alexander durante l'estro. Avrebbero dovuto condividere lo stesso desiderio istintivo e non essere mossi da un pensiero logico superiore.

Invece Sherlock aveva dovuto imparare a sfuggire da un Alfa e la recente esposizione al telikostrone aveva mostrato a John la natura violenta di tali impulsi. Ciò lo disgustava, ma non faticava a credere che l'unica priorità potesse essere quella di costringere un corpo caldo sotto di sé, che l'altro lo volesse o meno. La parte peggiore era però che la gente avrebbe giustificato un comportamento simile. Anche in una società normale, dove lo stupro era riconosciuto crimine, si precipitavano ad offrire al carnefice una via d'uscita, etichettando il suo comportamento come naturale nei confronti della biochimica di un Omega.

Come se importasse. L'intera situazione aveva sempre messo a disagio John. Prima aveva pensato che gli Omega non fossero in grado di dare un consenso significativo. Il loro calore li collocava nella stessa categoria della gente ubriaca o di quella nel pieno di una dose di cocaina. Avrebbero detto "" a parole, ma quel consenso avrebbe avuto lo stesso valore di quello pronunciato da una persona capace di intendere e di volere? Da come l'aveva spiegato Sherlock non era proprio così. Era in loro potere opporsi. Era stato solo Alexander a non ascoltare oppure tutti gli Alfa dell'élite erano così?

"Da questa parte." Sherlock lo trascinò lungo uno dei vicoli di Londra. La pavimentazione era irregolare e la spazzatura giaceva ai lati della strada. Era un luogo pieno di capannoni e appezzamenti di terreno dimenticati; pozzanghere riempivano il selciato e grumi di fango minacciavano di far inciampare chiunque passasse di là. John si fece strada, con la mascella serrata e le dita che si chiudevano spasmodiche in pugni.

"Non avrei dovuto dirtelo." Il viso di Sherlock conteneva un misto di delusione ed accettazione, come se avesse sperato in un risultato migliore, ma poi si fosse rassegnato alla reazione più scontata. "Sapere quelle cose non ti ha fatto bene. Sei distratto dal mio passato e io ho bisogno di te qui, nel presente."

John si fermò scuotendo la testa. "No, non dirlo neanche. Sono contento che tu me l'abbia detto. Odio il fatto che tu ti sia trovato in quella situazione." Non era così ingenuo da pensare che Sherlock fosse sempre stato in grado di respingere le avance indesiderate. Forse sua madre gli aveva insegnato qualcosa sul come reagire, da bambino, ma la teoria era sempre diversa dalla pratica. Un'autodifesa efficace era questione di tentativi ed errori e la fantasia traditrice di John non riuscì a smettere di immaginare Sherlock, giovane e volubile, senza nessun'altra scelta se non quella di sottomettersi alle richieste del proprio Alfa. "Non è giusto."

The Gilded Cage || JohnlockOnde histórias criam vida. Descubra agora