Big Bad Wolf

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Casa sua è un agglomerato di pietre e legno che sorge poco distante il lago di Eldia, sulle cui sponde è stata fondata Shiganshina ben seicento anni fa e di cui il fiume Rose, che dai monti Sina scorre verso il mare attraversando la regione, è il maggior affluente; Shiganshina è per tale ragione un paese antico, tutto fatto di case di pietra e tetti di cotto rossi, che deve la sua unica fonte di guadagno al turismo e alla stazione che la collega direttamente a Trost. E l'età di Shiganshina si riflette a pieno nei suoi abitanti, la mentalità ancora ferma a un simulacro eteronormativo che a Eren sta stretto come le magliette di quando aveva sei anni.

Eppure, neanche l'occhiataccia che la signora Finch riserva al figlio omosessuale di Grisha e Carla Jaeger riesce a svegliare la sua mente; i suoi ricordi da quando sono usciti dalla festa di Karina – che sarà sicuramente arrabbiata con lui perché il suo Reiner se ne è andato troppo presto – fino al momento in cui l'auto dell'altro aveva parcheggiato davanti a casa sua, sono confusi e sbiaditi. È certo di aver mormorato un "per favore, portami a casa" non appena erano saliti in macchina e che il biondo gli aveva scoccato un'occhiata seccata, ma tutto il resto è così ottenebrato che è quasi come aver perso anni della sua vita tra le maglie del tempo.

Il rolex al polso del suo ragazzo segna appena le nove di sera, ma Eren non riesce a ricordare neanche che giorno sia, né se sia ancora vivo o meno; ha freddo nonostante i riscaldamenti a tutto spiano dell'auto, ha freddo e trema avvolgendosi nelle sue braccia, come se bastasse a difenderlo dal gelo che si è appiccicato su quel corpo che continua ad essere nudo sotto il gazebo, nonostante gli strati di vestiti che lo ricoprono. E i passi di Levi sul ciottolato continuano a rimbombargli nella testa, le sue mani pallide scorrono ancora tenere tra i suoi capelli; eppure non lo fermano il gelo.

Per qualche istante, aveva temuto che Levi strepitasse e insistesse per accompagnarlo, invece il moro aveva solo guardato con sospetto Reiner e gli aveva chiesto di chiamarlo una volta arrivato a casa; l'aveva fatto ad alta voce e di fronte a Reiner, per sincerarsi che il suo segretario stesse meglio. Il biondo aveva stretto la mascella irritato, ma non aveva detto niente né di fronte all'altro, né mentre erano soli; l'occhiata di suo padre e il sorriso mellifluo che aveva rivolto a Levi erano bastati a metterlo a tacere.

Reiner era rimasto una presenza silenziosa al suo fianco, troppo impegnato a guidare e ad accarezzarsi il pizzetto biondo; la sua rabbia era mezza scemata, Eren poteva dirlo dal fatto che l'aria della macchina non ardesse più come le fiamme dell'Infermo, ma fosse diventata semplicemente un blocco di ferro lucido immerso nel permafrost perenne della tundra siberiana. Era calmo Reiner, troppo calmo e non stava neanche fumando, anzi non le aveva proprio guardate le sigarette; si sente un bastardo a stringersi il bordo dei pantaloni, guardandosi la punta lucida delle scarpe buone con l'ansia che gli attanaglia la gola. E i minuti passano così, fermi in quelle stesse posizioni, con l'aria che è pesante di silenzi e paura.

"Mi dispiace per quello che ho fatto stasera"

Dire che non si aspettasse quelle parole sarebbe davvero riduttivo, il cuore che prende a battergli così veloce che sta male; la mano di Reiner è leggermente irruvidita dal freddo, eppure è dolce sul suo viso, profuma di amore nel suo essere scevra di quel dolore pizzicante di quando lo schiaffeggia. Ed Eren è come un cane che, per quanto lo bastoni e lo maltratti, ci si aggrappa a quella sensazione; spinge il viso contro il palmo nudo dell'altro, si aggrappa alle sue spalle nel bacio delicato che si posa sulle sue labbra, così caldo e dolce che non gli importa neanche di essere visti dalla vicina impicciona in quel momento.

Reiner non si scusa, non lo fa mai, troppo legato a quell'orgoglio nero ricolmo di sensi di colpa; i suoi sono più gesti che parole, sono carezze delicate e baci a fior di labbra le sue scuse, sono mani che scorrono tra i capelli e fronti che si poggiano le une sulle altre, mentre i loro nasi si accarezzano con la dolcezza dei petali soffici di una rosa.

ButterflyWhere stories live. Discover now