Berlino [New]

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Il rombo della moto si perse nella via silenziosa. Michael arrestò il mezzo nel vicolo dietro casa dell'amico e attese, nascosto nell'ombra. Aveva passato quasi tutto il pomeriggio sdraiato sul prato, in una radura vicino a un laghetto nella parte nord-ovest della foresta di Grunwald. Ne aveva abbastanza di strade e di polizie e di persone, voleva stare solo, in pace con sé stesso ...e con un paio di acidi. Per quanto gli affari stessero andando bene, avesse risolto il problema delle scorte e il Mutex, la polvere mutante, stesse spopolando, ora che il più era fatto si sentiva svuotato: come se di tutto questo non gli portasse nulla. Aveva guadagnato più soldi di quanti gli servissero per mesi, aveva anche trovato modo di trasferirli in un conto sicuro, ma ora? Era ricercato dalla polizia, stanco di aggirarsi come un ladro per quella città che gli sembrava ogni giorno di più spenta. Nemmeno il verde potente degli alberi di quella radura era riuscito a ravvivarlo.

Prima di Kathy non aveva mai pensato di poter scappare con qualcuno, dopo di lei, gli sembrava così insensato averlo fatto solo. D'altronde chi mai l'avrebbe seguito? Era andato troppo oltre. Nemmeno Tom l'avrebbe perdonato. Esisteva un confine che nessun uomo o mutante avrebbe mai dovuto oltrepassare e lui era andato troppo oltre. Aveva rubato un'anima che non poteva più restituire. Il suono ripetitivo della sirena di una volante lungo Willdenowstraße lo trasse da quei mesti pensieri. I lampeggianti coloravano il muro di cinta dei giardini botanici di rossi e blu, colori a cui sentiva di appartenere per scherzo genetico. Si fece forza e uscì dal suo nascondiglio procedendo deciso verso il portone. Digitò il codice; le mani tremavano leggermente per il nervosismo: non aveva idea di come affrontare Alex. Si era tirato indietro sul più bello per paura, ormai non l'avrebbe più aiutato, né seguito, anzi forse l'avrebbe addirittura venduto agli sbirri. Doveva sembrare deciso e irremovibile. Sospirò e digitò di nuovo il codice, ma l'uscio non accennava ad aprirsi. Bastardo! Aveva cambiato elemento chimico. E ora? Suonò più volte deciso al campanello. Sentì delle voci concitate al di là del ricevitore, confusamente, poi il portone si aprì.

«Michael? Sono due settimane che non ti fai vivo!» Alex era immobile sulla soglia, con le mani incrociate, il volto teso, arrabbiato; notò che indossava una tuta grigia macchiata di sudore, probabilmente l'aveva interrotto a metà dei suoi esercizi quotidiani. Il mutante lo insultò e lo spintonò entrando in casa. Non ci teneva a starsene lì nel corridoio. Aveva bisogno di recuperare i suoi averi e non aveva molto tempo.

«Piantala, non sei mia madre!».

Alex represse un grugnito e gli mostrò il suo tablet, aperto su una pagina del Mitte. Micheal sorrise: doveva ammettere che l'identikit era davvero somigliante. Probabilmente la ragazza vietnamita aveva parlato, non gliene faceva una colpa. Ognuno salva sé stesso a questo mondo. L'amico lo forzò a entrare nella sua camera. «Questa volta l'hai fatta grossa.»

Michael alzò le spalle fingendo indifferenza e si gettò sul letto. Studiò i poster appesi alle pareti, rocker dalle improbabili acconciature metal– grunge.

«Volevi uscirne? Non ti preoccupare, ora né sei fuori. Ho sistemato tutto, nessuno ti verrà a cercare. Tranquillo, ho trovato un altro rifugio, prendo i vestiti e tolgo le tende. O sono i soldi che ti devo per la casa il problema?»

«Non li voglio, sono sporchi di sangue!»

«Sei stato tu a tirarmi nel giro, a promettermi che mi avresti tolto Kathy dalla testa». Non gli aveva raccontato tutta la storia ovviamente, ma si era fidato di Alex e una parte di lui non capiva cosa ora lo irritasse tanto.

«Ancora quella ragazza? Senti, non si tratta più di una diciottenne che ha ferito il tuo orgoglio. Sono morte delle persone!»

Michael si mise a ridere. Alex lo guardava allibito.

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